CONTRIBUTORI

Katrina Dudley, CFA
Joined Franklin Templeton in 2002
Joined Industry in 1998
Portfolio Manager of Mutual Global Discovery, Mutual European & Mutual International Value

David Zahn, CFA, FRM
Head of European Fixed Income,
Franklin Fixed Income

Stephen Dover, CFA
Head of Equities
I mercati globali hanno salutato con entusiasmo la fine dell’incertezza sulle elezioni statunitensi, e molti leader europei in particolare hanno accolto con favore un rinnovato rapporto con la più grande economia del mondo sotto il Presidente eletto Joe Biden. Katrina Dudley e David Zahn discutono le implicazioni per le azioni e le obbligazioni europee di una nuova amministrazione statunitense, compresa l’agenda “verde” che l’Europa considera prioritaria. Nel podcast si affrontano anche l’impatto del Covid-19 sulla regione e le recenti notizie di un vaccino efficace.
ECCO QUALCHE PUNTO SALIENTE DELLA CONVERSAZIONE ODIERNA:
- “Penso che le politiche ambientali di Biden siano molto più in linea quelle europee, e visti il suo approccio diplomatico e il suo rapporto con l’Europa, credo che ciò sia positivo per il mondo in generale.” – Katrina Dudley
- “Tutti i paesi europei hanno adottato misure di lockdown in misura variabile. Assisteremo quindi a una nuova contrazione della crescita in Europa. Ciò significa che serviranno ulteriori stimoli monetari e fiscali per affrontare questa situazione.” – David Zahn
- “Quando si parla dell’Europa, la maggior parte degli investitori pensa alle grandi banche e alle grandi compagnie petrolifere, due settori che rappresentano ormai una quota ridotta del mercato. Le aree in cui l’Europa sta investendo sul serio e in cui è in atto un importante processo innovativo sono la tecnologia e la sanità, dove le imprese hanno molta innovazione alle loro spalle. C’è anche il settore dei beni di lusso, che ha un peso molto dominante. Credo che queste aree orientate alla crescita siano al momento sottovalutate.” – Katrina Dudley
- “Penso che Biden sia probabilmente un politico che gli europei possono comprendere un po’ meglio del presidente che l’ha preceduto. Da questo punto di vista, dunque, ritengo che le discussioni saranno probabilmente un po’ più costruttive. Nel complesso, credo che assisteremo a un accordo migliore, con Europa e Stati Uniti che andranno avanti insieme.” David Zahn
TRASCRIZIONE:
Stephen Dover: Katrina, andiamo dritti al punto. Come si ripercuote a tuo avviso il risultato delle elezioni sull’Europa, e come si coniuga con le altre notizie sul vaccino?
Katrina Dudley: Come sappiamo, durante il fine settimana c’è stata la proclamazione del presidente. Al tempo stesso, è arrivata la notizia del vaccino. Ieri è stata una giornata eccellente per i mercati europei, ed è molto difficile separare queste due cose, ma si è risolta l’incertezza su chi sarà al potere e abbiamo avuto la buona notizia sul vaccino. Si tratta in entrambi i casi di sviluppi favorevoli per l’Europa.
Stephen Dover: David, e dal punto di vista obbligazionario o economico? Qual è l’impatto delle elezioni e forse della notizia del vaccino?
David Zahn: Penso che nel complesso la reazione sul presidente in Europa sia stata un po’ più rilassata, perché non abbiamo visto grandi movimenti in ambito obbligazionario finché non è arrivato l’annuncio sul vaccino intorno a mezzogiorno ora europea. È stato allora che si è registrato un notevole miglioramento degli spread creditizi, degli spread dei titoli di Stato periferici, ma un aumento complessivo dei tassi. Penso quindi che il mercato obbligazionario abbia reagito più alla notizia del vaccino che al risultato delle elezioni presidenziali.
Stephen Dover: David, si è registrata una nuova ondata di contagi [da Covid-19] in Europa. Quali sono le prospettive di crescita europee di fronte a questi nuovi lockdown?
