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Elementi chiave da ricordare

  • ClearBridge Recession Risk Dashboard è ancora sul verde, segnalando un’espansione generale, con un cambiamento positivo a marzo, quando i Margini di profitto hanno messo a segno un miglioramento diventando verdi. Procedendo nel secondo trimestre, prevediamo altri miglioramenti nelle aree più deboli del dashboard.
  • Sani consumi, politica accomodante, accelerazione del PIL e possibile immunità di gregge nei confronti del COVID-19, hanno fatto aumentare il rischio di un aumento dell’inflazione. Siamo convinti tuttavia che uno spavento inflazionistico sarà di breve durata.
  • L’impostazione della Fed, mirata a un’inflazione media, ha preoccupato alcuni investitori per la possibilità di una fuga in avanti dell’inflazione che ricordi gli anni Settanta, tuttavia secondo noi gli effetti disinflazionistici della globalizzazione e la tecnologia dovrebbero consentire di mantenere sotto controllo l’inflazione nel lungo termine, e gli sforzi reflazionistici attuali dovrebbero pertanto dimostrarsi favorevoli per le azioni.

Con le tiepide riprese fioriscono nuovi mercati rialzisti

Il mercato rialzista ha festeggiato il suo primo compleanno il 23 marzo, con un price return del 75% che ha segnato il periodo di 12 mesi più robusto degli ultimi 75 anni per l’indice S&P 500. Mentre si è parlato abbondantemente di quanto questa crisi sia stata unica nel suo genere, il contesto del mercato a questo punto del ciclo è stato decisamente ordinario. Il primo anno di un mercato rialzista offre abitualmente rendimenti nettamente superiori alle medie di lungo termine, con turbolenze minime. Questo periodo sembra incongruente poiché il mercato è in notevole rialzo mentre sullo sfondo l’economia è in difficoltà. Nel secondo anno, peraltro, i guadagni sono ancora superiori alla media ma la strada che il mercato deve percorrere tende a diventare più ardua, anche in un’economia più robusta.

Mentre il segmento successivo del mercato rialzista attuale potrebbe essere più turbolento, l’economia degli Stati Uniti è ancora nelle fasi iniziali di una nuova espansione, che nei prossimi anni dovrebbe essere favorevole per gli asset rischiosi. La politica fiscale e monetaria dovrebbe continuare ad essere di sostegno nei prossimi trimestri, per cui l’attenzione degli investitori si concentrerà ampiamente su eventuali segni di un’emergente debolezza macro, che potrebbe portare a una svolta al ribasso degli utili. Una serie di dati relativi all’economia comunicati recentemente ha deluso le aspettative, a causa di condizioni meteorologiche sfavorevoli in gran parte del Southwest e del Midwest a febbraio. I mercati hanno ampiamente guardato oltre queste distorsioni e il ClearBridge Recession Risk Dashboard rimane verde, segnalando un’espansione generale. I Margini di profitto sono migliorati passando questo mese dal giallo al verde e avanzando nel secondo trimestre prevediamo altri miglioramenti per i quattro segnali che ancora non sono verdi.

Figura 1: I terribili due?

Dati al 29 marzo 2021. Fonte: FactSet.

Figura 2: ClearBridge Recession Risk Dashboard

Fonte: ClearBridge Investments.

La politica è stato un catalizzatore essenziale per il rally del mercato finanziario, dando il via a un processo di ripresa più rapido e di dimensioni maggiori rispetto alle recessioni del passato. Inizialmente questa dinamica è stata sottovalutata da molti operatori del mercato, e tra questi anche da noi. I responsabili delle decisioni politiche sembrano intenzionati ad estendere il supporto fino a che l’economia non avrà una chiara base stabile, come dimostrano i 400 miliardi di dollari allocati direttamente ai consumatori tramite i contributi da 1.400 dollari pagati per l’impatto economico (EIP). Questa somma rappresenta 2,5 volte i 130 miliardi di dollari di EIP totali approvati dalla legge di stimolo di dicembre, un pacchetto che ha portato come risultato all’eccezionale aumento del 5% delle vendite retail a gennaio. La combinazione di questo EIP sostanzialmente più ampio e un’economia in fase di riapertura dovrebbe dare una marcia in più alla spesa per i consumi nei prossimi mesi. Un ulteriore potenziale di rialzo dovrebbe derivare da un altro pacchetto di stimolo concentrato sulla spesa per infrastrutture in un periodo più lungo, di cui si sta cominciando a discutere.

