CONTRIBUTORI

Jeffrey Schulze, CFA
Head of Economic and Market Strategy
Elementi chiave da ricordare
- Il ClearBridge Recession Risk Dashboard continua a indebolirsi, con variazioni negative di tre indicatori a settembre – Concessioni edilizie e Margini di utile in giallo e Nuovi ordinativi ISM in rosso – che hanno fatto precipitare il segnale complessivo in territorio rosso o recessivo.
- Come per i ribassi associati alle recessioni passate, riteniamo che l’inizio di un’inversione al rialzo dei mercati azionari richiederà tempo; ciò significa che gli investitori dovrebbero tenersi pronti ad affrontare rally in controtendenza e revisioni al ribasso delle stime sugli utili.
- Gli insegnamenti appresi dalla fine degli anni ’60, quando la Fed intervenne troppo rapidamente in presenza di un mercato del lavoro teso, possono essere esemplificativi delle sofferenze economiche che i policymaker potrebbero essere disposti ad affrontare al giorno d’oggi. Soprattutto, quel periodo si è caratterizzato anche per un segnale rosso sul ClearBridge Recession Risk Dashboard.
Le prospettive aziendali e macro raccontano storie diverse
L’economia statunitense si trova a un punto di svolta: alcuni dati (il settore immobiliare) suggeriscono infatti un’imminente contrazione, mentre altri (il mercato del lavoro) indicano la possibilità di un atterraggio morbido. Come in un test a macchie d’inchiostro di Rorschach, un’indagine psicologica proiettiva utilizzata per comprendere i tratti della personalità e il funzionamento emotivo di una persona, al momento gli osservatori possono vedere nei dati qualsiasi cosa si aspettino di trovare.
Un buon esempio è il CFO Survey condotto dalla Duke University in collaborazione con le Federal Reserve Bank di Richmond e Atlanta. I risultati più recenti mostrano che i CFO (Chief Financial Officer) sono ottimisti sullo stato di salute delle proprie aziende, ma piuttosto pessimisti su quello dell’economia più ampia. In effetti, il divario tra la percezione delle prospettive delle loro imprese e quelle del sistema economico ha recentemente raggiunto livelli record.
Ciò dà luogo a una situazione bizzarra: a prima vista, il CFO Survey suggerisce che individualmente le aziende vanno a gonfie vele, ma che in aggregato (come economia) sono in pessima forma. A seconda dei preconcetti di ciascuno, questa “macchia d’inchiostro” potrebbe mostrare un toro o un orso.
Figura 1: L’economia di Rorschach: la fiducia dei CFO

Dati al 30 settembre 2022. Fonte: FactSet, Duke University e le Federal Reserve Bank di Richmond e Atlanta.
Analogamente, da un lato, le condizioni finanziarie sono entrate solo di recente in territorio restrittivo e a livello assoluto non sono ancora coerenti con le recessioni passate. D’altro canto, quest’anno si è caratterizzato per un rapido inasprimento delle condizioni finanziarie, con una variazione già più pronunciata di quella osservata durante le recessioni del 1990 e del 2020.
Figura 2: L’economia di Rorschach: Condizioni finanziarie

Dati al 26 settembre 2022. Fonte: Goldman Sachs e Bloomberg.
Uno strumento che utilizziamo per interpretare questi dati contrastanti è il ClearBridge Recession Risk Dashboard, che continua a mostrare un segnale complessivo di recessione o rosso, indicando come molto probabile una recessione dell’economia statunitense nel corso del prossimo anno. Il rapido deterioramento del Dashboard registrato negli ultimi tre mesi è proseguito a settembre, con il passaggio delle Concessioni edilizie e dei Margini di utile da verde a giallo e dei Nuovi ordinativi ISM da giallo a rosso. Prevediamo un ulteriore indebolimento nei prossimi mesi, poiché gli effetti ritardati della stretta della Federal Reserve (Fed) iniziano a farsi sentire e la banca centrale USA continua a innalzare i tassi nel tentativo di contenere l’elevata inflazione.
Figura 3: ClearBridge Recession Risk Dashboard