David Zahn: Tutti i paesi europei hanno adottato misure di lockdown in misura variabile. In alcuni casi i provvedimenti sono regionali, in altri sono nazionali, ma sicuramente sono meno rigorosi rispetto a marzo. Pertanto, assisteremo a una nuova contrazione della crescita in Europa. Dopo un inizio di ripresa nel terzo trimestre, l’attività tornerà a calare e avremo una crescita più lenta. Ciò significa che serviranno ulteriori stimoli monetari e fiscali per affrontare la situazione.
Stephen Dover: Katrina, con la notizia del vaccino che è uscita ieri, quali paesi secondo te beneficeranno maggiormente di questa scoperta, o addirittura quali settori o aziende?
Katrina Dudley: Abbiamo visto mercati come quello spagnolo mettere a segno un deciso rialzo grazie al vaccino, ma è necessario scendere di un livello. Non è necessariamente la Spagna come paese a trainare questo risultato, ma solo le componenti dell’indice [azionario] spagnolo. In Spagna ci sono molte banche, che fanno parte tipicamente del segmento value, e i titoli value hanno registrato un’impennata alla notizia del vaccino. Nel mercato spagnolo ci sono anche alcune aziende fortemente orientate ai viaggi. Ad esempio, le compagnie aree hanno avuto una giornata molto positiva. Un altro titolo che ha evidenziato un’ottima performance è un gruppo alberghiero quotato in Spagna. Quindi, mentre il mercato spagnolo non beneficia in modo sproporzionato del vaccino – ne trae gli stessi vantaggi rispetto al resto d’Europa – sono le componenti di questo mercato ad aver registrato un forte rally nella giornata di ieri.
Stephen Dover: Questo è un punto interessante. David, passando all’euro, sappiamo che si è apprezzato dai minimi toccati durante la pandemia, ma cosa pensi del futuro della moneta unica rispetto alle altre valute?
David Zahn: Credo che in Europa ci siano stati un paio di cambiamenti che hanno modificato il giudizio sull’euro a livello globale. Il più grande di questi è probabilmente il pacchetto di salvataggio dell’UE varato all’inizio di quest’anno, dove per la prima volta l’Unione ha deciso di emettere debito e distribuire sovvenzioni agli Stati membri. Non era mai successo prima, e ritengo che ciò creerà un pool molto più ampio di obbligazioni e titoli dell’UE che le altre banche centrali vorranno acquistare. E così, in generale, credo che l’euro diventerà una valuta di riserva migliore. Pertanto, l’euro dovrebbe iniziare ad apprezzarsi rispetto al dollaro [USA], sia perché quest’ultimo è destinato probabilmente a indebolirsi un po’, sia perché le persone avranno maggiore fiducia nel progetto dell’euro in un’ottica futura.
Stephen Dover: Torniamo alle elezioni. Il vicepresidente Biden ha detto che, se avesse assunto la presidenza, avrebbe attuato dei cambiamenti nei rapporti con l’Europa, tra cui i rapporti con la NATO [North Atlantic Treaty Organization] e il rientro nell’OMS. Katrina, quali sarebbero le implicazioni per l’Europa di un eventuale rientro degli Stati Uniti nell’OMS – l’Organizzazione Mondiale della Sanità – o magari altre ramificazioni dei cambiamenti che il presidente Biden potrebbe operare?
Katrina Dudley: Penso che gli Stati Uniti sotto la precedente amministrazione abbiano avuto un rapporto molto più tenue con alcuni dei nostri tradizionali alleati, in particolare in Europa. Come abbiamo visto, si è registrata un’escalation delle tensioni commerciali, non solo tra gli Stati Uniti e l’Europa, ma soprattutto tra gli Stati Uniti e la Cina. Stando al programma del presidente eletto, gli Stati Uniti dovrebbero rientrare nell’OMS e sottoscrivere nuovamente gli Accordi di Parigi sul clima. Gli USA diventerebbero anche un membro molto più partecipe della NATO. Per quanto riguarda l’OMS, e nello specifico le implicazioni di un rientro degli Stati Uniti, credo che la distribuzione del vaccino avverrà in maniera molto più equa a livello mondiale e nazionale, anziché essere distribuito prima negli USA e poi nel resto del mondo. Da un punto di vista sociale e di equità, penso che questo sia una aspetto molto positivo della piattaforma di Biden.