Tuttavia, non tutte queste distribuzioni mirate a uno stimolo saranno spese immediatamente. Nel passato, un’ampia quota delle distribuzioni a fini di stimolo dell’economia è stata destinata a risparmi, e in combinazione con un’incapacità di spesa effettiva ciò ha portato all’accumulo di risparmi in eccesso per quasi 2.000 miliardi di dollari. Questo tesoretto di liquidità, insieme a un aumento del 10% del valore netto delle famiglie nell’anno passato, dovrebbe alimentare ulteriormente una crescita dell’economia superiore a quella tendenziale per l’anno prossimo e possibilmente anche oltre, con una dinamica che abbiamo approfondito nel nostro commento “L’ottica di lungo termine” dell’ultimo trimestre.

I responsabili politici hanno fatto di tutto e di più per spronare la ripresa

La politica monetaria è stata un componente importante per la ripresa economica, oltre alla spesa fiscale, e il reciproco coordinamento di direzione è servito ad amplificare l’effetto per entrambi. Lo stimolo economico totale negli Stati Uniti l’anno passato è stato equivalente a 43.000 dollari per famiglia. L’esborso generale è più ampio del costo stimato in dollari ai cambi attuali della Seconda Guerra Mondiale, e gli acquisti di obbligazioni della Fed l’anno passato sono stati superiori agli sforzi combinati di Bernanke e Yellen dopo la crisi finanziaria globale (GFC).

Figura 3: Il QE non è più quello di una volta

Dati al 24 marzo 2021. Fonte: Federal Reserve e Bloomberg.

L’economia è pronta per accelerare nei prossimi mesi, una volta raggiunta l’immunità di gregge. L’attività economica è stata strettamente legata alla mobilità per tutta la durata della crisi del COVID-19, e con la riapertura dovrebbe tornare la domanda crescente di servizi. Ciò dovrebbe anche aiutare a trainare una ripresa più robusta del lavoro, considerando che più del 75% delle perdite nette di posti di lavoro si è verificato in settori sensibili al COVID-19 quali l’ospitalità e il retail. Le ultime due relazioni sull’occupazione potrebbero dare un‘idea di ciò che potrebbe verificarsi nei prossimi mesi, con la generazione nel segmento ospitalità e tempo libero di 384.000 dei 468.000 posti di lavoro nel settore privato creati a febbraio e di 280.000 dei 916.000 nuovi posti di lavoro aggiunti a marzo. Con più di 2 milioni di persone ancora in congedo temporaneo retribuito, non si può escludere che nei prossimi rapporti sugli stipendiati le cifre si avvicinino a un milione, come nel mese passato. In effetti secondo il consenso nel 2021 l’economia sta aggiungendo circa mezzo milione di posti di lavoro al mese e il grafico della Fed implica un tasso di disoccupazione del 4,5% per la fine dell’anno.

Figura 4: Un racconto di due mercati del lavoro

I livelli alti e bassi dell’esposizione al COVID-19 si basano su dati a livello industriale le cui misure includono la capacità di lavorare da remoto, lo status essenziale vs. non essenziale, e gli shock di offerta/domanda provocati dalla pandemia di COVID-19. La variazione netta aggregata dell’occupazione di stipendiati in queste industrie è misurata con riferimento ai massimi livelli di occupazione del febbraio 2020. I settori con una forte esposizione al COVID-19 rappresentano il ~60% del totale pre-pandemia degli stipendiati, esclusi i lavoratori nel settore agricolo; i settori con una bassa esposizione al COVID-19 rappresentano il ~40% del totale pre-pandemia degli stipendiati, esclusi i lavoratori nel settore agricolo. Dati al 28 febbraio 2021, ultimi dati disponibili al 31 marzo 2021. Fonte: Bloomberg, BLS, INET Oxford.

