Passa ai contenuti

Indice

Prospettive macroeconomiche
Quanto scenderà ancora?
Francis A. Scotland

Prospettive dei mercati obbligazionari sviluppati
La disinflazione dovrebbe sostenere le obbligazioni
Jack P. McIntyre, CFA

Prospettive per le valute globali
La performance delle valute segue il cambiamento delle aspettative
Anujeet Sareen, CFA

Prospettive per i mercati emergenti
I mercati valutari locali fanno da apripista
Michael Arno, CFA

Prospettive per il credito globale
Nessuna anomalia di valutazione
Brian L. Kloss, JD, CPA

Prospettive per il credito USA
Una valutazione franca sull’high yield
Bill Zox, CFA and John McClain, CFA

Prospettive per il credito strutturato
Difensivo con più pazienza
Tracy Chen, CFA, CAIA

Prospettive per le azioni globali
L’Europa e l’Asia prendono silenziosamente il testimone
James J. Clarke and Sorin Roibu, CFA

Prospettive per le azioni statunitensi
A metà del cammino, vivendo nella preghiera?
Patrick S. Kaser, CFA and Celia R. Hoopes, CFA

Prospettive macroeconomiche

Quanto scenderà ancora?

Francis A. Scotland

Il panorama macroeconomico è travolto da spinte contraddittorie fra cui, a titolo di esempio: il balzo superiore al 20% dell’indice S&P 500 dal minimo dell’anno passato, nonostante le continue previsioni di recessione e il pessimismo degli investitori;1 l’ossessione verso l’intelligenza artificiale (IA); la guerra che continua a divampare in Europa; infine, i timori riguardo al cambiamento climatico che non accennano a placarsi. L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) continua a cercare di puntellare i prezzi del petrolio, mentre una riapertura deludente in Cina sottolinea come le preoccupazioni per la sicurezza nazionale prevalgano sulle prospettive di crescita in tale economia. Negli Stati Uniti, sembra siano in pochi a preoccuparsi per le disastrose prospettive di lungo termine dei deficit di bilancio, e l’escalation della polarizzazione politica e sociale non sembra destinata a diminuire con la messa in stato d’accusa dell’ex presidente Donald Trump.

Riteniamo che il fattore macro più importante, almeno per il momento, resti l’inflazione, a prescindere dall’importanza che possono assumere gli altri elementi. Dopo il picco raggiunto a giugno 2022, i tassi dell’inflazione hanno continuato a scendere, e attualmente questo rimane il principale trend macroeconomico che sostiene i mercati sia azionari che obbligazionari. A questo punto, la domanda cruciale per gli investitori è: quanto scenderà ancora? La flessione può arrivare all’obiettivo della Federal Reserve (Fed) e convalidare le previsioni di tagli dei tassi? O il livello dei prezzi resterà fermo sopra il range ambito, obbligando la Fed a mantenere i tassi elevati, o a farli salire ulteriormente, come previsto da alcuni, rischiando una crisi del credito e la recessione economica prevista attualmente da molti?

L’abbiamo già detto in passato, ma merita di essere ricordato: Dopo una contrazione arriva un’espansione, che è seguita da un’altra contrazione. La contrazione dovuta alla pandemia ha scatenato una risposta massiccia attraverso politiche pubbliche che hanno alimentato un boom delle cripto valute, dei mercati azionari, dell’immobiliare, dell’economia e, alla fine, dell’inflazione. Quello stesso boom, tuttavia, ha poi innescato politiche pubbliche di segno opposto. L’anno scorso, il tasso dei fed fund è salito dall’1% al 5,25%,2 la crescita dell’offerta di denaro misurata dall’M2 si è inabissata dall’8,4% al -4,6%,3 e il tasso di crescita del bilancio è sceso dal 12% al -6%.4 Di conseguenza, le condizioni economiche e finanziarie si sono man mano normalizzate, replicando la medesima sequenza vissuta durante il boom, a partire dal crollo dei mercati delle cripto valute dello scorso anno e dalla compressione dei multipli azionari. Successivamente i prezzi dell’immobiliare si sono indeboliti anche negli Stati Uniti, nonostante la penuria di scorte e il forte trend di sviluppo dei nuclei familiari. La crescita economica reale negli Stati Uniti è scesa tornando ad allinearsi ai livelli pre-pandemia, mentre il reddito nominale e i tassi di crescita della spesa sono tornati ad allinearsi dopo tre anni di completa distorsione.

In questa sequenza di normalizzazione, l’ultima tessera del domino a cadere è l’inflazione. Siamo convinti che finora la flessione abbia decisamente precorso qualsiasi effetto previsto dovuto all’irrigidimento della Fed. C’è ancora molto in vista. La Fed rileva una flessione dell’inflazione supercore dei servizi, esclusi alimentari, energia e alloggi. Il Purchasing Managers Index (PMI) dell’Institute for Supply Management (ISM) dei prezzi commerciali è tornato ai livelli del 2019. Gli indicatori economici anticipatori per gli alloggi sono promettenti in vista di un calo dell’inflazione headline per il resto dell’anno. Fino a che punto scenderà alla fine l’inflazione? La politica fiscale non consente di fare chiarezza sulle prospettive, ma da parte nostra siamo ottimisti.

Prospettive per i mercati obbligazionari sviluppati

La disinflazione dovrebbe sostenere le obbligazioni

Jack P. McIntyre, CFA
Portfolio Manager

Siamo tutti più vecchi di sei mesi e, sperabilmente, un po’ più saggi rispetto a quando abbiamo scritto le nostre precedenti prospettive sulle obbligazioni dei mercati sviluppati. Nel 2023 non è cambiato nulla di sostanziale. I minori livelli di convinzione tra i ribassisti e i pochi rialzisti rimasti nell’universo obbligazionario si riflette nell’andamento tendenzialmente stazionario di buona parte di questi mercati dei paesi sviluppati. Queste prospettive contrastate si riflettono nel posizionamento: alcuni gestori monetari attuano una duration lunga rispetto ai rispettivi benchmark, benché non in modo aggressivo, mentre gli operatori del mercato a leva, come gli hedge fund, sembrano ancora massicciamente orientati verso la short duration.

