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L’Asia, il continente simbolo di diversità, dinamismo e ascesa economica, si è evoluta fino a diventare un punto di riferimento per gli investitori globali alla ricerca di opportunità in un panorama finanziario in continua evoluzione. Crogiolo di culture, economie e complessità geopolitiche, l’Asia si trova in un punto d’incontro strategico tra crescita, innovazione e dinamiche demografiche senza precedenti. Ad esempio, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, nel 2024 l’India dovrebbe registrare una crescita del 6% mentre alcune economie dell’ASEAN dovrebbero espandersi a un ritmo di oltre il 5%, a fronte di una media globale del 3,1%.1 Osservando i movimenti degli investitori all’interno di questa regione così eterogenea, si nota un cambiamento strategico di crescente importanza: l’esclusione della Cina dagli investimenti azionari asiatici. L’esclusione strategica della Cina dai portafogli d’investimento è motivata dalla sempre maggiore consapevolezza del peso economico e politico del paese sulla scena mondiale, nonché dalle sfide e opportunità specifiche che ne derivano. In questo articolo ci concentreremo su quattro punti salienti: migliore diversificazione, gestione del rischio geopolitico e flessibilità, view tattiche attuali sulla Cina e maggiore esposizione alle economie asiatiche più piccole ma dinamiche.

2013 vs. 2024: ponderazioni di un ipotetico FTSE All Asia Index* (%)

Marzo 2024

Dati al 1° marzo 2024. Fonti: FTSE 2023, Bloomberg e Franklin Templeton. * Indice ipotetico: le ponderazioni indicate sono state calcolate sulla base del FTSE All World Index; non esiste un FTSE All Asia Index disponibile sul mercato. Gli indici non sono gestiti e non è possibile investire direttamente in un indice. Importanti comunicazioni e termini dei fornitori di dati sono disponibili sul sito web www.franklintempletondatasources.com.

Una migliore diversificazione

L’ascesa della Cina negli ultimi vent’anni circa ha condizionato in modo determinante la narrazione economica sull’Asia. La rapida crescita, i progressi tecnologici e l’importanza strategica della Cina hanno costretto gli investitori a riconsiderare le loro allocazioni nei mercati emergenti e nella regione asiatica in particolare. Tradizionalmente, la maggior parte degli indici asiatici esclude il Giappone, sia in ragione della sua posizione dominante in termini di capitalizzazione di mercato, sia per tener conto delle specificità dell’economia giapponese. Attualmente il Giappone rappresenterebbe il 41% di un indice comprensivo di tutti i mercati asiatici; benché tale ponderazione sia diminuita del 7% circa rispetto a dieci anni fa, è ancora troppo elevata per assicurare quella che la maggior parte degli investitori reputa un’allocazione ben diversificata. Il peso della Cina, nel frattempo, è aumentato dal 9% al 16%.2

Dato che in pratica la maggior parte degli investitori investe già separatamente in Giappone, ciò significa che la ponderazione della Cina nelle allocazioni che escludono il Giappone ha talvolta superato il 30%. Il paese rappresenta anche oltre un quarto degli indici dei mercati emergenti.3 Non c’è dubbio che gli investitori nutrano un crescente disagio riguardo a una tale influenza smisurata esercitata da un singolo mercato, indipendentemente dalla loro view tattica sul paese.

Dal punto di vista della costruzione e della diversificazione del portafoglio, sembra ragionevole disaggregare ulteriormente gli investimenti nella regione Asia (escl. Giappone) o nei mercati emergenti e gestire separatamente le allocazioni in Cina, ad esempio con ETF su singoli paesi. La decisione di escludere strategicamente sia il Giappone sia la Cina non fa altro che riconoscere il potenziale rischio di concentrazione associato ai colossi economici.

Gestione del rischio geopolitico e flessibilità

Le tensioni geopolitiche sono in aumento da anni e le relazioni tra Stati Uniti e Cina risentono di forti pressioni a causa di numerosi problemi. Gli investitori sono anche attenti a scenari di rischio che prima dell’invasione russa dell’Ucraina sembravano irrilevanti o quantomeno inverosimili. Di recente si è percepito qualche timido segnale di riavvicinamento tra Washington e Pechino, ma con le elezioni presidenziali USA in programma a novembre le chance di un accordo di ampio respiro che permetta di appianare le molteplici divergenze tra le due superpotenze sono risibili. In effetti, a parte gli eventi di rischio estremo, nei prossimi anni gli investitori dovrebbero prepararsi a ondate ricorrenti di volatilità provocate non tanto dall’andamento dell’economia, quanto dai flussi di notizie dal fronte geopolitico. In un simile contesto, riteniamo che il concetto di disaggregazione diventerà sempre più diffuso sia tra chi si occupa di fare trading con focus sul breve termine sia tra gli investitori con un’ottica di lungo periodo. L’opzione di abbinare un approccio flessibile alla rapidità di esecuzione nella gestione del portafoglio sarà molto apprezzata, anche se tale opzione non verrà mai esercitata.  

