CONTRIBUTORI

Jeffrey Schulze, CFA
Director, Investment Strategist

Josh Jamner, CFA
Vice President, Investment Strategy Analyst
Elementi chiave da ricordare
- Benché con la rapida mossa della Federal Reserve (Fed) a favore di un irrigidimento l’anno si sia aperto con un’impennata di volatilità del mercato, vendite massicce di questo tipo non sono insolite e storicamente hanno offerto opportunità di acquisto agli investitori a lungo termine.
- I rischi di recessione sono ancora bassi, e con il recente calo della disoccupazione a livelli inferiori a quella di lungo termine stimata dalla Fed, la banca centrale ha quasi completato metà del suo duplice mandato, per cui può gestire più aggressivamente l’inflazione.
- Mentre i prezzi dei futures su fed fund stanno scontando quattro rialzi dei tassi nel 2022, siamo convinti che le modalità con cui nei dati dell’occupazione sono compresi i lavoratori a casa per malattia potrebbero stare sottovalutando il numero dei posti di lavoro e sopravvalutando gli aumenti dei salari. Ciò porta a sua volta a impatti sulle aspettative per la politica monetaria e potrebbe condurre a un ciclo di rialzi dei tassi più accomodante rispetto a quanto previsto attualmente.
I rischi associati a un irrigidimento fanno salire la volatilità al livello più alto degli ultimi due anni
Pur essendo ancora a febbraio, sembra che si possa asserire che il 2022 promette di fornire un’esperienza molto diversa da quella vissuta dagli investitori nel 2021. Per cominciare, l’indice S&P 500 ha già eclissato il massimo drawdown dell’anno passato, mettendo a segno il settimo gennaio peggiore dal 1950. Inoltre la volatilità delle azioni statunitensi è stata la più alta da marzo 2020, con l’indice S&P 500 che ha evitato di stretta misura di entrare in territorio di correzione (-10%) e il Nasdaq vicino al territorio di un mercato ribassista (-20%). Con l’inflazione elevata e il rallentamento della crescita da alti livelli, gli investitori sono passati a concentrarsi sulle prospettive di irrigidimento della politica monetaria. Nella riunione della settimana scorsa del Federal Open Market Committee (FOMC), il presidente Jerome Powell ha dichiarato chiaramente che i rialzi dei tassi inizieranno prevedibilmente nella riunione di marzo, e i mercati dei future attualmente scontano nei prezzi 1,2 rialzi in quell’occasione, e un totale di 4,9 entro la fine dell’anno.
Per inquadrare nella giusta prospettiva l’irrigidimento recente, a metà settembre i futures su fed fund non scontavano nei prezzi nemmeno un rialzo dei tassi completo per tutto il 2022, vale a dire che nei prezzi negli ultimi quattro mesi sono stati già scontati più di quattro rialzi. È un movimento decisamente ampio in breve periodo di tempo, tuttavia la volatilità del mercato azionario si impenna storicamente in coincidenza con i rialzi della Fed, una dinamica di cui si è parlato nel Long View pubblicato il mese scorso. Il lato positivo della medaglia è che queste vendite massicce abitualmente hanno offerto opportunità di acquisto per investitori a lungo termine, con rendimenti in media positivi nei 6, 12 e 18 mesi dall’inizio degli ultimi quattro cicli di rialzi dei tassi.
Nell’economia vi sono stati vari cambiamenti che hanno portato la Fed sulla soglia di un ciclo di irrigidimento. La Fed persegue l’adempimento del suo mandato di realizzare la “massima occupazione”, prezzi stabili e tassi d’interesse moderati nel lungo termine applicando la politica monetaria appropriata. In pratica, se si realizzano la massima occupazione e prezzi stabili (inflazione del 2%), i tassi d’interesse dovrebbero mantenersi moderati, ed è per questo motivo che si usa comunemente il termine “duplice mandato” e non “triplice mandato”. Con la disoccupazione che sta scendendo ufficialmente a percentuali inferiori alle stime nel lungo periodo dalla Fed di dicembre, si è realizzata quasi metà del mandato, e cioè la parte relativa alla massima occupazione. Ciò significa che la Fed può agire più aggressivamente per far scendere l’inflazione verso livelli più desiderabili.
Un altro cambiamento è stata l’accelerazione dei salari, considerando che l’indicatore di Wage Growth sul ClearBridge Recession Risk Dashboard a dicembre è passato dal giallo al rosso. È stato il primo indicatore a diventare rosso in questo ciclo e storicamente è stato quello rimasto invariato più a lungo sul dashboard, diventando giallo quasi due anni prima delle recessioni, e rosso più di 1,5 anni prima. Questo mese non vi sono state variazioni nel dashboard, e i rischi di recessione continuano ad essere bassi.
Figura 1: ClearBridge Recession Risk Dashboard