Stephen Dover: David, cosa ne pensi tu di una presidenza Biden, come potrebbe influire sul rapporto tra gli Stati Uniti e l’Europa?
David Zahn: Penso che in generale Biden sia molto più incline a coinvolgere gruppi di paesi con l’obiettivo di perseguire determinati obiettivi, piuttosto che andare avanti da solo. Credo inoltre che l’Europa, essendo l’UE costituita da 27 paesi, lo faccia regolarmente, e che apprezzi questo genere di multilateralismo. Immagino dunque che assisteremo a un ritorno di questa tendenza. Penso anche che Biden sia probabilmente un politico che gli europei possono forse comprendere un po’ meglio del presidente che l’ha preceduto. Da questo punto di vista, dunque, ritengo che le discussioni saranno probabilmente un po’ più costruttive. Nel complesso, quindi, credo che assisteremo a un accordo migliore, con Europa e Stati Uniti che andranno avanti insieme.
Stephen Dover: Katrina, hai accennato all’intenzione del presidente Biden di aderire nuovamente all’Accordo di Parigi. Puoi parlarci un po’ degli investimenti ESG, o degli investimenti ambientali, e di come ciò potrebbe cambiare?
Katrina Dudley: Penso che la piattaforma di Biden sia molto più focalizzata sulle politiche di stampo ecologico. Abbiamo la possibilità di varare un enorme “green deal”. Non sono sicura che Biden ce la farà, ma credo che il sentiment e la volontà di investire per migliorare l’impronta ecologica dell’America ci allinei meglio a ciò che sta accadendo in Europa. L’Europa ha il Recovery Fund, e gran parte di questo fondo – la distribuzione di sovvenzioni a cui accennava David – sarà destinato a progetti che mirano a migliorare la performance ambientale dei paesi europei. Si parla, ad esempio, di “rinverdire” gli edifici, i trasporti e altro ancora. Penso dunque che le politiche ambientali di Biden siano molto più in linea a quelle europee, e visti il suo approccio diplomatico e il suo rapporto con l’Europa, credo che ciò sia positivo per il mondo in generale.
Stephen Dover: Una cosa che farei notare ai nostri ascoltatori statunitensi è che gli investitori europei sono molto più interessati agli investimenti di tipo ESG, in particolare sul versante istituzionale. Direi che questo tipo di investimento è molto più importante in Europa che negli Stati Uniti. David, quali sarebbero i tuoi commenti sugli investimenti a impatto ambientale e, forse, persino sugli investimenti obbligazionari verdi in Europa?
David Zahn: Sì, credo che almeno la direzione di marcia degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Biden sarà molto più allineata con ciò che sta facendo l’Europa. L’Europa punta ad arrivare alla neutralità carbonica entro il 2050, e le autorità hanno anticipato alcuni obiettivi al 2035 per accelerare i tempi. Su questo saranno spese enormi somme di denaro. Anche per gli investitori individuali in Europa si tratta di un aspetto incredibilmente importante. Penso quindi che avere gli Stati Uniti e l’Europa che tirano nella stessa direzione sia in realtà meglio per tutti.
Per quanto riguarda i green bond, le dimensioni del mercato europeo sono cresciute esponenzialmente. Credo che il mercato europeo dei green bond sia uno dei più robusti, perché si punta molto non solo sui progetti ambientali e sull’uso dei proventi, ma anche sul produrre aggiornamenti annuali sulle attività svolte e sui risultati ottenuti, anche in relazione a quanto ci si era proposti di fare. L’Unione europea sta inoltre dando impulso a questo segmento attraverso il suo piano di salvataggio. Nei prossimi quattro si prevedono emissioni di green bond per un valore di 225 miliardi di euro. Si tratta di una cifra enorme. Se mettiamo tutto insieme, penso che l’Europa stia diventando un punto focale per l’obbligazionario verde ma, muovendosi come stanno facendo, gli Stati Uniti potrebbero aderire a questa iniziativa, il che sarebbe fantastico.
