I titoli di Stato non ricevono molto rispetto in questi giorni. Le ponderazioni obbligazionarie dei gestori di fondi istituzionali sono ai livelli più bassi mai registrati nei 20 anni di storia del sondaggio mensile dei gestori di fondi condotto da Bank of America. Gli investitori di alto profilo trattano le obbligazioni governative come la peste.
Tanta repulsione è facile da capire. Chi mai vorrebbe possedere un’attività finanziaria con un rendimento reale negativo? Sulla base dell’indice dei prezzi della spesa per consumi personali, noto anche come deflatore PCE, i rendimenti obbligazionari reali sono stati più bassi solo una volta negli ultimi 60 anni, mentre l’inflazione – la vera colpevole – ha già raggiunto il livello più alto degli ultimi 30 anni. Molti investitori considerano l’inflazione il principale rischio di coda nelle prospettive economiche. Il timore è che l’inflazione si dimostri più elevata e duratura di quanto ipotizzato dagli esponenti della Federal Reserve (Fed), in conseguenza dello sbalorditivo stimolo fiscale e monetario attuato negli ultimi 18 mesi. Sulla scia di questo stimolo, nei conti correnti bancari sono depositati migliaia di miliardi di dollari che costituiscono teoricamente una polveriera inflazionistica se le famiglie e le imprese decideranno di spenderli.
Perché allora il rendimento dei Treasury USA nominali a 10 anni è fermo in prossimità dell’1,5%? I rendimenti sono addirittura inferiori ai livelli di maggio 2021, nonostante un tasso di crescita dell’11% del prodotto interno lordo (PIL) nominale negli ultimi due trimestri. Nel mercato obbligazionario si prospetta un bagno di sangue?
Repressione finanziaria?
I bassi rendimenti vengono attribuiti di solito alla repressione finanziaria. Gli acquisti di debito pubblico da parte della Fed sostengono artificialmente i prezzi delle obbligazioni e sopprimono i rendimenti, creando inoltre distorsioni nei prezzi di altre attività finanziarie e tenendo in vita le società decotte.
Questa idea, intuitivamente appetibile, trova qualche riscontro nei dati sui flussi. Dall’ultima settimana di febbraio alla fine di ottobre gli acquisti della Fed hanno assorbito ben 4.400 miliardi di dollari di Treasury e titoli di agenzie. Di conseguenza, il tapering degli acquisti di 15 miliardi di dollari al mese annunciato dalla Fed la scorsa settimana potrebbe cambiare le carte in tavola. Ciò comporterebbe in definitiva una riduzione degli acquisti di obbligazioni di 1.400 miliardi di dollari all’anno, il che, sulla base di questa logica, dovrebbe favorire un aumento dei rendimenti. Tuttavia, il governo taglierà in misura ancora maggiore le emissioni di obbligazioni.
In questo ragionamento non si tiene conto tuttavia dei flussi generati dall’acquisto e dalla vendita dello stock esistente di debito pubblico. Presumibilmente, la tesi ribassista sulle obbligazioni dovrebbe scoraggiare i detentori dello stock di debito in essere, provocando potenzialmente un aumento dell’offerta molto più pronunciato di quello rappresentato dalle sole emissioni di nuovi Treasury. Questo però non è accaduto; piuttosto, si è verificato il contrario.
Gli stessi dati sui flussi rivelano una solida domanda di titoli a reddito fisso da parte del settore privato nonostante i rendimenti contenuti. Secondo una ricerca dell’Investment Company Institute, nel medesimo periodo compreso tra febbraio e ottobre, i fondi comuni e gli exchange-traded fund (ETF) obbligazionari hanno ricevuto afflussi per circa 1.500 miliardi di dollari. Si tratta di una cifra notevole, se consideriamo che prodotti azionari analoghi sono stati interessati da significativi deflussi negli ultimi mesi. Le banche commerciali possiedono circa 1.000 miliardi di dollari di Treasury e titoli di agenzie in più rispetto al periodo pre-pandemia. Gli acquisti della Fed hanno provocato un aumento dei depositi bancari, che le banche hanno in parte utilizzato per incrementare le posizioni in Treasury vista la scarsa domanda di nuovi prestiti. Anche le riserve libere – un sostituto del debito pubblico a breve termine – sono cresciute di oltre 1.000 miliardi di dollari, un’altra indicazione dell’assenza di domanda di credito.1
O qualcosa di diverso?
La domanda di Treasury da parte del settore privato rende necessaria una diversa spiegazione dei tassi d’interesse contenuti: la domanda di investimenti ex-ante è bassa rispetto all’offerta ex-post di risparmi investibili. In altre parole, il livello della domanda/spesa per investimenti rispetto a quello dei risparmi non è sufficiente a dare impulso al credito. In un simile scenario, il rendimento reale di equilibrio sarebbe molto basso, forse nullo o addirittura negativo. Le implicazioni macroeconomiche e d’investimento che scaturiscono da una struttura di tassi fondamentalmente bassi sono molto diverse da quelle associate a un regime di repressione finanziaria.