Dati al 30 settembre 2022. Fonte: BLS, Federal Reserve, Census Bureau, ISM, BEA, American Chemistry Council, American Trucking Association, Conference Board, e Bloomberg. Il ClearBridge Recession Risk Dashboard è stato creato nel gennaio 2016. I riferimenti ai segnali che avrebbe generato negli anni precedenti al gennaio 2016 si basano sul modo all’epoca utilizzato per riportare i dati sottostanti negli indicatori dei componenti.
Come ogni strumento, il ClearBridge Recession Risk Dashboard ha i suoi punti di forza e le sue debolezze. È stato molto efficace nell’identificare i principali punti di svolta dell’economia, ma ha anche fornito un’interpretazione complessivamente gialla o cauta per tre volte (1995, 1998, 2016) e un segnale rosso una volta (1966) quando l’economia non è entrata in recessione, una dinamica che abbiamo esplorato il mese scorso. Nella valutazione di questi periodi, un tema comune è stato quello di una svolta accomodante della Fed. Nella congiuntura attuale, il periodo più rilevante da esaminare potrebbe essere il 1966, anno di un segnale rosso non seguito da una recessione.
Alla fine degli anni ’60 si è registrato uno dei tre atterraggi morbidi di successo nella storia del Dashboard, in cui la Fed ha intrapreso un ciclo di rialzi dei tassi d’interesse che non si è concluso con una recessione. Gli altri atterraggi morbidi sono stati orchestrati nel 1985 e nel 1995. Tutti e tre i periodi sono stati caratterizzati da forti aumenti dell’occupazione, ma il 1966 si distingue dagli altri anni in quanto le condizioni sul mercato del lavoro al momento della svolta erano molto più tese, con un tasso di disoccupazione del 3,8% rispetto al 7,3% del 1985 e al 5,7% del 1995. Si tratta di una distinzione importante, dato che l’alta disoccupazione del 1985 e del 1995 ha impedito che l’inflazione tornasse a salire negli anni successivi alla svolta della Fed, mentre le tensioni sul mercato del lavoro nel 1966 hanno contribuito a una successiva riaccelerazione dell’inflazione, che alla fine si è riportata sopra il 6%. Con un mercato del lavoro teso come quello del 1966, la Fed rischia di ritrovarsi tra qualche tempo con un’inflazione più alta se allenta la politica monetaria troppo presto. In altre parole, una lieve sofferenza oggi può essere meglio di una grande sofferenza domani.
Figura 4: Non ripetere lo stesso errore

Dati al 30 settembre 2022. Fonte: Ibbotson Small Cap Index-Morningstar, Bureau Labor Statistics, FactSet.
Il presidente della Fed Jerome Powell ha ripetutamente sottolineato di non voler commettere di nuovo gli errori fatti dal Federal Open Market Committee (FOMC) in passato. A un certo punto il ritmo dei rialzi dei tassi dovrà rallentare, ma una svolta accomodante con una riduzione prematura dei tassi rischia di essere una riedizione dei passati errori del FOMC. Powell ne ha parlato nel suo discorso di Jackson Hole in agosto, affermando che uno dei tre importanti insegnamenti appresi sulla scia dell’alta inflazione degli anni ’70 e ’80 è che “bisogna andare avanti finché il lavoro non è terminato. La storia dimostra che, quanto più si tarda a intervenire, tanto più aumentano i costi occupazionali associati alla riduzione dell’inflazione” e che “i successi di Volcker sul fronte della disinflazione nei primi anni ’80 hanno fatto seguito a molti vani tentativi di ridurre l’inflazione nei 15 anni precedenti”.
Di conseguenza, un cambio di rotta della Fed – una condizione necessaria dei precedenti atterraggi morbidi – sembra al momento improbabile, a meno che non si registrino disfunzioni del mercato come quella osservata di recente in Inghilterra. Dopo tutto, il principio fondante di una banca centrale è quello di fungere da prestatore di ultima istanza per assicurare l’ordinato funzionamento del mercato.
Il fattore che indurrebbe verosimilmente la Fed a fare marcia indietro sarebbe il successo nel contenimento dell’inflazione (o un aumento abbastanza pronunciato del tasso di disoccupazione). Su questo fronte, è improbabile che l’inflazione di fondo raggiunga il target del 2% nel breve periodo. Gli osservatori sono pressoché concordi nel prevedere un’inflazione ampiamente superiore a tale cifra nel 2023 e di poco superiore ad essa nel 2024. Se la variazione mensile del core CPI si attestasse allo 0% in futuro, l’inflazione di fondo non raggiungerebbe il 2% prima di maggio 2023. Un dato più alto dello 0% spingerebbe questa data più avanti nel tempo; un tasso di crescita dei prezzi pari alla media di quello osservato nel 2010-2019 allungherebbe di tre mesi il tempo necessario per arrivare al 2%. Persino questo scenario potrebbe essere troppo ottimistico, dato che l’Inflation Nowcast della Fed di Cleveland prevede attualmente una sbalorditiva variazione dello 0,5% su base mensile, ovvero superiore al 6% su base annua, per il CPI di settembre.
Figura 5: Ritorno verso il target

