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Nel 2021 le azioni britanniche hanno affrontato una serie di ostacoli, ma secondo Ben Russon e Will Bradwell del Franklin UK Equity Team vi sono motivi di ottimismo in vista del prossimo anno. I due gestori parlano della ripresa economica dal COVID-19, dell’inflazione, dello stato dei consumi e dei fattori alla base dell’attrattiva delle valutazioni azionarie.

Inflazione, prezzi dell’energia, tassi d’interesse, pressioni salariali, filiere produttive, terza ondata del COVID-19: questi e altri problemi pesano sul sentiment degli investitori nel Regno Unito. Tuttavia, possiamo individuare diversi indicatori positivi che contrastano questi fattori avversi, come una classe di consumatori dalla solida situazione patrimoniale e risparmi pronti da spendere, un brusco aumento delle offerte pubbliche di vendita (IPO) e dell’attività di fusione e acquisizione (M&A) e valutazioni interessanti rispetto al resto del mondo. 

Lo sconto valutativo del mercato britannico è aumentato P/E prospettico del FTSE All Shares Index e del FTSE All World ex-UK Index a confronto

Per i 10 anni terminati a ottobre 2021

Il rapporto prezzo/utili (P/E) è un multiplo di valutazione azionaria definito come il prezzo di mercato per azione diviso per l’utile per azione annuo. Il rapporto prezzo/utile (P/E) di un indice è la media ponderata dei P/E dei titoli inclusi nell’indice. Gli indici non sono gestiti e non è possibile investirvi direttamente. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. Le performance passate non sono indicazione o garanzia di performance future.

Fonte: Macrobond, al 31 ottobre 2021. Per maggiori informazioni sui fornitori di dati, si rimanda al sito Web www.franklintempletondatasources.com. [SR1] 

Mentre ci lasciamo alle spalle la fase probabilmente più acuta della pandemia di COVID-19, gli effetti secondari di questa ripresa cominciano a preoccupare gli investitori.

La stagflazione (alti livelli di inflazione ma bassa crescita economica) è diventata un possibile scenario. Con la riapertura delle economie, le strozzature lungo le filiere produttive e i rincari delle materie prime hanno causato sacche di inflazione sostenuta (come nel caso delle auto usate, i cui prezzi sono aumentati del 18,3% su base annua)1 poiché l’offerta non è riuscita a tenere il passo con una domanda estremamente elevata. Nel Regno Unito, l’aumento dei prezzi dell’energia provocherà probabilmente un rafforzamento dell’inflazione il prossimo anno.

Un punto molto dibattuto è l’innalzamento del tetto ai prezzi dell’energia nella primavera del 2022, che potrebbe spingere al rialzo questi ultimi del 30-40%, incrementando l’inflazione anche dell’1%. Insieme all’aumento del carico fiscale dovuto ai maggiori contributi previdenziali, questo è un esempio di come il tasso di crescita potenziale in uscita dalla pandemia potrebbe non essere raggiunto.

Il costo del lavoro costituisce senza dubbio la più grande sfida alla nostra view dell’inflazione. Il tasso di disoccupazione al 4,5% (ad agosto 2021) attesta l’efficacia della politica governativa durante la pandemia, ma continuiamo a monitorare l’evoluzione del quadro occupazionale in vista del 2022, con la progressiva revoca dei congedi retribuiti.

Di fronte alle spinte inflazionistiche, le banche centrali di tutto il mondo hanno assunto toni più aggressivi, ma non è detto che questo si traduca in un cambiamento delle politiche monetarie. La Bank of England (BoE) ha un quadro di policy diverso da quello della Federal Reserve (Fed) e della Banca centrale europea (BCE). Queste ultime mirano a un tasso medio d’inflazione del 2% nell’arco di un ciclo, mentre la BoE persegue un obiettivo puntuale del 2%, il che rende più giustificabile un aumento dei tassi d’interesse nel Regno Unito. A partire dall’ottobre 2021, il tasso base previsto dal mercato a un anno di distanza è pari a circa 80 punti base (pb), contro l’attuale livello di appena 10 pb. Con il prodotto interno lordo britannico inferiore del 3% al picco pre-pandemia e una serie di misure di inasprimento fiscale all’orizzonte, c’è un rischio significativo che la simultanea stretta monetaria possa pregiudicare un’ulteriore ripresa.

La definizione di “inflazione transitoria” rimane opinabile, ma crediamo che la maggior parte delle pressioni inflazionistiche osservate nei dati attuali sia temporanea, e che le previsioni di un’inflazione al 7% nel 2022 si riveleranno eccessive. Per il resto, siamo stati sorpresi dall’entità dell’intervento pubblico nel settore privato britannico a fronte della progressiva attenuazione della pandemia. Una continuazione di questa tendenza sarebbe rischiosa. C’è un limite a quanto un governo può intervenire per aiutare aziende e settori in crisi. A nostro parere, è difficile che si possa pervenire a un’efficace allocazione delle risorse e ad esiti vantaggiosi sul lungo periodo riducendo il grado di concorrenza nell’economia.

Nonostante questi rischi, crediamo che il consumatore britannico goda di una situazione patrimoniale abbastanza solida per affrontare il rincaro dell’energia e l’aumento dei tassi d’interesse. Durante la pandemia, i consumatori hanno accumulato risparmi che devono ancora essere impiegati. Un sondaggio della BoE (cfr. sotto) ha rivelato che la maggior parte degli investitori ha intenzione di conservare i propri risparmi nel breve termine, ma prevediamo che questo denaro tornerà a circolare nell’economia nell’ultimo scorcio del 2021 e nel 2022.

L’impiego dei risparmi in eccesso è una variabile fondamentale Uso pianificato dei fondi presso le famiglie britanniche con maggiori risparmi

Settembre 2020 vs. Marzo 2021

Fonte: Bank of England 2021 H1 NMG Household Survey ed elaborazioni dell’istituto. 

 

Un altro indicatore positivo è l’aumento significativo dell’attività di mercato con il superamento della fase probabilmente più acuta della pandemia. Alla fine del terzo trimestre 2021, con ancora tre mesi mancanti alla fine dell’anno, i mercati azionari britannici registravano il più alto tasso di IPO dal 2014.2 Ciò è dovuto in parte a un arretrato di operazioni rinviate nel corso del 2020, ma segnala anche un ritorno della propensione al rischio tra imprese e investitori. Abbiamo assistito inoltre a una ripresa dell’attività di M&A, che costituisce tipicamente un segnale forte per i mercati azionari, poiché le società sono considerate sottovalutate e pronte per l’acquisizione.

Quanto alle valutazioni azionarie, quelle britanniche sono interessanti rispetto al resto del mondo. Negli ultimi mesi, lo sconto valutativo per le azioni del Regno Unito in termini di rapporto prezzo-utili (P/E) si è ampliato, fornendo agli investitori attivi come noi l’opportunità di costituire posizioni in società di alta qualità a prezzi scontati.

In prospettiva, il nostro UK Equity Team rimane moderatamente ottimista riguardo alla presenza di valide opportunità per gli investitori nell’universo azionario britannico, grazie alle valutazioni relative contenute, nonché alla possibilità che i rischi di notizie sfavorevoli siano in realtà amplificati dai media.



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