Il 2023, che inizialmente ci era sembrato “l’anno del mercato obbligazionario”, potrebbe rivelarsi invece “l’anno dei rendimenti cedolari” se i range dominanti dovessero persistere anche nel 2024. Qual è il catalizzatore che permette di uscire da questi range? Devono essere i dati economici e non le dichiarazioni delle banche centrali. Sarà dunque anche “l’anno dei dati”, poiché proprio i dati orienteranno la politica delle banche centrali e le tendenze dei mercati. Sul fronte dei dati economici, le prospettive sono contrastanti, ma l’inflazione rimane la variabile critica per i mercati. Chi è ottimista sulle obbligazioni percepisce una flessione dell’inflazione, che si intensificherà, mentre chi è pessimista ne sottolinea i livelli persistentemente elevati. Probabilmente, questo dualismo esclude una stretta marcata della politica della banca centrale ma implica anche un rinvio dell’allentamento monetario alla fine del 2023 o nel 2024.

Continuiamo a credere con forza nella discesa dell’inflazione verso i target della banca centrale, ma restiamo incerti su tempi e modalità. Questa incertezza significa che si apre un ventaglio di scenari economici, dalla recessione all’atterraggio morbido, prima che l’inflazione scenda ulteriormente. Ci aspettiamo che le obbligazioni dei mercati sviluppati si difendano molto meglio in uno scenario di crisi disinflazionistica rispetto a uno di boom disinflazionistico, ma dovrebbero comportarsi bene in entrambi i casi. Se ci sbagliassimo e l’inflazione tornasse a ruggire, l’opzione migliore sarà la liquidità. È uno scenario, tipico del 2022, non riteniamo però non si ripeterà, sulla base di tre sviluppi chiave che si stanno attualmente verificando:

  1. Condizioni finanziarie più restrittive
  2. Rallentamento delle economie
  3. Inflazione in calo

La possibilità di una recessione o di un atterraggio morbido dipende dalla tempistica e dal percorso di questi tre sviluppi primari. Dato l’impatto ritardato della stretta finanziaria, in questo ciclo è possibile che tali fattori non incidano realmente sull’economia fino al 2024. Perché? È stato un ciclo unico. Abbiamo spesso descritto la pandemia in termini di disastro naturale; di conseguenza, la fase iniziale di recupero avrà una forma a “V”. Tuttavia, i responsabili politici l’hanno trattata come una crisi economica e si sono affidati a politiche monetarie e fiscali aggressive. Questa battaglia tra stimoli tradizionali e politiche più restrittive non cambierà il corso dell’inflazione, ma solo le sue tempistiche. La normalizzazione sta investendo le banche centrali dei mercati sviluppati, che si trovano ora nella fase finale dei rispettivi cicli di inasprimento, dopo che l’anno scorso hanno abbandonato in massa le loro politiche restrittive. Quest’anno sperimenteremo l’impatto cumulativo del ciclo di restringimento del 2022. Sì, potrebbero esserci altri “ritocchi” alla politica aumentando ulteriormente i tassi, ma con incrementi minori. Oppure il ciclo di inasprimento potrebbe essere prolungato leggermente, attraverso una riunione che deliberi in tale direzione. Le banche centrali vogliono flessibilità e possibilità di scelta, il che ha senso in quanto l’impatto ritardato dell’aggressivo inasprimento dello scorso anno dovrebbe ripercuotersi sulle economie nella seconda metà del 2023 e nella prima metà del 2024. A nostro avviso, ulteriori rialzi dei tassi nel 2023 non avranno un impatto sulle rispettive economie fino alla fine del 2024, se non all’inizio del 2025.

Stiamo monitorando questi segnali per rafforzare la nostra posizione rialzista sulle obbligazioni:

  • Ulteriore irrigidimento dei criteri per la concessione di prestiti da parte delle banche, in particolare quelle regionali
    Storicamente, le banche inaspriscono le condizioni di prestito proprio durante le recessioni. Prevediamo che accadrà anche stavolta (vedi Figura 1).

Figura 1: Le banche statunitensi restringono gli standard per la concessione dei prestiti

Percentuale netta di intervistati che hanno inasprito le condizioni, prestiti commerciali e industriali (grandi/medi), al 4/1/2023.

Fonti: Brandywine Global, Macrobond (© 2023).

  • Debolezza dei mercati del lavoro
    Potrebbe essere necessario un indebolimento dei mercati del lavoro per riportare i tassi di inflazione verso il target del 2% delle banche centrali. Seguiamo la media mobile a 4 settimane delle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti. Quando inizia a muoversi verso l’alto, offre un segnale precoce dell’imminente recessione.
  • Domanda e offerta di lavoro
    È utile seguire anche l’offerta di lavoro negli Stati Uniti che dovrebbe aumentare, grazie al ritorno dell’immigrazione a livelli più normali dopo la frenata del 2020 e del 2021. La diminuzione della domanda di lavoro e l’aumento dell’offerta di lavoro fanno pensare a una riduzione dei salari e, quindi, dell’inflazione.
  • Economia cinese
    Dopo un’inaspettata “riapertura post-COVID”, il rallentamento della crescita cinese dovrebbe contribuire a frenare la crescita delle regioni economiche sviluppate, a tutto vantaggio della riduzione dell’inflazione e dell’apprezzamento dei mercati obbligazionari.
  • Aspettative e sviluppi inattesi dell’inflazione
    La nostra visione più costruttiva sull’inflazione si rivelerà errata se inizieranno a cambiare due fattori. Anzitutto, se le aspettative di inflazione si disancorano e iniziano a rafforzarsi su basi sostenibili. Al momento non è così, come dimostrano le aspettative di inflazione a cinque-dieci anni, ancora basse, che emergono dai sondaggi dell’Università del Michigan. In secondo luogo, se si inizia a osservare una significativa inversione di tendenza negli indici di sorpresa dell’inflazione per le economie del G10, utilizzando i dati di sorpresa dell’inflazione di Citigroup (cfr. Figura 2). Anche in questo caso, attualmente non sta accadendo. I dati sull’inflazione continuano a essere complessivamente in linea con le aspettative del mercato.

Figura 2: Citi Inflation Surprise Index

Indice globale, Indicatori economici anticipatori, al 31 maggio 2023.