Dati al 31 agosto 2022, ultimi dati disponibili al 30 settembre 2022. Fonte: Bloomberg, BLS.
Al di là di una svolta della Fed, c’è ancora qualche speranza che l’economia possa resistere a un’ulteriore stretta monetaria. Nel breve periodo il prodotto interno lordo (PIL) sembra dar prova di buona tenuta, come indicato dal GDP Nowcast della Fed di Atlanta, che si colloca al 2,4% per il terzo trimestre. La solidità dei bilanci di consumatori e imprese, insieme alla corsa ad assicurarsi bassi tassi sul debito negli ultimi anni, suggerisce che l’impatto dei rialzi dei tassi potrebbe essere meno pronunciato che in passato. Questa può sembrare una buona notizia, ma in realtà implica che la Fed dovrà probabilmente procedere a un inasprimento ancora più aggressivo di quello attualmente previsto, che peserà sulle attività finanziarie attraverso tassi di sconto ancora più elevati.
L’inizio di un’inversione al rialzo richiederà tempo
A fronte delle crescenti probabilità di recessione, molti investitori si domandano quando potrebbero manifestarsi i primi segnali di un’inversione di tendenza. Anche se le attuali quotazioni di mercato scontano un notevole pessimismo riguardo agli utili futuri, riteniamo che l’inizio di un’inversione al rialzo richiederà tempo, come accaduto durante i ribassi associati alle recessioni passate. Di solito, infatti, i mercati raggiungono un minimo solo arrivati a quasi due terzi, in media, di una recessione. I recenti dati sul mercato del lavoro suggeriscono che la recessione non è nemmeno cominciata, per cui è plausibile che i mercati rimangano volatili a fronte del manifestarsi di rischi sconosciuti.
Figura 6: Carro davanti ai buoi?

Nota: La somma del Tempo dall’inizio della recessione e del Tempo dalla fine della recessione non è pari alla Durata a causa dell’arrotondamento. Fonte: S&P, FactSet e Bloomberg.
Quasi certamente gli investitori dovranno fare i conti con cambi di rotta repentini del mercato, noti come rally in controtendenza, ovvero fasi di temporaneo vigore seguite dalla discesa su un minimo più basso durante un mercato ribassista. Gli investitori ne hanno appena vissuto uno: alcuni credevano che il rally di luglio prefigurasse un atterraggio morbido, ma le loro speranze sono state deluse a Jackson Hole in agosto. Anche se il rally in controtendenza dell’estate scorsa è stato di ampiezza notevole (+17%), due delle ultime tre recessioni hanno evidenziato rally in controtendenza ancora più ampi prima che il mercato toccasse finalmente un minimo.
In definitiva l’andamento futuro delle azioni sarà determinato dalla traiettoria dell’economia e dal suo effetto sugli utili futuri. Come accennato nella Long View di luglio, le fasi di un mercato ribassista sono due: compressione dei multipli e calo delle aspettative sugli utili. Mentre la performance dei mercati da inizio anno è stata per lo più determinata dalla diminuzione dei rapporti prezzo/utili (P/E), il ciclo di revisioni al ribasso delle stime sugli utili è appena cominciato, con le aspettative relative ai 12 mesi successivi in calo di appena l’1,4% rispetto al picco. Nelle ultime tre recessioni, le aspettative sugli utili sono scese in media del 26%, anche se in genere le stime sugli utili toccano un minimo solo dopo che lo fanno i mercati. Anche qualora ipotizzassimo una flessione degli utili più contenuta della media (escludendo l’impatto smisurato della crisi finanziaria globale), durante una “tipica” recessione gli utili tendono a diminuire del 15-20%, molto più di quanto visto finora.
Figura 7: I rally in controtendenza sono all’ordine del giorno