Fonte: ClearBridge Investments.
Mentre gli aumenti dei salari sono stati elevati, i dati relativi al mercato del lavoro continuano ad essere distorti a causa della pandemia del COVID-19. Specificamente, il Bureau of Labor Statistics (BLS) continua a evidenziare come la raccolta dei dati sia ancora un problema. Pur essendo stati più marcati nella prima parte della pandemia, i problemi sembrano persistere, particolarmente per le misurazioni relative ai lavoratori a ore. Specificamente, quando i lavoratori a ore sono a casa per malattia, possono non figurare nella forza lavoro di una società, al contrario dei lavoratori salariati. Un’eventuale impennata dei contagi per cui i lavoratori devano restare a casa e in quarantena può causare una distorsione delle cifre relative ai posti di lavoro e ai salari.
A sostegno di questa dinamica vi è la differenza tra l’indagine sulle famiglie e quella sulle imprese nella relazione sui posti di lavoro. Il BLS svolge ogni mese due indagini, una relativa alle persone fisiche (indagine sulle famiglie) e l’altra relativa alle società (indagine sulle imprese). La prima indagine è utilizzata per calcolare il tasso di disoccupazione (in quanto si deve sapere quante persone non stanno lavorando) mentre la seconda è utilizzata per accertare gli aumenti dei lavoratori e dei salari (dal momento che le grandi società assumono e pagano i salari della maggior parte dei lavoratori americani).
Figura 2: Due indagini, una relazione

Fonte: BLS.
Nell’ambito dell’indagine sulle famiglie, vi è tuttavia una sottocategoria nella quale rientrano le persone che hanno un lavoro ma sono in congedo temporaneo a causa di una malattia o di un infortunio. Abitualmente questi dati riflettono un andamento stagionale; nei mesi invernali aumenta infatti il numero di lavoratori in congedo per malattia. A parte il caso di una pandemia globale, il processo di rettifica stagionale normale in effetti elimina gli effetti di questi andamenti per rivelare il cambiamento reale dell’occupazione da un mese all’altro. Tuttavia, il numero di lavoratori che dichiarano di avere un lavoro dipendente ma di essere assenti dal posto di lavoro a causa di malattia è stato elevato per tutto il periodo della pandemia, rispetto alla media pre-pandemia per qualsiasi mese specifico. In altre parole, le due indagini sono generalmente sincronizzate quando si tratta di conteggiare le persone in malattia, ma la pandemia ha messo in bastoni tra le ruote per quanto riguarda la precisione dei dati.
Il calcolo della differenza tra il numero dei lavoratori in malattia e l’ammontare abituale per lo stesso mese nei dieci anni antecedenti alla pandemia, che definiamo “eccedenza di lavoratori in malattia” è un modo per analizzare l’impatto della pandemia sul mercato del lavoro. L’eccedenza dei lavoratori in malattia ha avuto alti e bassi per l’intero periodo della pandemia, salendo durante le ondate di contagi delle varianti Omicron e Delta, e scendendo quando il numero dei contagi è diminuito nella primavera e all’inizio dell’estate 2021. È importante che l’eccedenza dei lavoratori in malattia sia stata in stretto rapporto con gli aumenti salariali, sostenendo il concetto che continuano ad esserci problemi per le misure correlate alla pandemia che esercitano un impatto sull’indagine tra le imprese, e pertanto per le cifre relative ai lavoratori non agricoli e agli aumenti salariali che ne derivano.
Figura 3: Impatto persistente della pandemia sul mercato del lavoro