Consumi sani, politica di supporto e accelerazione del PIL mentre si avvicina costantemente l’immunità di gregge, hanno fatto aumentare il rischio di un surriscaldamento che potrebbe condurre all’inflazione. Secondo il consensus il 2021 dovrebbe essere l’anno con la crescita più forte del PIL dal 1984 (e possibilmente dal 1951). Nei prossimi mesi, appare probabile uno spavento inflazionistico di breve termine, causato da una combinazione di effetti di base (dati comparabili favorevoli rispetto all’anno passato, durante la prima chiusura) e dell’aumento della domanda di cui abbiamo già parlato, con imbottigliamenti nella catena di fornitura. È un fenomeno più tipico per gli Stati Uniti che nel resto del mondo, dato lo stimolo maggiore con cui gli Stati Uniti hanno reagito e la ripresa prevista più forte sostenuta da tempi più rapidi nel raggiungere l’immunità di gregge.

Figura 5: Lo spavento inflazionistico è un fenomeno che si verifica principalmente negli Stati Uniti

Dati al 28 febbraio 2021, ultimi dati disponibili al 31 marzo 2021. Fonte: Bank of America, IHS Markit, NBER.

Dopo un’impennata iniziale dei prezzi, nel periodo intermedio l’inflazione dovrebbe raffreddarsi. Le limitazioni di capacità dovrebbero diminuire, con il ripristino delle catene di fornitura e l’autocorrezione degli squilibri tra offerta e domanda. La forza di qualche nicchia dei beni dovrebbe moderarsi, considerando l’evoluzione delle preferenze dei consumatori e dovrebbe aumentare anche la capacità, considerando le riassunzioni dei lavoratori. Nel 2010, dopo la GFC, vi era stato uno spavento inflazionistico analogo. Rettifiche una tantum dei prezzi da livelli depressi sono state percepite come inflazione, ma il trend sottostante dell’inflazione core è rimasto piatto. Inoltre, un periodo di disinflazione nei due-tre anni successivi alle recessioni è abituale, nonostante i dati comparabili favorevoli e l’accelerazione economica.

Figura 6: Rara inflazione all’inizio di un ciclo

Nota: Alto/basso regime di inflazione in base a un’inflazione superiore/inferiore al 5% alla fine della recessione. Dati al 28 febbraio 2021, ultimi dati disponibili al 31 marzo 2021. Fonte: BEA, NBER, Bloomberg.

Un altro segnale indicante che in un periodo più lungo l’inflazione potrebbe mantenersi contenuta arriva dal mercato obbligazionario. L’inflazione prevista in base ai prezzi di Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS) rispetto a Treasury “normali” Treasury con la stessa scadenza indica che gli investitori si attendono un’inflazione più elevata nei prossimi cinque anni (2021–26). Tuttavia, guardando oltre, nei cinque anni successivi l’inflazione prevista dovrebbe scendere (2027-32). Ciò sostiene il concetto che qualsiasi picco di inflazione alla fine si dimostrerà transitorio, e forse più importante, che la Federal Reserve è ancora credibile nel suo impegno per una rinormalizzazione della politica una volta raggiunti i propri obiettivi. In altri termini, un cambiamento di regime nella direzione di un’inflazione più elevata nel lungo periodo non è scontato nei prezzi attuali del mercato obbligazionario.

Figura 7: L’inflazione di lungo termine non preoccupa

Al 23 marzo 2021. Fonte: FactSet.

L’inflazione secolare è meno preoccupante

Ciò presenta un rischio, considerando che gli Stati Uniti potrebbero essere sulla strada di un cambiamento di regime inflazionistico. La Fed attualmente mira esplicitamente a un rialzo dell’inflazione, e vi è un rischio di “caduta dopo la curva”, quando l’inflazione sale più di quanto preferirebbe. Ciò potrebbe alimentare ulteriori aumenti dei prezzi, considerando il timore degli investitori che possano essere necessari vari anni per riportare l’inflazione sotto controllo. In linguaggio economico, si dice che le attese di inflazione non sono più ancorate all’obiettivo del 2% nel lungo periodo (l’opposto di un superamento di breve termine). È esattamente lo scenario degli anni Settanta, un periodo caratterizzato da una politica fiscale e monetaria accomodante con i responsabili della politica che accettavano l’aumento dell’inflazione, creando un loop di feedback inflazionistico auto-perpetuante.

Una trasformazione attuale reflazionistica in un’ondata di ritorno dell’inflazione, aumenti delle imposte e rialzi dei tassi d’interesse sono le preoccupazioni principali sulle quali gli investitori sembrano riflettere attualmente.