Stephen Dover: Si registrano dunque molti cambiamenti nella composizione del mercato europeo. Katrina, non so se gli investitori si rendano conto di quanto sia cambiato il mercato azionario europeo, dove la tecnologia rappresenta ora il 15% del mercato e la sanità è diventata il settore più grande, al 16%. Forse nella mente degli investitori prevale ancora l’immagine di una vecchia Europa, di vecchi settori. Puoi parlarci un po’ di come sta cambiando il mercato europeo e la composizione del mercato azionario europeo?
Katrina Dudley: Come hai appena detto, credo che quando si parla dell’Europa la maggior parte degli investitori pensi alle grandi banche e alle grandi compagnie petrolifere, due settori che rappresentano ormai una quota ridotta del mercato. Le aree in cui l’Europa sta investendo sul serio e in cui è in atto un importante processo innovativo sono, come hai indicato, la tecnologia e la sanità, dove le imprese hanno molta innovazione alle loro spalle. Infine, c’è anche il settore dei beni di lusso, che ha un peso molto dominante e costituisce un’altra area in espansione del mercato. Credo che queste aree orientate alla crescita siano al momento sottovalutate. Quando pensano all’Europa, gli investitori vedono le grandi compagnie petrolifere, e un settore finanziario di enormi dimensioni. Ritengo che questa percezione sia sbagliata. Questa è una prospettiva datata del mercato, che era forse rilevante un decennio o due fa, ma che oggi non lo è più.
Stephen Dover: David, cosa ci dici riguardo alla composizione sul versante delle obbligazioni societarie? In quali aree vedi opportunità e quali sono le tue considerazioni su questo settore?
David Zahn: Il mercato delle obbligazioni societarie in Europa è cambiato molto negli ultimi cinque o dieci anni, ed è diventato molto più diversificato a livello globale. Riteniamo che i titoli investment grade dovrebbero continuare a registrare buone performance grazie al programma di acquisti della BCE [Banca Centrale Europea]. Ma apprezziamo molto le banche, il debito bancario subordinato. Riteniamo che questa sia una buona area in cui investire, e vediamo con favore anche i titoli industriali, poiché l’industria costituisce di fatto la spina dorsale dell’Europa e tale dovrà rimanere, e le autorità faranno il possibile affinché ciò accada.
Stephen Dover: David, passiamo a dove stai tu, a Londra, al Regno Unito e alla Brexit. Il presidente Trump era molto favorevole alla Brexit, non ne ha mai fatto mistero. Il vicepresidente Biden ha invece espresso la sua contrarietà. Uno dei problemi con la Brexit era l’idea di un accordo commerciale con gli Stati Uniti. Questa era una priorità per l’amministrazione Trump, ma è improbabile che lo sia per l’amministrazione Biden. Mi pare che stiamo ricevendo sulla Brexit meno notizie rispetto al passato. Forse puoi darci un aggiornamento e dirci cosa ne pensi.
David Zahn: Anche se il Regno Unito ha ufficialmente lasciato l’UE all’inizio di quest’anno, siamo in un anno di transizione in cui proseguono i negoziati tra Londra e Bruxelles, che ancora non si sono conclusi. In generale, le controversie vertono sempre sulle stesse aree, la supervisione, la pesca, ecc. Adesso le due parti hanno fissato il 15 novembre come data in cui dovranno aver realizzato qualcosa. Sembra che ci sia qualche movimento su questo, ma ci sono ancora buone possibilità che il Regno Unito decida di uscire. L’uscita potrebbe avvenire senza un accordo; l’unico altro accordo commerciale che è stato firmato è quello con il Giappone. Gli scambi con il resto del mondo sarebbero soggetti alle norme della WTO [Organizzazione Mondiale del Commercio].