Dati al 31 dicembre 2021. Fonte: BLS e Bloomberg. Nota: Per eccedenza dei lavoratori in malattia si intende la differenza nell’indagine sulle assenze della popolazione corrente alla voce “Lavoro dipendente – Con un posto di lavoro, assente al lavoro, Malattia personale” rispetto alla media delle assenze nel 2010-2019 alla voce “Lavoro dipendente – Con un posto di lavoro, non presente al lavoro, Malattia personale” mensile.
Benché il rapporto con i salari non sia tanto forte come con gli aumenti dei posti di lavoro, è comunque notevole e suggerisce che il 20% circa della variazione dei salari in un mese determinato si possa spiegare con l’eccedenza dei lavoratori in congedo per malattia. Ciò risulta probabilmente dal metodo di calcolo della media delle retribuzioni orarie, cioè le retribuzioni totali divise per il totale delle ore lavorate. Se i lavoratori ad ore, che abitualmente percepiscono anche le retribuzioni più basse, sono contati in misura anche più modesta, ciò ha un impatto sproporzionato sulle ore lavorate rispetto ai salari pagati, e farà salire meccanicamente le retribuzioni orarie medie. Questa dinamica è stata chiara nella relazione sui posti di lavoro dell’aprile 2020, dalla quale erano spariti 20,5 milioni di posti di lavoro in coincidenza con un’impennata sorprendente del +4,6% su base mensile dei salari, dovuta alla quota decisamente più ampia di posti di lavoro con retribuzioni più basse persi. Eventi di questo tipo fanno parte dei motivi per cui la Fed ha cercato di concentrarsi su misurazioni alternative dei salari, ad esempio l’Employmen Cost Index e il Wage Growth Tracker della Fed di Atlanta, che in base a questa metodologia risentono meno di tali problemi. Per essere chiari, le cifre di queste misure attualmente sembrano elevate ma mostrano anche una pressione minore dei salari.
Tutto ciò influisce sulla situazione del mercato del lavoro percepita da noi, che a sua volta ha un impatto sulle aspettative in merito a quali potrebbero essere una politica monetaria appropriata e le decisioni della Fed relative a rialzi dei tassi. Se il conteggio dei posti di lavoro pecca per difetto e le retribuzioni per eccesso, la Fed potrebbe essere meno motivata a rialzi aggressivi (rispetto alle aspettative attuali del mercato). Questa dinamica diventerà chiara probabilmente solo quando nel paese il virus diventerà endemico, come si spera possa avvenire nei prossimi trimestri. Potrebbe portare anche al ritorno a giallo dell’indicatore di Wage Growth del dashboard, che costituirebbe una prima assoluta nell’attuale fase di espansione. L’impatto di queste distorsioni potrebbe essere inferiore a quanto riteniamo, o addirittura inesistente, rappresentando semplicemente un’anomalia nei dati relativa a un piccolo esempio in un periodo complesso. Ciò nonostante, lo seguiremo attentamente nei prossimi mesi, ed è uno dei vari motivi per cui continuiamo a ritenere che la salute del mercato del lavoro potrebbe essere più robusta di quanto si creda in generale. Se fosse vero, la sorpresa della Fed nel 2022 potrebbe rivelarsi un’impostazione accomodante, piuttosto che aggressiva, nella seconda metà di questo “anno di transizione”.
Definizioni
Il ClearBridge Recession Risk Dashboard è un gruppo di 12 indicatori che esaminano lo stato di salute dell’economia statunitense e le probabilità di una recessione.
L’Indice S&P 500 è un indice non gestito di 500 titoli che rappresentano in generale la performance delle società più grandi negli Stati Uniti.
Il Federal Open Market Committee (FOMC) è un organismo politico del Federal Reserve System responsabile della formulazione di una politica concepita per promuovere la crescita economica, prezzi stabili e un modello sostenibile per il commercio e i pagamenti internazionali.
Il Bureau of Labor Statistics è la principale agenzia di indagine del governo federale statunitense nel campo dell’economia del lavoro e della statistica.
QUALI SONO I RISCHI?
Le performance passate non sono indicazione o garanzia di performance future. Va ricordato che non è possibile investire direttamente in un indice. I rendimenti degli indici non gestiti non riflettono alcuna commissione, spesa od onere di vendita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e possibile perdita del capitale. I titoli obbligazionari comportano rischi legati a tassi d’interesse, di credito, di inflazione e rischi di reinvestimento, oltre alla possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende. Gli investimenti internazionali comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, incertezze sociali ed economiche e incertezze politiche che possono far aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti. Le materie prime e le valute sono più rischiose, comportando rischi che includono le condizioni di mercato, politiche, regolamentari e naturali, e possono non essere idonee per tutti gli investitori.
Treasury USA (UST) sono obbligazioni di debito dirette emesse e garantite dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui Treasury USA quando i titoli sono detenuti fino alla scadenza. A differenza dei Treasury USA, i titoli di debito emessi dalle agenzie federali e da enti paragovernativi e gli investimenti associati possono essere garantiti, ma non obbligatoriamente, dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Anche quando il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui titoli, tale garanzia non si applica a perdite risultanti