Fonti: Brandywine Global, Macrobond (© 2023). Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

Gli Stati Uniti e l’Europa seguono cicli simili, con alcune lievi differenze nei tempi e nei fattori che vi contribuiscono. La Banca centrale europea (BCE) è intervenuta in ritardo rispetto alla Fed e le sue economie più aperte rendono il Vecchio continente più esposto alle difficoltà economiche della Cina. Prevediamo che questi mercati obbligazionari mostreranno rendimenti più correlati, ma l’entità dei loro movimenti potrebbe presentare alcune opportunità di valore relativo. In questo momento, ci aspettiamo ancora una riduzione complessiva dei differenziali di rendimento che contrappongono i mercati obbligazionari statunitensi a quelli europei. In termini di duration siamo più esposti ai Treasury statunitensi, ma non escludiamo di scambiarne una parte con obbligazioni europee in caso di sviluppi positivi. Nella nostra visione più costruttiva sulle obbligazioni sovrane dei mercati sviluppati, il Giappone segna un’eccezione. Il Paese del Sol Levante attraversa un ciclo di politica monetaria diverso, ma non un ciclo di inflazione diverso. L’inflazione si attesta su livelli superiori agli attuali rendimenti dei titoli di Stato giapponesi (JGB), il che è indice di mercati obbligazionari costosi e da evitare. Prevediamo che la Bank of Japan, sotto la nuova leadership, rinuncerà al controllo della curva dei rendimenti, favorendo potenzialmente una significativa sottoperformance dei titoli di Stato giapponesi. Anche in questo caso, come per altri fattori che influenzano le nostre decisioni di investimento, riteniamo che il principale elemento di incertezza di questo scenario derivi dai tempi – e non dalla direzione dei mercati.

Prospettive per le valute globali:

La performance delle valute segue il cambiamento delle aspettative

Anujeet Sareen, CFA
Portfolio Manager

Nella prima metà del 2023 il dollaro USA si è lievemente indebolito in termini ponderati su base commerciale, ma questo calo nasconde un ampio grado di dispersione tra le singole valute. Quest’anno le valute leader sono state quelle dei mercati emergenti, in particolare quelle che hanno aumentato i tassi di interesse prima e in modo più aggressivo rispetto alla Federal Reserve (Fed). Principalmente parliamo delle divise di paesi dell’America Latina, tra cui Colombia, Messico, Brasile, Cile e Perù, e dell’Europa orientale, tra cui Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca. Con l’inflazione in rapido riassorbimento, i rendimenti reali precedenti e futuri di questi mercati stanno rapidamente migliorando. Fanno eccezione soprattutto le valute dei mercati emergenti asiatici, guidate dal renminbi cinese. In generale, negli ultimi anni l’Asia non ha vissuto lo stesso picco inflazionistico e non ha quindi avuto bisogno di inasprire la politica monetaria nella stessa misura. Nel caso della Cina, la crescita ha deluso e attualmente la sua politica monetaria è in fase espansiva. Pertanto, i tassi di interesse reali non aumentano in prospettiva nello stesso modo.

Nel frattempo, nel mondo sviluppato, la performance delle valute è stata più eterogenea. Quest’anno hanno sovraperformato la sterlina inglese, il dollaro canadese e l’euro, sostenuti dalla maggior prudenza delle banche centrali di questi paesi. Le valute più deboli sono state la corona norvegese, la corona svedese e lo yen giapponese, tutte contraddistinte da banche centrali generalmente più accomodanti in materia di politica monetaria.

Nella prima metà dell’anno la Fed ha aumentato i tassi di interesse di altri 75 punti base (pb), ma il dato essenziale viene soprattutto dall’approssimarsi della Fed al picco dei tassi di interesse mentre iniziano a manifestarsi gli impatti negativi delle politiche economiche. Le difficoltà attraversate a marzo dal comparto delle banche regionali, benché non sistemiche, sono comunque il riflesso della politica monetaria restrittiva sulle conseguenti condizioni di prestito. Nonostante il livello più alto dei tassi d’interesse statunitensi, il “biglietto verde” ha mostrato segnali di affanno nel 2023 perché gli investitori dubitano della sostenibilità dell’attuale politica monetaria della Fed.

In prospettiva, infatti, ci aspettiamo che sia la crescita economica che l’inflazione degli Stati Uniti si manterranno al di sotto delle aspettative del mercato e della Fed. La storia suggerisce che l’impatto deleterio del rapido aumento di 500 punti base del tasso sui Fed Funds diventerà più evidente nei dati dei prossimi 6-12 mesi. Quando gli effetti della politica si manifesteranno, prevediamo che gli investitori ridurranno le loro aspettative sulla politica monetaria e il dollaro probabilmente si indebolirà di conseguenza.

Riteniamo inoltre che lo yen giapponese offra attualmente un punto di ingresso particolarmente interessante per acquisire esposizione. Lo divisa giapponese ha ritracciato più della metà del suo apprezzamento dall’autunno scorso, grazie all’approccio fortemente accomodante della Bank of Japan. Tuttavia, l’economia nipponica continua ad avere un andamento molto positivo: i sondaggi aziendali sono compatibili con una crescita sostenuta e superiore al trend, e il mercato azionario riflette questo dato. Il Tokyo Stock Price Index, comunemente noto come TOPIX, ha realizzato una delle migliori performance del 2023. Inoltre, l’inflazione giapponese continua ad accelerare, in netto contrasto con gli sviluppi negli Stati Uniti e in Europa. La politica di controllo della curva dei rendimenti (YCC) della Bank of Japan sembra sempre più inadeguata per l’economia giapponese e un suo cambiamento potrebbe rinvigorire lo yen.

Questa visione ampiamente negativa sul dollaro USA presenta tuttavia dei rischi:

  • Un atterraggio duro negli Stati Uniti e nell’economia mondiale potrebbe portare a una fuga verso la qualità, favorendo il dollaro rispetto alle monete più sensibili alla crescita e al commercio.
  • In alternativa, se la crescita degli Stati Uniti dovesse rimanere più solida e le pressioni inflazionistiche più persistenti, probabilmente crescerebbero le aspettative di un picco della politica restrittiva della Fed che, di riflesso, potrebbe spingere il dollaro un po’ più in alto dal punto di vista ciclico.
  • La crescita cinese degli ultimi mesi ha deluso le aspettative. Se questa tendenza dovesse persistere senza alcun segnale di sostegno politico da parte delle autorità cinesi, probabilmente gli investitori ridurrebbero le loro aspettative di crescita globale, in particolare nei Paesi sensibili alla domanda cinese. Le materie prime tenderebbero di conseguenza a indebolirsi, a scapito anche delle valute sensibili alle materie prime.
  • La Bank of Japan potrebbe scegliere di mantenere condizioni monetarie estremamente espansive per più tempo, visto il ciclo prolungato di disinflazione del Giappone.

Prospettive per i mercati emergenti

I mercati valutari locali fanno da apripista

Michael Arno, CFA
Associate Portfolio Manager and Senior Research Analyst

Da inizio anno i mercati emergenti registrano una performance positiva nonostante i continui rialzi dei tassi da parte della Fed, le difficoltà degli istituti di credito regionali negli Stati Uniti, la repentina acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, i timori geopolitici e l’inaspettatamente lenta ripartenza cinese. I mercati sovrani in valuta locale hanno sovraperformato i mercati emergenti in valuta forte (cfr. Figura 3) e in alcuni casi, nel segmento high-yield, hanno ottenuto quest’anno rendimenti a doppia cifra. I mercati in valuta locale dell’America Latina e dell’Europa centrale stanno facendo da apripista e a registrare le migliori performance sono, fra gli altri, Colombia, Ungheria, Brasile e Messico. I mercati asiatici a basso rendimento, tra cui Malesia, Cina e Tailandia, hanno mostrato segni di frenata.