Penso che si farà di tutto per cercare di concludere altri accordi commerciali prima della fine dell’anno. Ma ovviamente questi accordi richiedono molto tempo. Penso che Biden si concentrerà più sull’Europa che sul Regno Unito. Non credo però che abbandonerà Londra. È solo che, se cercano qualcuno con cui interloquire alla pari oltre oceano, è con l’UE che gli Stati Uniti dovrebbero avere una relazione molto più stretta. E dato che il Regno Unito non ne fa più parte, probabilmente sarà un po’ tagliato fuori. Da questo punto di vista, quindi, penso che verosimilmente ci sarà ancora un accordo commerciale con gli Stati Uniti, ma non sarà più il primo punto all’ordine del giorno. Sarà solo qualcosa che dovrà essere fatto. Credo che questo creerà dunque un certo ritardo. E ritengo anche che probabilmente non sia quello che il governo britannico desidera.
Stephen Dover: Katrina, i tempi per negoziare una Brexit entro il 15 novembre sono molto stretti. Come si traduce questo, secondo te, in termini di opportunità e rischi sui mercati azionari?
Katrina Dudley: Una cosa che abbiamo senz’altro imparato è che il presidente Trump ha insegnato a tutti i negoziatori dell’UE e del Regno Unito come usare Twitter in modo efficace per comunicare il proprio messaggio a un vasto pubblico. Il presidente ha prodotto dunque qualche beneficio, ma abbiamo avuto anche un gran numero di tweet. Ci sono molti negoziati che si stanno svolgendo in ambito pubblico ma anche dietro le quinte. Ritengo che la possibilità di concludere un accordo commerciale in tempi brevi sia molto difficile, come ha giustamente sottolineato David. Dal punto di vista del mercato britannico, si tratta di una situazione interessante. Bisogna continuamente ricordarsi che il mercato del Regno Unito, il mercato azionario britannico, non è in realtà rappresentativo dell’economia del paese. La maggior parte delle società quotate sulla borsa britannica sono in realtà aziende globali che generano la maggior parte del loro fatturato al di fuori del Regno Unito. È possibile pertanto che il Regno Unito risenta negativamente della Brexit, mentre il mercato azionario continua a funzionare. Pensiamo che potrebbe esserci qualche opportunità. Se consideriamo lo sconto valutativo delle azioni britanniche rispetto al resto del mercato, troviamo che si trova sui minimi degli ultimi 10 anni. Riteniamo che ci siano potenziali opportunità di investire in alcune imprese nazionali che generano una quota significativa del proprio fatturato nel Regno Unito. Le azioni sono state penalizzate, e crediamo che questo rappresenti per noi una potenziale opportunità di acquisto.
Stephen Dover: Se c’è un insegnamento che dobbiamo sempre a tenere a mente è che il mercato azionario non riflette l’economia locale. Il luogo di quotazione di un titolo azionario non ha nulla a che vedere in sé con l’economia locale. Pertanto, bisogna considerare le singole azioni individualmente. Ora, le prime pagine sono piene di titoli, naturalmente, sulla relazione tra Stati Uniti e Cina, ma anche l’Europa ha avviato trattative con il colosso asiatico. David, come ritieni che si evolverà la relazione tra Pechino e Bruxelles?
David Zahn: È davvero un’ottima domanda, perché penso che l’Europa si senta un po’ presa tra due fuochi: da una parte ci sono gli Stati Uniti, dall’altra la Cina, e l’Europa sta cercando di accontentare entrambe le parti e in varia misura, perché in Europa ci sono paesi diversi tra loro. Alcuni guardano molto di più alla Cina, sono molto più orientati verso quest’ultima. Altri invece guardano agli Stati Uniti, quindi ritengo che si debba trovare un delicato equilibrio perché parliamo di un gruppo di paesi che hanno deciso di formare un’unione. Credo che l’Europa cercherà di tenere aperte entrambe le porte e di non rinunciare ad alcuna opzione, anziché schierarsi da una parte o dall’altra. Ma ovviamente in campo tecnologico, dove si registra una crescente spaccatura tra Cina e Stati Uniti, ciò sarà molto più difficile e l’Europa dovrà scegliere da che parte stare. Sarà interessante osservare gli sviluppi su questo fronte e come si evolverà la situazione.
