Secondo Julie Moret, Global Head of ESG, Franklin Templeton, le turbolenze generate dalla pandemia fanno luce sui fattori ambientali, sociali e di governance (ESG), che possono fungere da strumento aggiuntivo per identificare le società più promettenti tra quelle fanalino di coda. La nostra specialista spiega perché ritiene che la pandemia abbia posto in primo piano ciò che attiene alla “S” di sociale e come possa favorire un humus fertile per la gestione attiva.
Siamo ancora muovendo i primi passi nel comprendere l’impatto di lungo termine della pandemia di COVID-19 sull’economia reale. Ciò detto, l’impatto immediato sulla vita delle persone e le turbolenze causate sui mercati appaiono evidenti.
La crisi ha certamente acuito le difficoltà nella tenuta dei bilanci aziendali e la loro sostenibilità di lungo periodo, ma ha anche portato a progressi su una serie di temi ambientali, sociali e di governance (ESG) esistenti da prima della crisi. Molti investitori e dirigenti sostengono che sia giunto il momento di “ricostruire meglio” e creare un universo aziendale più sostenibile.
In questo contesto, per gli investitori osserviamo tre conseguenze di breve termine che riteniamo perdureranno anche nel lungo periodo.
MODELLI PIÙ AMPI, ORIENTATI AGLI STAKEHOLDER E FOCALIZZATI SULL’AMMINISTRAZIONE RESPONSABILE: UN LUSSO O UNA NECESSITÀ?
La crisi si è inasprita e, al contempo, ha portato a scoprire una serie di questioni sociali, come le crescenti disuguaglianze e le fragilità dei clienti e dei dipendenti, soprattutto in alcuni segmenti dell’economia che sono rimasti poco protetti. Ha anche sottolineato l’interconnessione fra le persone, il pianeta e il profitto.
Questi fattori ci obbligheranno sempre più spesso a ridefinire il profilo di una società ben amministrata. È l’effetto delle pressioni crescenti che tutte le aziende si trovano ad affrontare al fine di spronarle a gestire un gruppo di portatori d’interesse o stakeholder più ampio e non circoscritto ai soli azionisti. Difendiamo il valore di quei fattori che producono qualità e integrano attributi più ampi. La crisi mette in luce la crescente rilevanza per le aziende di modelli più ampi e orientati agli stakeholder, che forniscono un equo ritorno non solo agli azionisti ma anche ai dipendenti, ai clienti e ai fornitori, nonché una gestione efficace delle esternalità ambientali. Fondamentalmente, tutte queste considerazioni aiutano un’azienda a conquistarsi una legittimità sociale.
Ciò conferisce un’attenzione particolare all’amministrazione responsabile e all’impegno attivo degli investitori. In qualità di investitori, amministriamo responsabilmente il capitale dei nostri clienti, ossia ci prendiamo cura degli asset che ci hanno affidato, con l’obiettivo di restituirli in condizioni migliori di quelle iniziali. Le informazioni ESG forniscono una valutazione sul modo di gestire questi problemi da parte delle società. Di conseguenza, diventa uno strumento non solo per distinguere meglio le imprese ben gestite rispetto a quelle fanalino di coda, ma anche per identificare le aziende che stanno avendo un impatto positivo sulla società.
Da tempo lo sosteniamo: le aziende devono prendere in considerazione modelli che contemplino una platea di stakeholder più ampia in un mondo che cambia. Siamo coscienti delle notevoli pressioni sui costi che oggi le aziende devono sopportare quando destinano risorse economiche al benessere del personale, dei clienti e dei fornitori.
Le conversazioni intrattenute con le aziende in questo periodo di incertezza hanno riguardato la solidità dei bilanci, l’adeguatezza dei flussi di cassa e la liquidità - tutti elementi che utilizziamo per valutare se una società può restare sul mercato nel lungo termine. Nei nostri scambi abbiamo soprattutto esortato a esercitare prudenza e cautela e spronato il management a verificare l’adeguatezza delle distribuzioni di dividendi e delle operazioni di riacquisto, esaminando se queste politiche possano ledere l’operatività aziendale a fronte delle pressioni a breve termine da noi delineate in precedenza.
Le condizioni di salvataggio incidono sui dividendi
Nella crisi attuale, alcune delle prime aziende a tagliare i dividendi sono state quelle del settore dei beni di consumo, tra cui vendita al dettaglio, intrattenimento, viaggi e tempo libero, ossia aree nelle quali il blocco indotto dal coronavirus ha quasi portato a un arresto dell’attività. Se le misure di contenimento della pandemia avranno un impatto negativo su altre parti dell’economia, è probabile che questa tendenza al taglio dei dividendi perdurerà.
Nel Regno Unito, ad esempio, il programma di sostegno pubblico per il COVID-19 ha vietato il pagamento di dividendi alle aziende che concedono l’aspettativa ai dipendenti - consentendo loro di ricevere una busta paga. Il programma, ora prorogato fino alla fine di ottobre 2020, eroga ai datori di lavoro che utilizzano congedi temporanei (anziché licenziamenti definitivi) l’80% del salario mensile dei loro dipendenti, fino a 2.500 sterline al mese.
Inoltre, i funzionari del Regno Unito hanno preteso che le banche non destinassero alcun finanziamento di emergenza al pagamento dei dividendi, in quanto il piano di salvataggio si propone di aiutare le aziende a sopravvivere e non di premiare i dirigenti o gli azionisti.
IL CAPITALE UMANO CONTA
La pandemia di coronavirus ha posto il capitale umano al centro dell’attenzione: i contratti di lavoro e i diritti dei dipendenti hanno conquistato i riflettori, mentre gli investitori e la società civile vagliano il comportamento delle imprese durante la crisi, compreso il modo in cui trattano i loro dipendenti.