Figura 3: Rendimenti degli indici dei mercati emergenti

In percentuale, dal 1° gennaio 2023 al 19 giugno 2023.

Fonte: JP Morgan (© 2023). Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

Dall’estate scorsa scriviamo dell’attrattiva dei mercati emergenti in valuta locale, in considerazione dei rendimenti nominali storicamente elevati e del picco dell’inflazione, dell’aggressiva stretta monetaria e del calo dei prezzi di cibo ed energia. Inoltre, i vincoli politici hanno portato a una riduzione dei premi al rischio in alcuni mercati. Pur essendo ormai lontani dai rendimenti nominali del 10% osservati nel 2022 (cfr. Figura 4), riteniamo vi sia spazio per un ulteriore calo dei rendimenti, poiché l’inflazione continua a diminuire (cfr. Figura 5), grazie alla flessione della domanda dei consumatori dovuta alla politica monetaria restrittiva, al calo dei prezzi dei prodotti alimentari a livello globale e al continuo allentamento delle pressioni sulla catena di approvvigionamento. Il calo dell’inflazione dovrebbe consentire alle banche centrali dei mercati emergenti di avviare cicli di riduzione dei tassi nella seconda metà del 2023 e nel 2024, lasciando alla duration il ruolo di possibile stimolo dei rendimenti nei prossimi mesi (cfr. Figura 6).

Figura 4: Rendimenti nominali dei mercati emergenti*

Percentuale, al 19 giugno 2023.

*JPM GBI-EM, rendimento alla scadenza (YTM) per ciascun mercato, inclusi Brasile, Colombia, Repubblica Ceca, Ungheria, Indonesia, Messico, Polonia, Thailandia e Sudafrica.
Fonti: Bloomberg, Brandywine Global (© 2023). Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

Figura 5: Previsioni sull’inflazione nei mercati emergenti

Percentuale, al 19 giugno 2023.

Fonte: Bloomberg (© 2023). Non vi è alcuna garanzia che un’eventuale stima, previsione o proiezione si realizzi.

Figura 6: Il calo dell’inflazione dovrebbe consentire a un maggior numero di banche centrali di iniziare a tagliare i tassi

Rapporto, quota di Paesi che taglieranno i tassi nei prossimi 12 mesi*, al 15 giugno 2023.

*Brasile, Colombia, Messico, Polonia, Repubblica Ceca, Sudafrica, Thailandia e Ungheria
Fonti: Bloomberg, Brandywine Global (© 2023). Non vi è alcuna garanzia che un’eventuale stima, previsione o proiezione si realizzi.

Nella seconda metà dell’anno seguiremo la risposta politica della Cina a una riapertura poco brillante. La People’s Bank of China ha recentemente tagliato i tassi di riferimento, per poi annunciare lo stanziamento di 150 miliardi di dollari a sostegno dei veicoli di finanziamento delle amministrazioni locali in difficoltà. Un altro rischio per l’asset class delle obbligazioni emergenti viene dalla politica della Fed e dall’eventualità che la banca centrale debba inasprire ulteriormente le misure. Riteniamo che la Fed dovrebbe essere vicina a concludere il suo ciclo di inasprimento e osserviamo una serie di segnali che indicano che l’inflazione statunitense continuerà a decelerare verso l’obiettivo. Seguiamo inoltre con attenzione il ritiro di liquidità da parte del Tesoro statunitense, che sta incrementando il proprio bilancio, e l’emissione di debito a seguito dell’accordo sul tetto del debito, poiché comporta un possibile drenaggio di liquidità. Se tale mossa sarà finanziata principalmente attraverso un ridimensionamento della struttura di reverse repurchase overnight (ON RRP), ci aspetteremmo ripercussioni più contenute sui mercati del rischio. Riteniamo che i mercati emergenti rimangano interessanti; finora i mercati high yield hanno offerto i rendimenti migliori, ma terremo d’occhio qualsiasi potenziale spostamento verso i mercati a basso rendimento.

Prospettive per il credito globale

Nessuna anomalia di valutazione

Brian L. Kloss, JD, CPA
Portfolio Manager

I primi due trimestri sono stati caratterizzati dal raggiungimento di alcuni risultati attesi e dal manifestarsi di una crisi inaspettata. Le aspettative di una riduzione dell’inflazione si sono generalmente avverate, anche se rimane la sfida potenzialmente molto più ardua costituita dall’obiettivo della Federal Reserve. Ci si attendeva che la Fed continuasse a tagliare fino a che non si fosse “guastato qualcosa”. L’elemento inatteso è venuto dal guasto del settore bancario e dal danno collaterale che ha inflitto alle banche regionali statunitensi. Intanto, il mercato del lavoro è rimasto inaspettatamente forte.

Tra alti e bassi, i mercati globali del credito alle imprese, misurati dall’indice Bloomberg Global Corporate Credit, hanno chiuso il primo semestre dell’anno con un rendimento ragionevole del 2,83%. I settori industriali e dei servizi di pubblica utilità sono stati quelli trainanti nell’indice, con rendimenti rispettivamente pari al 2,99% e al 2,89%. Anche i titoli finanziari hanno registrato un rendimento rispettabile, del 2,61%, nonostante le tensioni causate dalla crisi bancaria statunitense e dalla fusione di Credit Suisse in UBS. L’option-adjust spread (OAS) aggregato globale è rimasto sostanzialmente invariato fino ad oggi. Tutti i dati sono aggiornati al 12 giugno 2023.

Cosa devono sapere gli investitori del credito globale per i prossimi sei mesi e per il 2024?

All’orizzonte continua a profilarsi una normalizzazione per il credito globale. La pandemia e le politiche pubbliche hanno distorto gran parte delle conoscenze degli investitori sui cicli economici. L’avvio di una nuova fase e la normalizzazione richiederanno tempo. Questi aggiustamenti non avvengono da un giorno all’altro e sono costellati da interruzioni e ostacoli lungo il percorso, ma si spera che le lezioni apprese e le nuove idee rafforzeranno le prassi aziendali esistenti. L’inflazione rimane al centro dell’attenzione delle banche centrali mondiali e gli effetti delle loro risposte politiche devono ancora farsi sentire. Gli amministratori delegati e i direttori finanziari sentono la pressione derivante dall’aumento dei tassi di interesse e devono ancora confrontarsi con il problema della manodopera, ma vengono compensati dalla riduzione dell’inflazione e dalla normalizzazione delle catene di approvvigionamento.