Stephen Dover: Katrina, hai qualche commento sull’Europa e sulla Cina? Un paese come la Germania, ad esempio, ha tratto grande beneficio dal commercio con la Cina grazie alla sua base manifatturiera. Come potrebbe mutare questa relazione in futuro?
Katrina Dudley: Ritengo che l’allentamento delle tensioni commerciali sia positivo per l’Europa e in particolare per le aziende che fanno affari con la Cina. Ho sentito i commenti sul settore tecnologico. Penso che il dibattito su questo sia tutt’altro che concluso. Inoltre, abbiamo un nuovo presidente che, come diciamo noi, è molto più conciliante e molto più attento a trovare punti d’incontro tra imprese e paesi. Ritengo che questo sia un bene per l’Europa, per quanto concerne il suo motore di crescita; ovviamente avete ragione, l’Europa ha beneficiato della possibilità di vendere prodotti in Cina, ma ha anche della vendita di prodotti nel mercato statunitense e in altre economie emergenti, oltre che nel proprio mercato interno. Di conseguenza, siamo ottimisti riguardo alle prospettive per l’Europa. Uno dei grandi driver delle aspettative di crescita europee in futuro è il Recovery Fund con l’investimento che è stato effettuato. Certo, potremmo assistere a una battuta d’arresto della crescita a causa della seconda ondata [del Covid-19]. Tuttavia, adottando una prospettiva a più lungo termine, riteniamo in futuro che l’Europa sarà in grado di crescere a un ritmo più rapido rispetto al passato.
Stephen Dover: David, se l’Europa cresce davvero più velocemente, cosa prevedi che accadrà all’inflazione?
David Zahn: Non credo di essere così ottimista sulla crescita. Forse questa è una lieve differenza tra noi. Penso che il piano dell’UE per la ripresa sia ottimo. Sono davvero contento che sia stato varato. Tuttavia, molti fondi non arriveranno prima della fine del prossimo anno. Ci vorrà dunque tempo per vedere gli effetti sul mercato. Penso quindi che la crescita rimarrà lenta, che ci vorranno probabilmente un paio d’anni per tornare al punto in cui eravamo prima del Covid-19. D’altra parte, questa non dovrebbe essere una grande sorpresa. Ricordiamo che dopo la crisi finanziaria globale ci sono voluti più di dieci anni per tornare allo stesso livello di crescita. Per quanto riguarda l’inflazione, l’Europa tende ad avere un profilo d’inflazione più contenuto rispetto agli Stati Uniti. L’ultimo dato in Europa indicava un’inflazione dello 0,2[%]. Se consideriamo le previsioni formulate dalla BCE solo tre mesi fa, notiamo che sono radicalmente cambiate. L’istituto affermava che nel 2022 l’inflazione sarebbe arrivata all’1,3[%]. Nel complesso, quindi, penso che l’inflazione rimarrà sottotono. Ci sono molti effetti disinflazionistici dovuti al Covid e alle dinamiche della forza lavoro, ecc., che manterranno l’inflazione in Europa alquanto ridotta. Di conseguenza, la BCE conserverà a mio avviso un orientamento accomodante, nella speranza di dare impulso all’inflazione. All’istituto piacerebbe molto se l’inflazione balzasse improvvisamente al 2,5%, ma non credo che questo accadrà. Le autorità adotteranno quindi altre misure espansive per cercare di portarci verso quel punto.
Stephen Dover: David, in questo contesto di bassa inflazione e tassi contenuti, inferiori a quelli statunitensi – in alcuni casi persino negativi – qual è l’approccio all’investimento obbligazionario che gli investitori dovrebbero adottare?
David Zahn: Credo che si dovrebbe essere molto attivi, muovendosi continuamente da una parte all’altra. Quanto si è investito nell’high yield? Quanto si è investito nell’investment grade? Si utilizzano altre valute europee? La duration è gestita in modo efficace? È tramite questa enfasi sulla gestione attiva, sulla necessità di cogliere le opportunità che si presentano nelle fasi di volatilità o di tensione sui mercati, che gli investitori possono generare valore. Non si può generare valore limitandosi semplicemente ad acquistare i titoli di Stato europei di riferimento, perché da lì non si ottiene pressoché alcun rendimento. Penso invece che un approccio attivo mirato a cogliere diverse sacche di opportunità permetta di generare rendimenti significativi dall’Europa.