Dati al 30 settembre 2022. Fonte: National Bureau of Economic Research, FactSet.
Figura 8: Qual è la futura traiettoria degli utili?

* “Attuale” riflette la differenza tra massimo e minimo nel 2022, dalla chiusura del mercato il 3 gennaio al 30 settembre di quest’anno.
Dati al 30 settembre 2022. Fonte: S&P, FactSet, NBER e Bloomberg.
I team manageriali delle imprese hanno recentemente iniziato a ridimensionare le proprie guidance, provocando analoghe revisioni al ribasso da parte degli analisti sell-side, ma questa tendenza è stata finora relativamente modesta. Ciò dipende in parte dal momento dell’anno in cui i dirigenti delle imprese aggiornano e pubblicano tali previsioni. Tuttavia, se consideriamo il periodo 2007-2009, vediamo che al momento del fallimento di Lehman Brothers gli analisti sell-side (prendendo spunto dai team manageriali e dalle relative guidance) avevano ridimensionato di appena il 4% le stime relative ai 12 mesi successivi, nonostante la recessione fosse iniziata nove mesi prima. Non ci preme qui fare un paragone con la crisi finanziaria globale, ma piuttosto sottolineare che non si può considerare rassicurante la buona tenuta evidenziata dagli utili fino a questo momento. È probabile infatti che diventino un fattore avverso nei prossimi trimestri.
Figura 9: Revisioni delle stime sugli utili durante la crisi finanziaria globale