Proprio come accade ai team di gestione aziendali in un mondo globale, anche gli investitori devono ragionare in termini globali. La ripresa economica cinese è stata anemica rispetto alle precedenti. Ci aspettiamo che qualsiasi risposta politica cinese sarà più mirata e concentrata sulla crescita interna, come i servizi, anziché assumere una dimensione generalizzata che andrebbe a vantaggio della crescita globale e in particolare delle materie prime. Tuttavia, se da un lato la scarsa ripresa della Cina potrebbe frenare la domanda di materie prime, dall’altro una delle principali contropartite è rappresentata dalla spinta ambientalista sull’economia globale, che dovrebbe continuare a sostenere fattori di produzione fondamentali, come il rame.

In Occidente, la guerra in Ucraina continua ad avere un impatto sulla ripresa europea. Pertanto, i team di gestione aziendale hanno il compito di barcamenarsi in un contesto di ripresa incerta, evidenziata dai contestati Indicatori economici anticipatori del G20 (vedi Figura 7).

Figura 7: Gli indicatori economici anticipatori mostrano una ripresa incerta

Indice in aumento/diminuzione mese su mese (sinistra), percentuale mese su mese (destra), al 31 maggio 2023.

Fonte: Macrobond (© 2023). Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

Per Brandywine Global, la discussione di cui sopra non esaurisce tutti gli argomenti. Contano anche le valutazioni e i tempi. Quali fattori includono i mercati nel calcolo degli spread delle obbligazioni societarie in termini di stima del valore intrinseco del credito, alla luce della discussione precedente? I modelli di valutazione offrono risposte contrastanti. Alcuni modelli giudicano il credito societario come “a buon mercato” e altri come “oneroso”. A nostro avviso, non esiste una vera e propria anomalia di valutazione nel credito societario, ad eccezione forse delle banche regionali statunitensi (cfr. Figura 8).

Figura 8: Il confronto degli spread non mostra anomalie di valutazione nel credito globale

Punti base, spread corretti per le opzioni (OAS), intervallo del 25°-75° percentile e spread attuale, al 31 maggio 2023.

Fonte: BofA (© 2023).

Associando la valutazione e i dati macroeconomici, il diagramma sotto conferma che la cautela è giustificata (cfr. Figura 9). I tempi di un’eventuale recessione, o addirittura la possibilità di evitarla, rimangono incerti. In base al nostro processo decisionale, è necessaria la prudenza. Rimaniamo posizionati sul credito investment grade e high yield a breve duration, con un atteggiamento conservativo viste le incertezze delle prospettive. Fino a quando non emergerà una maggiore chiarezza, resteremo sulla difensiva, cercando di assumere rischi aggiuntivi su base individuale e idiosincratica laddove si presentino opportunità.

Figura 9: OAS investment grade USA e Indicatore di recessione*

Al 15 giugno 2023.

Fonte: Macrobond (© 2023).

*In base a 16 componenti tra cui tassi di interesse, titoli a spread high yield, fiducia e attività delle imprese, utili societari, azioni e prezzo del legno.
Grigetto: l’indicatore è negativo. Verdazzurro: Recessioni negli Stati Uniti.

Prospettive per il credito USA

Una valutazione franca sull’high yield

Bill Zox, CFA
Portfolio Manager

John McClain, CFA
Portfolio Manager

L’high yield statunitense di breve durata può costituire un segmento di mercato insidioso. Spesso c’è una buona ragione per cui queste obbligazioni non sono state rifinanziate quando sono prossime alla scadenza. Tuttavia, questa volta crediamo sia diverso. Oggi lo reputiamo uno degli universi più interessanti del mercato e osserviamo molte opportunità di alta qualità nel segmento breve della curva.

Molte obbligazioni high yield saranno probabilmente riscattate anticipatamente entro il prossimo biennio o scadranno nei prossimi due o tre anni. I loro spread sono ragionevoli ma, per l’effetto combinato dell’inversione della curva dei rendimenti dei Treasury, i rendimenti di validi crediti high yield che riteniamo a rischio minimo di insolvenza arriveranno a sfiorare le due cifre.

Inoltre, crescerà la visibilità dei modelli di business delle società per i prossimi due o tre anni rispetto a quelli più a lungo termine: i team di gestione hanno avuto il tempo - e l’accesso al capitale - per fronteggiare tassi di interesse più elevati e la recessione. A nostro avviso, questo segmento presenta uno dei migliori profili di rischio/rendimento tra i mercati obbligazionari in quanto, pur non assumendo un rischio di duration elevato, gli investitori ottengono comunque un rendimento significativo. Esistono anche opportunità nel semento più lungo della curva high yield, ma riteniamo che sia un momento ottimale per concentrarsi sulle scadenze brevi. Tuttavia, un’abile gestione attiva del portafoglio sarà preziosa se il mercato dovesse gestire irrazionalmente le probabilità di rifinanziamento di alcune obbligazioni a breve scadenza.

I tassi di default dovrebbero rimanere contenuti

Un elemento positivo del segmento high yield deriva dalle sue prospettive relativamente contenute di default. Le insolvenze stanno lievemente aumentando, ma restano ancora molto basse. Il più delle volte, gli emittenti di titoli high yield servono il debito di obbligazioni a tasso fisso che si basano su attività e flussi di cassa notevolmente sopravvalutati - e ciò rende molto più difficile il default. Ad esempio, la copertura degli interessi continua ad essere elevata, a livelli quasi record (cfr. Figura 10).

Figura 10: Copertura degli interessi vicina a livelli record

Rapporto tra utili e spese totali per interessi, ICE BofA US High Yield Index, al 31 marzo 2023.

Fonti: ICE Data Services LLC, BofA Global Research. Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

Nel frattempo, i finanziamenti a leva più piccoli e più aggressivi hanno riguardato i mercati del leveraged loan e del credito privato. È un trend comprensibile poiché le dimensioni del mercato high yield si sono mantenute relativamente stabili negli ultimi 10 anni, mentre i leveraged loan prima e il credito privato poi sono cresciuti rapidamente (cfr. Figura 11). La domanda dei mercati dei leveraged loan e del credito privato, in rapida crescita, è stata soddisfatta con emissioni di qualità inferiore. Di conseguenza, in questo ciclo creditizio ci aspettiamo che i leveraged loan e il credito privato assorbano una quota maggiore di insolvenze rispetto al mercato high yield.