Stephen Dover: Katrina, cosa ne pensi delle opportunità offerte dall’Europa rispetto a quelle presenti nel resto del mondo? E in quali aree specifiche dell’Europa si trovano a tuo avviso le migliori opportunità?
Katrina Dudley: La buona notizia è che siamo stock picker. Pertanto, selezioniamo i titoli indipendentemente dal paese in cui si trovano. Ci rifacciamo sempre al nostro processo d’investimento fondamentale, che consiste nel privilegiare le imprese con un free cash flow crescente, sostenibile e distribuibile e con catalizzatori in grado di incrementalo, con prospettive di business a nostro avviso decisamente migliori di quelle scontate nelle valutazioni di mercato. Da un punto di vista globale, vorrei ribadire che ci sono a mio parere validi motivi per investire oggi in Europa. In qualità di investitore azionario, tendo sempre ad essere ottimista. Credo che questo sia uno dei fattori che ci distingue dagli investitori obbligazionari, ma ritengo anche che il Recovery Fund rappresenti un’opportunità significativa.
Ad esempio, ieri abbiamo parlato con un’azienda. La sola Germania investirà oltre 90 miliardi di euro nella sua rete ferroviaria nei prossimi 10 anni, e ciò andrà a beneficio di una serie di titoli azionari, ma non solo: andrà anche a beneficio dell’ambiente e della società nel suo complesso, perché apre il trasporto ferroviario a un gruppo di persone molto più ampio. Ed è un modo molto più ecologico e funzionale di fare le cose. Quindi, anche se la distribuzione dei fondi potrebbe richiedere qualche tempo, ritengo che il Recovery Fund potrebbe spingere diverse aziende a effettuare investimenti focalizzati su progetti favorevoli all’ambiente e offrire uno stimolo mirato all’economia post pandemia. E questo è un bene per l’Europa.
QUALI SONO I RISCHI?
Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita del capitale. Gli investimenti in industrie in rapida crescita, quali il settore tecnologico (storicamente volatile), possono determinare fluttuazioni dei prezzi più elevate, soprattutto nel breve termine, a causa della rapidità dei cambiamenti e dello sviluppo dei prodotti nonché dei regolamenti governativi delle società che privilegiano i progressi scientifici o tecnologici. È possibile che i titoli value non aumentino di prezzo come previsto o subiscano un ulteriore calo di valore. Gli investimenti esteri comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, instabilità economica e sviluppi politici. Gli investimenti nei mercati emergenti implicano rischi più accentuati connessi con gli stessi fattori, oltre a quelli associati alle minori dimensioni dei mercati in questione, ai volumi inferiori di liquidità e alla mancanza di strutture legali, politiche, economiche e sociali consolidate a supporto dei mercati mobiliari. Storicamente, i titoli delle società minori hanno registrato un livello di volatilità più elevato rispetto a quelli di società più grandi, soprattutto a breve termine. I prezzi delle obbligazioni si muovono di norma in direzione opposta a quella dei tassi di interesse. A mano a mano che i prezzi delle obbligazioni di un fondo si adeguano a un aumento dei tassi d’interesse, il prezzo delle azioni del fondo può diminuire. Questi titoli implicano un grado più elevato di rischio di credito rispetto ai titoli investment grade. I rischi associati a una strategia immobiliare includono, ma non limitatamente, vari rischi inerenti nel possesso di proprietà immobiliari, ad esempio oscillazioni dei tassi di occupazione e spese operative, variazioni delle scadenze degli affitti, che a loro volta possono risentire negativamente di condizioni economiche locali e generali, l’offerta e la domanda di proprietà immobiliari, leggi di piani regolatori, leggi sui canoni di affitto controllati, imposte sugli immobili, disponibilità e costi di finanziamento, leggi per la protezione ambientale e perdite non coperte da assicurazione (generalmente derivanti da eventi catastrofici quali terremoti, inondazioni e atti bellici).
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