Dati dal 30 settembre 2007 al 30 settembre 2009. Fonte: FactSet, S&P.
Nonostante la volatilità in atto, non ci sarebbe da stupirsi se si registrasse un altro rally in controtendenza dopo un settembre difficile e l’indebolimento del sentiment degli investitori. Il Sentiment Survey condotto dall’American Association of Individual Investors (AAII) a fine settembre ha rilevato uno scarto tra posizioni rialziste e ribassiste (“bull-bear spread”) di -43,2, il quarto peggiore nei suoi 35 anni di storia, scarto che è rimasto tra i 10 più bassi mai registrati durante la scorsa settimana. Storicamente, un sentiment così pessimistico è indicativo di una capitolazione degli investitori retail, che segnala un’opportunità di acquisto a breve termine. In effetti, nel mese e nei tre mesi successivi alle 10 peggiori rilevazioni del sondaggio, i rendimenti medi si sono attestati, rispettivamente, al +2,7% e +6,0%.
A partire dalla crisi finanziaria globale, la maggior parte dei ribassi di mercato è stata seguita da una ripresa a V. Ciò è stato in parte dovuto al contesto di crescita lenta e inflazione contenuta. Ogni volta che le condizioni finanziarie si sono inasprite, la Fed è stata costretta a intervenire rapidamente per evitare una recessione, dando impulso nel processo ai mercati finanziari. Tuttavia, oggi il contesto economico è diverso e un allentamento delle condizioni finanziarie sarebbe controproducente per gli attuali obiettivi delle autorità politiche. Con una funzione di reazione diversa (la Fed call che sostituisce la Fed put), anche la ripresa avrà probabilmente un aspetto differente. Per gli investitori azionari, ciò potrebbe concretizzarsi in una ripresa fatta di false partenze accompagnate da successivi sell-off. Di conseguenza, continueremo a privilegiare le esposizioni di portafoglio orientate verso la qualità e i titoli difensivi finché non si profilerà un percorso futuro più chiaro per l’attività economica e gli utili.
Definizioni
Il ClearBridge Recession Risk Dashboard è un gruppo di 12 indicatori che esaminano lo stato di salute dell’economia statunitense e le probabilità di una recessione.
Il CFO Survey, condotto dalla Duke University in collaborazione con le Federal Reserve Bank di Richmond e Atlanta, rileva le opinioni dei dirigenti di impresa sulle prospettive finanziarie delle loro aziende e sulle sfide che si trovano ad affrontare, nonché le loro aspettative sull’economia.
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) è un dato economico statistico che misura il valore di mercato di tutti i prodotti e servizi finiti realizzati in un paese in un determinato periodo di tempo.
Il modello GDPNow prevede la crescita del PIL aggregando 13 sottocomponenti che formano il PIL con la metodologia di ponderazione a catena utilizzata dall’U.S. Bureau of Economic Analysis (BEA).
L’Indice S&P 500 è un indice non gestito di 500 titoli che rappresentano in generale la performance delle società più grandi negli Stati Uniti.
Il Federal Reserve Board (“Fed”), è responsabile della formulazione di politiche statunitensi ideate per favorire la crescita economica, la piena occupazione, prezzi stabili e un modello sostenibile di scambi e pagamenti internazionali.
Il Federal Open Market Committee (FOMC) è un organismo politico del Federal Reserve System responsabile della formulazione di una politica concepita per promuovere la crescita economica, la stabilità dei prezzi e un modello sostenibile per il commercio e i pagamenti internazionali.
Una ripresa a V è un miglioramento rapido e netto di un’economia dopo una brusca flessione.
L’utile per azione (EPS) è la quota di utile di una società attribuita a ciascuna azione ordinaria in circolazione. L’EPS di un indice è una misura aggregata dell’EPS delle società che lo compongono.
Per Crisi Finanziaria Globale si intende lo sconvolgimento dell’economia che fece seguito al collasso di importanti banche d’investimento nel 2007-8, contrassegnato da una perdita di liquidità generale nei mercati del credito e cali dei prezzi azionari.
Il Bureau of Economic Analysis (BEA) è un’agenzia del Dipartimento del Commercio che elabora statistiche di conti economici che consentono al governo, agli organi decisionali degli affari, ai ricercatori e al pubblico americano di seguire e comprendere la performance dell’economia nazionale. Il BEA lo fa raccogliendo dati alla fonte, svolgendo ricerche e analisi, sviluppando e implementando metodologie di stime e diffondendo pubblicamente le statistiche.
Il Core Consumer Price Index (Core CPI) esclude i prezzi di alimentari ed energia, caratterizzati da volatilità su base mensile, dal paniere dei beni utilizzati per il calcolo del CPI.
QUALI SONO I RISCHI?
La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri. Va ricordato che non è possibile investire direttamente in un indice. I rendimenti degli indici non gestiti non tengono conto di commissioni, spese od oneri di vendita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e possibile perdita del capitale. I titoli obbligazionari comportano rischi legati a tassi d’interesse, di credito, di inflazione e rischi di reinvestimento, oltre alla possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende. Gli investimenti internazionali comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, incertezze sociali ed economiche e incertezze politiche che possono far aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti. Le materie prime e le valute sono più rischiose, comportando rischi che includono le condizioni di mercato, politiche, regolamentari e naturali, e possono non essere idonee per tutti gli investitori.
Treasury USA (UST) sono obbligazioni di debito dirette emesse e garantite dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui Treasury USA quando i titoli sono detenuti fino alla scadenza. A differenza dei Treasury USA, i titoli di debito emessi dalle agenzie federali e da enti paragovernativi e gli investimenti associati possono essere garantiti, ma non obbligatoriamente, dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Anche quando il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui titoli, tale garanzia non si applica a perdite risultanti da cali del loro valore di mercato.