Vi erano indicazioni di questa natura più fondamentale del regime di tassi contenuti molto prima che gli acquisti di asset su grande scala diventassero uno strumento convenzionale delle banche centrali. Il calo di 550 punti base (pb) registrato dai rendimenti decennali dalla metà degli anni ’90 alla fine del 2019 è stato provocato dalla flessione dei tassi reali, che sono scesi di 500 pb nel complesso e di circa 280 pb all’inizio degli anni 2000. Per contro, l’inflazione misurata dal PCE core è rimasta stabile tra l’1% e il 2,5%.2 Questo trend si spiega, tra l’altro, con le deboli dinamiche demografiche nei paesi ricchi, che deprimono la domanda; con la scoperta e l’innovazione tecnologica, che accrescono il livello potenziale dell’offerta; e con un’economia globale più competitiva. L’ascesa della Cina sulla scena mondiale alla fine degli anni ’90 e nei primi anni 2000 ha portato un’ondata di concorrenza, ma ha anche inondato il mondo di nuovi risparmi. Il riferimento dell’ex presidente della Fed Alan Greenspan all’“enigma” dei rendimenti obbligazionari, che già nel 2005 non sembravano influenzati da un aumento di 150 pb del tasso sui Federal Fund, è stato in effetti il primo riconoscimento ufficiale di almeno una implicazione di questo nuovo regime.
La tendenza verso tassi d’interesse reali più bassi è diventata ancora più marcata dopo la crisi finanziaria globale con il crollo della domanda di credito delle famiglie statunitensi e l’impennata del tasso di risparmio. I rendimenti reali si sono poi stabilizzati, in parte per via di una modesta ripresa della domanda di credito negli Stati Uniti. Tuttavia, la causa principale è da ricercarsi in cambiamento radicale nell’economia cinese, dove le autorità hanno dato impulso al credito e alla spesa per un breve periodo per compensare la mancanza di domanda estera.
In questo quadro, qualsiasi misura che abbia l’effetto di frenare la domanda genera spinte deflazionistiche di rilievo. Si capisce in effetti perché l’indice cinese dei prezzi alla produzione (PPI) sia rimasto in territorio negativo per 81 mesi su 121 fino a dicembre 2020, dato che fin dal 2014 le autorità sono impegnate a ridurre la leva finanziaria nell’economia interna.3 Analogamente, l’umiliante dietrofront del presidente della Fed Jerome Powell sulla politica monetaria tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 è coerente con l’idea che il tasso di equilibrio fosse molto più basso di quanto egli pensasse in quel momento. È un aspetto da tenere a mente mentre il mondo si prepara a ritirare lo stimolo fiscale e normalizzare la politica monetaria.
I lockdown indotti dalla pandemia hanno accentuato notevolmente lo squilibrio tra eccesso di risparmio e spesa. Il crollo della spesa aggregata ha spinto in basso la struttura globale dei tassi. Le ingenti misure di stimolo hanno contrastato in parte la contrazione della spesa, e le riaperture hanno favorito in misura variabile una ripresa dell’economia mondiale. Nel mondo sviluppato i rendimenti obbligazionari sono tornati nella norma. Tuttavia, la produzione globale rimane al di sotto del trend pre-pandemia. La Cina è stata la prima a normalizzare le politiche economiche, e i rendimenti obbligazionari sono diminuiti di concerto. La Fed procede a piccoli passi verso il tapering dal mese di aprile; da allora i rendimenti obbligazionari hanno evidenziato un andamento laterale. Al momento non vi sono indicazioni di una riduzione dei risparmi in eccesso accumulati negli ultimi 20 mesi, nonostante la recente diminuzione del tasso di risparmio.
Dove sono i bond vigilantes?
I mercati obbligazionari hanno storicamente assolto al ruolo di governatori di una crescita sostenibile e non inflazionistica. I rendimenti salgono quando l’economia si surriscalda e scendono quando rallenta troppo. C’è molta inflazione nell’economia, ma finora i bond vigilantes sono rimasti in disparte. Perché?
- In primo luogo, il compito principale dei bond vigilantes è quello di vigilare contro le pressioni al rialzo sull’inflazione provenienti da un eccesso di domanda, che può essere contenuto da un aumento dei tassi. Questa volta, tuttavia, l’inflazione è causata principalmente dalle penurie dovute alla debolezza dell’offerta. Un aumento dei rendimenti non contribuisce in alcun modo a risolvere i problemi dell’offerta e potrebbe persino creare un buco nell’economia se scoraggiasse la spesa.