Figura 11: Composizione stimata dei prestiti non investment grade

Al 16 agosto 2022.

Fonte: Bloomberg Intelligence (©2023). Non vi è alcuna garanzia che un’eventuale stima, previsione o proiezione si realizzi. Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

Dove stiamo individuando opportunità

Al momento siamo più costruttivi sull’high yield statunitense, ma osserviamo alcune opportunità nello spazio investment grade. Una viene dalle banche regionali anche se, dati i rischi, è necessario essere prudenti e ben diversificati. È possibile che emergano nuovi problemi nel settore bancario, ma conosciamo l’importanza del settore per l’economia statunitense. Le banche regionali finiranno per avere accesso a capitali di debito e azionari a prezzi ragionevoli. E se le banche dovessero subire ulteriori pressioni, ci aspettiamo ricadute ancora peggiori per altri settori dei mercati finanziari che non godono dello stesso sostegno implicito ed esplicito da parte del governo. Alcune obbligazioni bancarie regionali con un grado elevato di tripla B (BBB) e con un grado basso di singola A sono scambiate a spread pari a quelli dell’high yield. A nostro avviso questo scenario non durerà e i loro differenziali torneranno ben al di sotto del livello attuale.

Nonostante la recente pressione sui prezzi del petrolio e del gas, riteniamo che gli emittenti energetici di qualità superiore siano interessanti perché i team di gestione sono diventati allocatori di capitale molto più disciplinati dopo le difficili lezioni apprese nel 2016, 2018 e 2020. Anche i titoli finanziari non bancari sono interessanti per noi, in quanto dovrebbero beneficiare di ogni eventuale stretta delle condizioni di prestito accordate dalle banche. Siamo esposti nei confronti di istituti di credito al consumo non bancari, di società di finanziamento per l’acquisto di autovetture, nonché di originator e servicer di mutui. Poiché le banche rinunciano ad alcune opportunità, è probabile che l’ambiente dei prestiti diventi meno competitivo per alcune di queste società finanziarie non bancarie.

Un punto di ingresso interessante per l’high yield

Alcuni asset allocator potrebbero aspettare a creare un’esposizione all’high yield fino a quando gli spread non si amplieranno ulteriormente. Il loro approccio al mercato high yield prevede “regole” basate sugli spread formulate durante le recessioni dei primi anni 2000 e la crisi finanziaria globale del 2008-2009. Questi investitori potrebbero attendere che gli spread raggiungano i 600-800 punti base, o spingersi anche oltre. Tuttavia, riteniamo che tali obiettivi siano obsoleti e debbano essere ridimensionati. Il mercato high yield e il più ampio mercato della leveraged finance sono cambiati radicalmente negli ultimi dieci anni. L’high yield è migliorato, innalzando il suo rating da B a BB. Inoltre, la parte garantita del mercato high yield è cresciuta rapidamente, mentre le obbligazioni subordinate high yield si sono ridotte quasi a zero. Infine, gli emittenti high yield sono diventati più grandi ed è più probabile che abbiano azioni quotate in borsa. Questi solidi fondamentali possono contribuire a contenere gli spread high yield al punto che gli spread correnti, compresi tra 400 e 600 punti base, sono paragonabili ai 600-800 punti base osservati nei cicli precedenti. Aggiungendo uno spread high yield ragionevole a un rendimento appetibile dei Treasury, si ottengono rendimenti complessivi che dovrebbero premiare nel tempo. Rinunciare agli attuali livelli di spread e di rendimento può significare rinunciare a un buon punto di ingresso per aumentare l’allocazione strategica nell’high yield statunitense.

Prospettive per il credito strutturato

Difensivo con più pazienza

Tracy Chen, CFA, CAIA
Portfolio Manager

Le valutazioni si sono notevolmente ridotte in buona parte dei settori del mercato del credito strutturato, a causa dei timori di recessione e di fattori fondamentali idiosincratici. Il differenziale tra i titoli garantiti da ipoteca di agenzie (MBS) e i Treasury a 7-10 anni si è ampliato di oltre 50 punti base (pb) rispetto ai minimi raggiunti di recente, all’inizio del 2023, scontando la liquidazione del Fondo federale di garanzia dei depositi (FDIC), l’inasprimento quantitativo (QT) della Fed e l’indebolimento della domanda bancaria. Nel comparto non di agenzia, i titoli garantiti da attività (ABS), le cartolarizzazioni di prestiti (CLO), i titoli garantiti da ipoteca commerciale (CMBS) e i trasferimenti del rischio di credito (CRT) con rating sia AAA che BBB e inferiori sono diventati più convenienti, talvolta con deviazioni standard multiple rispetto alle loro medie, e presentano valutazioni interessanti rispetto alle loro medie storiche e alle obbligazioni societarie comparabili (si vedano le Figure 12 e 13).

Figura 12: Confronto tra gli spread - Credito strutturato e societario con rating AAA

Punti base, intervallo dal 25° al 75° percentile del rating AAA e spread attuale, al 2 giugno 2023.

Fonte: Spread di mercato di BofA Merrill Lynch Global Research.

Figura 13: Confronto tra gli spread - Credito strutturato e societario con rating BBB e inferiore

Punti base, intervallo dal 25° al 75° percentile del rating BBB e inferiore e spread attuale, al 2 giugno 2023.

Fonte: Spread di mercato di BofA Merrill Lynch Global Research. Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

I fondamentali dell’edilizia abitativa sono ancora solidi

Nella prima metà del 2023 i tassi ipotecari statunitensi sono scesi al livello medio-alto del 6%. Gli incentivi ai costruttori di case mirano a stimolare le vendite di nuove abitazioni e a risolvere il problema della carenza di alloggi, mentre i prezzi delle case sembrano prossimi a ripartire verso l’alto, se l’economia riuscirà a compiere un atterraggio morbido. Rispetto al boom dell’immobiliare residenziale che aveva portato alla crisi finanziaria globale, riteniamo che in questo ciclo i prezzi delle abitazioni siano ben sostenuti. Inoltre, l’ulteriore inasprimento delle condizioni di prestito derivante dalla recente crisi bancaria dovrebbe sostenere la futura performance dei titoli garantiti da ipoteca residenziale (RMBS).

