CONTRIBUTORI

Kim Catechis
Investment Strategist,
Franklin Templeton Institute

Karolina Kosinska, CIPM
Analyst
Franklin Templeton Institute
Anteprima
In origine “BRIC” indicava il gruppo delle maggiori economie emergenti dell’epoca, per le quali si prevedeva una crescita superiore a quella delle economie del “Gruppo dei sette”, cioè i G7.1 La teoria era questa: le economie dei BRIC erano cresciute più rapidamente nei dieci anni precedenti al 2001, quindi il loro impatto sull’economia globale e la loro politica fiscale avrebbero acquistato sempre più importanza.2 I leader dei paesi BRIC hanno gradito l’idea tanto che nel 2006 si è tenuta la prima riunione ufficiale dei ministri BRIC a margine della sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU a New York.
Non si tratta di un’organizzazione multilaterale ufficiale come le Nazioni Unite (ONU), la Banca Mondiale o l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC). Non ha uffici permanenti e neppure un ufficio centrale. I capi di stato e di governo delle nazioni appartenenti al gruppo si riuniscono annualmente e ciascuna nazione assume a rotazione la presidenza per un anno. Tutti i paesi BRICS fanno già parte dei G20, che comprendono anche i G7. Nel 2010 il Sudafrica è stato invitato a unirsi al gruppo originale dei BRIC, cui si sono poi aggiunti altri cinque paesi a gennaio 2024: Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed EAU.
In questo paper esaminiamo gli ultimi sviluppi dei Paesi emergenti noti come “BRICS+” e le relative implicazioni per gli investitori.
Punti chiave:
- La libera associazione nota con l’acronimo BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) ha segnalato un’ambizione geopolitica più forte e quest’anno con l’inclusione di cinque nuovi membri (Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU)) le sue dimensioni sono raddoppiate.
- La composizione del “BRICS+”, il suo salto di scala e l’inclusione di regimi che sono stati oggetto di forti sanzioni gli conferiscono l’aspetto di un gruppo esplicitamente anti-G7 con il potenziale di rivoluzionare l’attività economica globale.
- I fattori summenzionati suscitano preoccupazioni tra gli investitori per la capacità di minare il ruolo del dollaro statunitense come valuta di riserva mondiale, tuttavia la situazione è complicata.
- Non dovrebbe esserci alcun dubbio che il gruppo BRICS+ miri a minare il predominio del dollaro statunitense, tuttavia il livello di impegno varia tra l’ambizione della Russia, Iran e Cina, e paesi meno impegnati come l’India e gli EAU, che preferiscono un ruolo più importante delle proprie valute locali. Per il Brasile e il Sudafrica, al momento attuale è ancora sufficiente concludere operazioni commerciali con il loro partner più importante, la Cina, in renminbi (RMB).
- Complessivamente, la produzione di combustibili fossili del gruppo rappresenta circa il 40% della produzione petrolifera mondiale, ma dal momento che Cina, India, Russia e Arabia Saudita sono anche grandi consumatori, i paesi BRICS+ rappresentano il 22%3 dei volumi delle esportazioni del mercato mondiale.
- La creazione della Nuova Banca di Sviluppo (New Development Bank - NDB) come un finanziatore alternative per le affiliate della Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) suggerisce un’aspirazione a sostituire le consolidate istituzioni multilaterali.
- La creazione di piattaforme alternative per le operazioni finanziarie mira a isolare, almeno in parte, questi paesi da eventuali future sanzioni finanziarie.
- Sembra prudente presumere che questi sforzi continueranno a sortire il risultato auspicato, proteggendo efficacemente le economie dal consolidato ecosistema finanziario “occidentale” della Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT) e del Clearing House Interbank Payments System (CHIPS), oltre a provare a utilizzare valute alternative al dollaro statunitense per gli scambi commerciali tra i BRICS+.
- Gli investitori hanno un dovere fiduciario di rivalutare periodicamente la possibilità che questa traiettoria porti eventualmente a una minore propensione globale a favore dei titoli del Tesoro USA, mentre al momento la probabilità resta estremamente bassa.
- Ecco i segnali più importanti sui quali è opportuno che vigilino gli investitori:
- Lo sviluppo di sistemi alternative di “alimentazione finanziaria” quali il Cross-Border International Settlement System (CIPS) il sistema di compensazione transfrontaliera delle compravendite internazionali
- Il livello di accettazione del RMB negli scambi commerciali intra-BRICS+
- L’evoluzione di progetti per valute digitali delle banche centrali (CBDC) transfrontaliere, quali mBridge che collega Cina, Tailandia, EAU e Hong Kong e quest’anno dovrebbe estendersi a 11 paesi.4 Questo sarà il vero banco di prova per una possibile sostituzione dello SWIFT in futuro.
- Alla fine, riteniamo che almeno per il futuro prevedibile il dollaro statunitense continuerà ad essere la valuta di riserva globale preferita. Anche con un aumento della partecipazione di altre valute in riserve estere, operazioni commerciali e fatturazione, l’incombenza, liquidità, efficienza e fiducia nel dollaro significano che nel medio termine nessuno può pensare di sfidare il suo ruolo.
Note finali
- Il Gruppo dei sette (G7) è un forum informale di sette economie avanzate e precisamente: Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti. L’Unione Europea è un membro “non conteggiato”.
- Fonte: “Building Better Global Economic BRICs”. Goldman Sachs, Global Economics Paper No.66. 29 novembre 2001.
- Fonte: The Statistical Review of World Energy, 2023. Dati al 2022.
- Fonte: Central Bank Digital Currency Tracker del Consiglio Atlantico.
QUALI SONO I RISCHI?
Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita del capitale.
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Gli investimenti internazionali sono soggetti a rischi speciali, tra cui fluttuazioni valutarie e incertezze sociali, economiche e politiche, che potrebbero aumentare la volatilità. Nei mercati emergenti tali rischi risultano amplificati. Gli investimenti in aziende in un paese o regione specifici possono avere una maggiore volatilità rispetto a quelli più ampiamente diversificati geograficamente. Gli investimenti in Cina sono soggetti a maggiori livelli di rischio normativo rispetto ad alti paesi in ragione dell’elevata partecipazione del governo nell’attività economica.
Esistono rischi particolari legati agli investimenti in Cina, Hong Kong e Taiwan, tra cui la riduzione della liquidità, l’esproprio, la tassazione confiscatoria, le tensioni commerciali internazionali, la nazionalizzazione, le normative sul controllo dei cambi e la rapida inflazione, tutti fattori che possono avere un impatto negativo sul fondo.
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