- In secondo luogo, in uno scenario di carenze dal lato dell’offerta, i nuovi vigilantes sono i mercati dei fattori. Invece dei rendimenti obbligazionari, salgono i prezzi delle materie prime, dell’energia e del lavoro per ripristinare l’equilibrio tra domanda e offerta. L’aumento dei prezzi e il rallentamento della crescita degli utili/redditi reali frenano la crescita della spesa in termini reali. Non è necessario che il mercato obbligazionario agisca.
- In terzo luogo, la possibilità che il rincaro dei fattori inneschi una spirale prezzi-salari dipende da come i policymaker affronteranno l’attuale inflazione e dalla durata dello shock dell’offerta. Resta da vedere quale sarà la loro risposta, ma nel 2022 si prospetta una stretta delle politiche economiche altrettanto epocale dello stimolo attuato nel 2020. Le recenti elezioni negli Stati Uniti suggeriscono che potremmo presto assistere a una svolta da una politica fiscale di sinistra verso una di centro-destra.
- In quarto luogo, la seconda maggiore economia mondiale ha deciso che è giunto il momento di ridurre l’indebitamento del suo settore immobiliare. Finora, questa transizione è andata avanti senza segnali di tensione o panico nei prezzi di mercato, ma chiaramente i rischi al momento sono orientati al ribasso. Il settore edile è probabilmente responsabile del 20% dell’attività aggregata in Cina, e quest’ultima produce un terzo del PIL mondiale.4
- Infine, l’incertezza sulle prospettive del COVID-19 rimane irrisolta. I nuovi farmaci antivirali di Merck e Pfizer offrono la speranza che la pandemia diventi endemica. Tuttavia, gli obblighi vaccinali rappresentano una nuova potenziale fonte di debolezza della domanda. Gli ultimi focolai in Cina e le misure di tolleranza zero mirate a controllare la diffusione del virus rendono difficile sostenere le dinamiche di crescita.
Credere nel mercato obbligazionario
La narrazione dei mercati finanziari riguardo all’economia inizia con il mercato obbligazionario. Attualmente le strozzature e le carenze dal lato dell’offerta stanno frenando la crescita economica reale in quanto spingono al rialzo i costi dei fattori. Si tratta di un meccanismo di equilibrio naturale che finora ha tenuto a bada i bond vigilantes. Eventuali ritardi nella ripresa dell’offerta potrebbero sostenere questo profilo di tassi reali contenuti e aspettative d’inflazione elevate ancora per qualche tempo. Resta da vedere quale sarà l’effetto della riduzione delle misure di stimolo nel 2022. Su un orizzonte temporale più lungo, la ripresa dell’offerta a livello mondiale potrebbe influenzare la composizione dei rendimenti nominali dei Treasury, alterando il peso relativo della componente di rendimento reale e del premio d’inflazione, più che il livello del rendimento nominale stesso.
Note a piè di pagina
- Fonti: Investment Company Institute, US Federal Reserve.
- Fonte: elaborazioni degli autori basate su dati Macrobond.
- Fonte: dati Macrobond.
- Fonti: Empirical Research Partners, Portfolio Strategy, ottobre 2021, The Brookings Institution, “China’s Economic Growth in Retrospect”, 2019.
DEFINIZIONI:
Il rendimento indica i guadagni generati e realizzati su un investimento in un determinato periodo di tempo.
Nel contesto di questo articolo, l’espressione repressione finanziaria denota gli acquisti di titoli effettuati da un governo o da un ente pubblico (banca centrale) su una scala talmente grande da alterare/gonfiare i prezzi delle attività finanziarie rispetto ai livelli determinati dalla sola domanda del settore privato.
Con investimento ex-ante si intende l’ammontare degli investimenti che le imprese intendono effettuare a fronte di diversi livelli di reddito aggregato nell’economia.
Con risparmio ex-post si intende il risparmio effettivo o realizzato in un’economia durante un anno.
Il premio al rischio d’inflazione è una misura del premio richiesto dagli investitori a fronte della possibilità che l’inflazione possa aumentare o diminuire più delle attese nel periodo in cui detengono un’obbligazione.
QUALI SONO I RISCHI?
Le performance passate non sono indicazione o garanzia di performance future. Va ricordato che non è possibile investire direttamente in un indice. I rendimenti degli indici non gestiti non riflettono alcuna commissione, spesa od onere di vendita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e possibile perdita del capitale. I titoli obbligazionari comportano rischi legati a tassi d’interesse, di credito, di inflazione e rischi di reinvestimento, oltre alla possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende. Gli investimenti internazionali comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, incertezze sociali ed economiche e incertezze politiche che possono far aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti. Le materie prime e le valute sono più rischiose, comportando rischi che includono le condizioni di mercato, politiche, regolamentari e naturali, e possono non essere idonee per tutti gli investitori.
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