Solidi bilanci familiari

I fondamentali del credito hanno iniziato a riportarsi a livelli pre-Covid, poiché i consumatori hanno speso i maggiori risparmi, accumulati grazie ai generosi pacchetti di stimoli, e si percepiscono gli importanti effetti sulla ricchezza derivanti agli aumenti di prezzo degli asset. Il patrimonio immobiliare accumulato, pari a oltre 31.000 miliardi di dollari, e i risparmi in eccesso rimanenti, pari a circa 500 miliardi di dollari, secondo le stime della Federal Reserve Bank di San Francisco, offrono ancora ai consumatori una certa protezione (cfr. Figura 14).5

Figura 14: Ricchezza immobiliare accumulata — famiglie statunitensi

Miliardi di dollari USA, famiglie; patrimonio netto dei proprietari di beni immobili, trimestrale, non destagionalizzato, al 1° ottobre 2022.

Fonte: Board of Governors dello US Federal Reserve System.

Mercato immobiliare commerciale (CRE) — contraccolpi prolungati nel tempo

È indubbio che il passaggio secolare al lavoro da remoto e alle modalità di lavoro ibride ponga sfide enormi al settore degli uffici all’interno del mercato CRE. Tuttavia, la prevalenza di standard di sottoscrizione migliorati e altri fattori attenuanti, tra cui un decennio di apprezzamento del prezzo integrato, insieme alla probabilità di estensioni dei prestiti e modifiche, ci hanno indotti a prevedere una fase prolungata di contraccolpi per il settore, che potrebbe protrarsi per vari anni. Inoltre, altri settori CRE fra i quali l’industria e le proprietà multi-familiari, hanno registrato buone performance. Riteniamo improbabile un collasso, con perdite di liquidazione massicce che diano il via a un rischio finanziario sistemico. Nella migliore delle ipotesi, stimiamo che le perdite per CMBS di uffici alla fine si assesteranno tra il cinque e il nove percento. In questo scenario, la maggior parte degli investitori nell’investment grade saranno protetti dalle svalutazioni, grazie a sufficienti garanzie di credito. L’irripidimento della curva del credito si è drasticamente accentuato a partire dal 2022. La scoperta del prezzo e il volume di transazioni nel CRE restano molto bassi, soprattutto nel settore degli uffici, rendendo alquanto difficile elaborare delle valutazioni e riuscire a formulare convinzioni elevate. Immaginiamo tuttavia che potremmo essere vicini al picco di irripidimento della curva del credito di CMBS, che annuncerebbe l’ingresso di investitori distressed come gradita fonte di domanda. I livelli attuali dei rendimenti stanno diventando sempre più interessanti, in quanto i prezzi riflettono i fondamentali CRE eccessivamente draconiani.

Rischi di coda più elevati per le cartolarizzazioni di prestiti (CLO)

Siamo convinti che i leveraged loan dovrebbero sottoperformare il credito corporate investment grade e high yield considerando che aumenti dei costi dei finanziamenti, cali degli utili e rischi di coda più elevati di crediti in sofferenza acquistano peso. Questa tendenza dovrebbe portare a rapporti di copertura più bassi per la qualità inferiore e le parti junior della struttura di capitale delle CLO. Stiamo già cominciando a vedere revisioni dei rating al ribasso superiori a quelle al rialzo. La natura variabile dei tassi delle CLO dovrebbe tuttavia continuare a offrire una certa copertura contro i rischi di duration.

Quadro tecnico favorevole

Una riduzione delle nuove emissioni nette e una domanda ancora elevata sostengono il mercato sul piano tecnico. Quest’anno gli spread si sono ampliati, e ciò dovrebbe migliorare con un calo dell’offerta nel 2023.

Dove vediamo il valore maggiore nella seconda metà del 2023

A fronte di valutazioni sempre più convenienti e di fondamentali più incerti, ostacolati dagli effetti della stretta della Fed, dal restringimento del credito, dalla minore propensione delle banche per gli asset a lunga scadenza e dal rallentamento della crescita economica, riteniamo possibili ulteriori riduzioni delle valutazioni. Ci manterremo difensivi e prudenti nello spostare i nostri investimenti mirando a una qualità superiore, salendo nella struttura di capitale e con una duration breve in vari settori. Tra le opportunità al momento più interessanti secondo noi vi sono, tra gli altri: titoli garantiti da mutui ipotecari (MBS) a cedola corrente; titoli di trasferimento del rischio di credito maturi (CRT) con rating BBB e BB; MBS non qualificati con rating AAA; ABS auto subprime maturi con rating AAA-BBB; CLO con rating AAA e MBS commerciali maturi con rating da A ad AAA.

Prospettive per le azioni globali

L’Europa e l’Asia prendono silenziosamente il testimone

James J. Clarke
Portfolio Manager & Director of Fundamental Research

Sorin Roibu, CFA
Portfolio Manager & Research Analyst

Il nostro grafico preferito sui mercati globali mostra i lunghi cicli di sovraperformance e sottoperformance degli Stati Uniti (si veda la Figura 15). Sono cicli che possono durare anni, quando gli investitori che si sono innamorati di un tema d’investimento o di un’area geografica si liberano a malincuore delle loro posizioni sovrappesate.

Figura 15: Cicli di sovraperformance dell’azionario USA

Percentuale, extra-rendimenti a 3 anni, al 31 marzo 2023.

Fonte: I dati provengono da eVestment Allliance. Extra-rendimenti a 3 anni dei benchmark MSCI EAFE e MSCI USA. I cambi di regime sono caratterizzati da periodi di sovraperformance superiori ai 12 mesi. Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

Nel 2022 sembra essersi concluso un ciclo di quasi 14 anni fortemente favorevole agli Stati Uniti, che ha consentito una sovraperformance, ormai conclusa, sia del mercato azionario statunitense sia del dollaro rispetto alle alternative. Gli Stati Uniti hanno sottoperformato nel 2022 e persino nel primo trimestre del 2023, che si suppone sia trainato dal settore tecnologico statunitense, facendosi agevolmente battere dai mercati europei (si veda la Figura 16).

Figura 16: Rendimenti comparativi degli indici

Percentuale, al 1° trimestre 2023.

Fonte: eVestment. Gli indici non sono gestiti e non si può investire direttamente in un indice. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. I rendimenti passati non sono indicazione o garanzia di risultati futuri.

Nella ricerca della futura leadership del mercato azionario, guardiamo a regioni come l’Europa, la Cina, il Giappone e la Corea. Sono mercati molto più a buon mercato degli Stati Uniti, anche per aziende globali molto simili. Nessuna di queste regioni raccoglie i favori degli investitori ma, poiché le motivazioni sono diverse, offrono l’opportunità di una potenziale diversificazione.