Esposizioni geografiche delle diverse strategie, pesi relativi (%)

Marzo 2024

Fonte: Dati a marzo 2024. Fonti: FTSE 2023, Bloomberg e Franklin Templeton. Gli indici non sono gestiti e non è possibile investire direttamente in un indice. Importanti avvisi dei fornitori di dati e condizioni consultabili nel sito web www.franklintempletondatasources.com.

View tattiche sulla Cina

La performance dell’azionario cinese negli ultimi cinque anni si è caratterizzata per oscillazioni pronunciate, ma nel complesso i rendimenti sono stati contrastati. Il FTSE Asia ex Japan ex China Index ha sovraperformato l’omologo Asia ex Japan di 30 punti percentuali su cinque anni, di 23 punti su 3 anni, e di 1 punto da inizio anno.4 Restiamo fiduciosi sulle opportunità a lungo termine della Cina, un paese impegnato in una transizione pluriennale che non sarà scevra da ostacoli, ma che in futuro potrebbe condurre a una crescita più sostenibile, seppur piuttosto contenuta.  Molti investitori sono attualmente più preoccupati riguardo alle numerose difficoltà con cui il paese si confronta e potrebbero valutare la possibilità di sottopesare tatticamente la Cina, soprattutto in considerazione del suo peso ancora predominante negli indici standard sull’Asia e sui mercati emergenti. Il paese si trova in una fase diversa del ciclo economico rispetto a molte altre nazioni, e presenta un modello economico diverso da tutti gli altri. Per gli investitori che attualmente esprimono cautela sulle prospettive a breve e medio termine, abbinare un’allocazione che escluda la Cina a un’esposizione broad al solo mercato cinese potrebbe assicurare la precisione necessaria per allineare meglio i portafogli alle proprie analisi economiche.

Maggiore esposizione alle economie asiatiche più dinamiche

L’Asia offre un universo eterogeneo di economie che potrebbero essere poco rappresentate nella maggior parte dei portafogli. L’India è una delle grandi nazioni in più rapida crescita con prospettive solide sia a breve che a lungo termine. Taiwan e Corea del Sud vantano capacità tecnologiche di prim’ordine che potrebbero tornare alla ribalta nel 2024, mentre Hong Kong e Singapore sono due dei centri finanziari e hub commerciali più importanti del mondo. L’Indonesia, la quarta nazione più popolosa al mondo, è la più grande economia del Sud-Est asiatico e detiene circa un quinto delle riserve globali di nichel. È destinata a svolgere un ruolo chiave nella catena di fornitura per i veicoli elettrici.

Molte di queste nazioni sono ben posizionate per beneficiare dell’approccio alla produzione manifatturiera “China plus one”, sempre più diffuso a livello globale. Ridistribuire le ponderazioni della Cina su alcuni di questi paesi all’interno degli indici potrebbe avere senso non solo in un’ottica di diversificazione, ma anche da un punto di vista economico.

La decisione di escludere la Cina dalle esposizioni standard rappresenta un nuovo approccio alle allocazioni azionarie in Asia. Tuttavia, al di là delle considerazioni tattiche, riteniamo che esista un tema di lungo periodo al quale si debba prestare attenzione. L’importanza della Cina come paese e sistema economico, nonché la sua posizione dominante negli indici asiatici e dei mercati emergenti, giustificano un’esposizione separata. Le tensioni geopolitiche vanno e vengono, ma l’ascesa di un’altra superpotenza accanto agli Stati Uniti è un tema che proseguirà nel lungo periodo. La traiettoria di crescita della Cina sta rallentando, coerentemente con il fatto che il paese ha raggiunto lo status di nazione a medio reddito e sta per entrare nel club delle economie ad alto reddito. Alcuni paesi limitrofi e altre economie della regione, invece, stanno guadagnando velocità. L’Asia come entità economica darà un impulso sempre maggiore alla crescita mondiale, e molte sue economie offrono opportunità di investimento che potrebbero non trovare adeguato riscontro nelle esposizioni standard.



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