Vi sono tuttavia numerose differenze fondamentali tra gli anni Settanta e oggi. Primo, forze strutturalmente disinflazionistiche, come per esempio la globalizzazione e la tecnologia, 50 anni fa erano meno prominenti. Un contesto più globale per le imprese si è tradotto in una maggiore concorrenza internazionale, che limita l’aggressività con cui le società possono alzare i prezzi, mentre l’innovazione continua significa che le società possono trovare nuovi modi per tagliare i propri costi. Inoltre, le previsioni di inflazione si sono ancorate maggiormente, data la maggiore credibilità e l’indipendenza della banca centrale. Anche il mercato del lavoro è diventato più flessibile, con il calo di appartenenza alle unioni sindacali che ha portato a un rallentamento degli aumenti dei salari. Infine, negli anni Settanta i responsabili della politica avevano messo in atto controlli sui prezzi che al momento avevano risolto i problemi ma alla fine si sono dimostrati dannosi quando i controlli sono stati allentati, dando il via a un aumento dell’inflazione. Alla fine, queste forze significano che nonostante la possibilità che gli Stati Uniti sperimentino un’inflazione più forte nel breve termine rispetto al resto del mondo, è improbabile che ciò ricordi la Grande Inflazione degli anni Settanta.

Una trasformazione attuale reflazionistica in un’ondata inflazionistica di ritorno non è che una delle tre preoccupazioni principali sulle quali gli investitori sembrano riflettere attualmente. Le altre due sono la prospettiva di aumenti delle imposte e rialzi dei tassi d’interesse. Per quanto riguarda le imposte, attualmente si sta appena iniziando a discutere della prossima tornata di stimolo fiscale e dei corrispettivi dei pagamenti che li accompagneranno. Ciò dovrebbe dare una prima idea delle possibili ramificazioni fiscali per le persone e le società. Mentre non è prevista l’approvazione di un pacchetto prima della metà del terzo trimestre, nel migliore dei casi, ciò potrebbe condurre a una moderata revisione dei prezzi delle azioni, considerando che gli investitori cercano di valutare che cosa potrebbe essere incluso in qualsiasi legge finale.

Il rischio d’investimento finale è la prospettiva di rialzi dei tassi d’interesse. Nei primi due anni di un’espansione economica, si assiste tradizionalmente ad aumenti dei tassi d’interesse in anticipazione di un aumento della crescita e dell’inflazione. Sebbene molti interpretino i rialzi dei tassi come un fattore negativo (condizioni finanziarie più stringenti), a fronte di uno scenario di crescita più forte, il loro impatto è compensato in parte, o addirittura completamente, da un contesto di utili più robusti. Ad esempio, qualsiasi eventuale impatto di tassi più alti sulla domanda in aree sensibili ai tassi d’interesse, quali le abitazioni, deve essere considerato inquadrandolo nel contesto di un mercato del lavoro più forte, con stipendi in aumento oltre ad altri fattori, quali le tendenze demografiche e i prezzi delle case. I tassi d’interesse sono abitualmente solo una tessera del puzzle complessivo. In altre parole, i rialzi dei tassi (soprattutto partendo da livelli bassi) sono tollerabili se avvengono per i motivi “giusti”, quali una forte crescita dell’economia (e degli utili societari) e un’inflazione moderata. In effetti i mercati azionari hanno ottenuto storicamente risultati decisamente soddisfacenti nei periodi di rialzo dei tassi d’interesse a lungo termine.

Figura 8: Rialzo dei tassi, rialzo delle azioni

Fonte: FactSet.

Unendo il tutto, siamo convinti che i mercati finanziari e l’economia stiano attraversando un periodo di transizione. Non sarebbe insolito un aumento della volatilità delle azioni, dato il forte scenario economico e le prospettive di rialzi dei tassi e aumenti dell’inflazione. Ci vorranno vari anni per vedere chiaramente quali nuove tendenze persistenti emergeranno (eventualmente) nella scia della crisi del COVID-19, ma le possibilità di un cambiamento di regime sono altrettanto forti oggi quanto lo sono state per più di dieci anni. Indipendentemente dagli esiti nel lungo termine, il periodo reflazionistico che deve trascorrere prima dell’inflazione è stato tradizionalmente un momento interessante per investire in asset rischiosi.



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