I titoli europei ottengono buoni risultati dallo scorso settembre, poiché il temuto scenario ribassista paventato in caso di crisi energetica devastante non si è mai concretizzato. Tuttavia, gli investitori rimangono cauti e, a nostro avviso, i prezzi delle azioni sono relativamente interessanti. La Cina alimenta apprensione negli investitori, soprattutto per via del rischio geopolitico, eppure molti di questi stessi investitori detengono senza apparente disagio i titoli di grandi aziende tecnologiche statunitensi completamente dipendenti dalla produzione di chip di Taiwan. Le azioni delle società Internet cinesi ad altissima capitalizzazione sono tra le più a buon mercato al mondo, con rapporti prezzo/utili (P/E) a una sola cifra.

In Giappone e Corea, puntiamo a capitalizzare sia l’apprezzamento della valuta che quello delle azioni. Soprattutto in Giappone, la valuta è chiaramente sottovalutata e i beni di prima necessità a Tokyo costano la metà di quelli di New York.

Prospettive per le azioni statunitensi

A metà del cammino, vivendo nella preghiera?

Patrick S. Kaser, CFA
Managing Director & Portfolio Manager

Celia R. Hoopes, CFA
Portfolio Manager & Research Analyst

Quando pensiamo alla performance del mercato azionario statunitense fino ad oggi e riflettiamo sulla traiettoria per la seconda metà dell’anno, non possiamo fare a meno di ricordare la celebre “Livin’ on a Prayer” di Jon Bon Jovi.

Una delle recessioni più ampiamente previste non si è ancora materializzata. Per mesi si è discusso di un “atterraggio duro” o di un “atterraggio morbido”, ma ora nel novero dei potenziali risultati è entrata anche la possibilità di un “non atterraggio”. Nelle conferenze di presentazione degli utili del primo trimestre, molti dirigenti si sono mostrati ottimisti per la seconda metà dell’anno. Abbiamo difficoltà ad esprimere la stessa fiducia.

Secondo alcune definizioni, stiamo vivendo una fase rialzista; tuttavia, come ogni commentatore di mercato ci ricorda spesso, l’ampiezza del rally è una delle più ristrette mai registrate. I 10 titoli più importanti dell’S&P 500 hanno rappresentato quasi il 90% dei rendimenti annuali dell’indice, la percentuale più alta della storia.6 La crescita degli utili è diventata più modesta e i premi che gli investitori sono disposti a pagare per le società che ne beneficiano sono saliti alle stelle. In effetti, a catalizzare la performance del mercato è stata l’espansione del rapporto prezzo/utili (P/E), più che il miglioramento delle prospettive di utili. Le stime degli utili per l’anno sono aumentate rispetto all’inizio di aprile, ma rimangono inferiori alle stime di consenso di inizio anno.

Osserviamo una miriade di fattori avversi con l’ingresso nel secondo semestre. I risparmi in eccesso delle famiglie sono diminuiti e Morgan Stanley stima, sulla base dei dati del Bureau of Economic Analysis, che quelli del quartile a più basso reddito si sano stati esauriti non più tardi della fine del primo trimestre.7 A partire da settembre riprenderanno i rimborsi dei prestiti agli studenti, che secondo alcune fonti favoriranno una contrazione della spesa per consumi pari a 128-148 miliardi di dollari su base annua.8 Ad aprile il Bureau of Labor Statistics ha indicato un CPI core pari allo 0,4%, in linea con le aspettative del consenso, che su base annualizzata sfiora tuttavia il 5%. I prezzi dei beni di base, esclusi i veicoli usati, sono rimasti pressoché invariati, ma l’inflazione dei prezzi dei servizi è rimasta tenacemente elevata. Ci vorrà un mercato del lavoro più debole affinché l’inflazione dei servizi riesca a rallentare. La debacle del tetto del debito si è conclusa, ma il Tesoro ha bisogno di riempire le sue casse, il che probabilmente creerà una perdita di liquidità.

Dal 1960 si sono succeduti dodici cicli di inasprimento della Fed, otto dei quali si sono tradotti in atterraggi duri e quattro in atterraggi morbidi, secondo Piper Sandler.9 Il primo caso tende ad accompagnarsi ad un forte peggioramento della disoccupazione, mentre il secondo caso genera una flessione minima o nulla dell’occupazione. Piper Sandler scrive, inoltre, che i segnali premonitori di un atterraggio duro sono i rapidi rialzi della Fed abbinati a standard di prestito bancario restrittivi e a un’inflazione vischiosa, mentre un atterraggio morbido è in genere anticipato da modesti rialzi della Fed, da un allentamento degli standard di prestito bancario e da una bassa inflazione.10 Le condizioni attuali sembrano molto simili a quelle che in passato hanno preceduto gli atterraggi duri.

Non ci auguriamo mai una flessione dei mercati, ma riteniamo che in questo momento sia prudente adottare un posizionamento più difensivo.



IMPORTANTI INFORMAZIONI LEGALI

Avvertenze: Prima della sottoscrizione, leggere attentamente il prospetto informativo.

Questo materiale è destinato esclusivamente a scopi di interesse generale e non deve essere interpretato come una consulenza di investimento individuale o una raccomandazione o sollecitazione ad acquistare, vendere o detenere titoli o ad adottare qualsiasi strategia di investimento. Non costituisce una consulenza legale o fiscale.

Le opinioni espresse sono quelle del gestore degli investimenti e i commenti, le opinioni e le analisi sono resi come alla data di pubblicazione e può cambiare senza preavviso. Le informazioni fornite in questo materiale non sono intese come a analisi completa di ogni fatto materiale relativo a qualsiasi paese, regione o mercato. Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita di capitale. I dati provenienti da fonti di terze parti potrebbero essere stati utilizzati nella preparazione di questo materiale e Franklin Templeton Investment ("FTI") non ha verificato, convalidato o verificato in modo indipendente tali dati. FTI non si assume alcuna responsabilità per qualsiasi perdita derivante dall'uso di queste informazioni e l’affidamento ai commenti e alle opinioni e analisi di questo materiale è a discrezione dell'utente.

Prodotti, servizi e informazioni potrebbero non essere disponibili in tutte le giurisdizioni e sono offerti al di fuori degli Stati Uniti da altri FTI affiliati e / o i loro distributori secondo le leggi e le normative locali. Si prega di consultare il proprio consulente finanziario o contatto istituzionale Franklin Templeton per ulteriori informazioni sulla disponibilità di prodotti e servizi nella tua giurisdizione.

Pubblicato da Franklin Templeton International Services S.à r.l. Succursale Italiana - Corso Italia, 1 - 20122 Milano - Tel: +39 0285459 1- Fax: +39 0285459 222

CFA® e Chartered Financial Analyst® sono marchi registrati di proprietà del CFA Institute.