La crisi ha messo a nudo la fragilità dei lavoratori autonomi nella gig economy (il modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo) e dei lavoratori con contratti a zero ore in settori fortemente colpiti dalla crisi, come l’intrattenimento e il tempo libero. Molti di questi lavoratori sono stati lasciati con poche protezioni, sia finanziarie che sanitarie. Dopo il COVID-19, è ragionevole attendersi una pressione sostenuta sulle aziende per migliorare i diritti dei lavoratori e i salari, il che rappresenta un aumento dei costi per le aziende ed esclude verosimilmente un ritorno del free cash flow distribuito agli azionisti ai livelli precedenti l’emergenza sanitaria, almeno nel breve periodo.
Anche la cultura aziendale ha segnato un’inversione di rotta. Avvertiamo un cambio di percezione dove le riunioni virtuali e l’orario di lavoro flessibile diventano più accettabili perché i dirigenti aziendali si sforzano di creare un ambiente favorevole alle esigenze dei dipendenti. In alcune aziende abbiamo osservato soluzioni creative sviluppate durante l’attuale crisi, come l’uso delle nuove tecnologie fra cui le telecomunicazioni.
Ripensare l’impatto sociale
Un numero crescente di aziende si è adattato per soddisfare modelli di stakeholder più ampi ripensando il fattore “S”.
Alcune aziende, come il colosso mondiale della cosmesi L’Oreal, hanno promesso di pagare i propri fornitori di piccole e medie dimensioni il primo giorno disponibile, anziché rinviare.
Altri, come la società internet giapponese GMO Internet, hanno dato la precedenza al benessere dei dipendenti e ordinato a tutti i 4.500 dipendenti di rimanere a casa e lavorare a distanza, con due mesi di anticipo rispetto alle indicazioni del governo giapponese. Nel Regno Unito, Bet365 ha detto che avrebbe garantito le buste paga per cinque mesi e i posti di lavoro almeno fino alla fine di agosto 2020.
IL FATTORE “S” NON METTERÀ IN OMBRA IL FATTORE “E”
Grazie alla crescita sostenuta della domanda di competenze ambientali da parte dei clienti, insieme al dinamismo politico e normativo in diversi paesi, escludiamo che i temi ambientali vengano messi in ombra dall’attenzione ai temi sociali, prevalente nel breve periodo.
Infatti, un studio da noi promosso all’inizio di quest’anno ha rivelato che le questioni ambientali rimangono in cima alla lista delle priorità per gli investitori.1 Alla richiesta di classificare i fattori ESG, quasi la metà delle persone interpellate (il 46%) ha dichiarato di attribuire la massima importanza ai fattori ambientali, mentre solo il 34% cita la governance e il restante 20% predilige le questioni sociali.
La crescente rilevanza delle questioni ambientali legate al cambiamento climatico, alla scarsità di risorse naturali e all’efficienza sta indubbiamente suscitando un maggiore interesse nei prodotti e nelle soluzioni ESG. Anche le pressioni normative stanno accelerando questi temi. Conforta, nello studio, che i consulenti rispondano alla crescente domanda di strategie incentrate sull’ESG da parte dei clienti, contribuendo di conseguenza ad approfondire la conoscenza e l’innovazione del settore in questo ambito.
La crisi ha rafforzato la nostra convinzione sulla capacità delle aziende che sono attente alle questioni ambientali e sociali e adottano buoni prassi di corporate governance di resistere maggiormente e muoversi meglio durante gli shock. Rimaniamo convinti che il tempo speso a capire e integrare i fattori ESG nel processo di investimento, oltre al nostro impegno aziendale, ci renda investitori meglio informati.
Metodologia del sondaggio
Franklin Templeton ha stretto una partnership con NMG Consulting per intraprendere uno studio esauriente. NMG ha esaminato gli approcci di consulenti finanziari e intermediari nell’investimento responsabile in 10 grandi mercati di tutto il mondo, nell’EMEA, APAC (Giappone e Australia) e Nord America. Il sondaggio è stato condotto online e hanno risposto 824 consulenti, tra cui 388 in tutta l’Europa: Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Svizzera e Regno Unito. Il lavoro sul campo si è svolto tra aprile e giugno 2019.
Le risposte sono state selezionate in base ai titoli professionali degli intervistati, e abitualmente citavano la posizione di “consulente finanziario”, anche se con qualche variazione in base alle regioni. Un requisito per rispondere alle domande consisteva nell’avere clienti con allocazioni a investimenti responsabili, e si erano utilizzati filtri e domande trabocchetto per escludere partecipanti non idonei.
Note a piè di pagina
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Franklin Templeton e NMG Consulting, marzo 2020. Lo studio ha esaminato gli approcci di 800 consulenti finanziari e intermediari nell’investimento responsabile in 10 mercati di tutto il mondo, nelle regioni dell’EMEA, dell’APAC e del Nord America.
Quali sono i rischi?
Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la potenziale perdita del capitale. Il valore degli investimenti può subire rialzi e ribassi; di conseguenza, gli investitori potrebbero non recuperare l’intero ammontare del proprio investimento. I prezzi delle azioni subiscono rialzi e ribassi, talvolta estremamente rapidi e marcati, a causa di fattori che riguardano singole società, particolari industrie o settori o condizioni di mercato generali. Gli investimenti esteri comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, instabilità economica e sviluppi politici. Gli investimenti nei mercati emergenti, di cui i mercati di frontiera costituiscono un sottogruppo, comportano rischi più elevati legati agli stessi fattori, oltre a quelli associati in questi mercati alle dimensioni ridotte, alla minore liquidità e alla mancanza di un quadro giuridico, politico, economico e sociale consolidato a sostegno dei mercati mobiliari.
