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IN QUESTO NUMERO

L’inflazione e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia dominano i notiziari nei media, oltre al contesto economico e finanziario. Negli Stati Uniti l’inflazione ha continuato ad accelerare, salendo a una media quasi del 7% a/a nei sei mesi fino a febbraio, da quasi il 6% degli ultimi 12 mesi (misurata dal Consumer Price Index, o CPI); gli ultimi tassi a/a hanno toccato nuovi massimi pluridecennali sia negli Stati Uniti che nell’area euro.1

Hanno avuto un ruolo anche gli shock esogeni negativi: il conflitto tra Russia e Ucraina ha dato il via a un aumento vertiginoso dei prezzi del petrolio, del gas e di varie materie prime non legate all’energia. Tuttavia, le politiche monetarie e fiscali eccezionalmente accomodanti avevano iniziato ben prima ad alimentare l’inflazione, creando le condizioni propizie affinché in base agli effetti secondari la pressione dell’inflazione si autoalimentasse: le dinamiche salariali hanno accelerato in un mercato dove la forza lavoro scarseggia, e le società stanno sfruttando il pricing power riconquistato.

La Federal Reserve ha finalmente accettato la realtà, inaugurando a marzo un nuovo ciclo di irrigidimento con un rialzo di 25 pb e segnalando altri sei rialzi per quest’anno, e quattro successivi. È possibile tuttavia che sia la Fed che i mercati stiano sottovalutando che cosa sarà necessario per riprendere il controllo sull’inflazione. Con l’inflazione headline che procede a un ritmo quasi dell’8% (il cambiamento a/a del CPI a febbraio), i tassi d’interesse reali sono fortemente negativi e le previsioni della stessa Fed implicano che continueranno ad essere negativi anche per buona parte dell’anno prossimo. La storia insegna tuttavia che i tassi di riferimento nominali devono salire oltre l’inflazione prima che questo tipo di dinamiche dei prezzi si allinei all’obiettivo della Fed.

Analogamente, i prezzi dei mercati finanziari tengono conto di un ciclo di rialzi della Fed breve, con successivi tagli dei tassi entro il 2024. Di conseguenza, la curva dei rendimenti si è appiattita, invertendosi per la prima volta dal 2019. Prendendolo per buono, ciò potrebbe indicare che o gli investitori si attendono che presto l’irrigidimento della Fed spingerà l’economia in recessione, o sono convinti che nel caso di una correzione di rilievo dei prezzi degli asset la Fed tornerà sui suoi passi e sosterrà i mercati con tagli dei tassi. Tuttavia la crescita dell’economia statunitense mantiene un impulso sufficiente, e l’inflazione elevata è diventata attualmente un problema politico e sociale tale che la Fed non può più permettersi di dare la priorità ai prezzi degli asset.

Temi macroeconomici

  • L’inflazione elevata è diventata un problema predominante economico e politico

Recenti shock esogeni, quali l’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia e i problemi delle catene di approvvigionamento, hanno contribuito a spingere l’inflazione a nuovi valori massimi, tuttavia le politiche monetarie e fiscali espansionistiche prolungate avevano alimentato le pressioni sui prezzi ben prima del conflitto Russia-Ucraina, preparando il terreno per pressioni autoalimentate dell’inflazione, compresa l’accelerazione delle dinamiche salariali.

  • La geopolitica è ancora una volta al centro della scena

La guerra tra Russia e Ucraina, oltre al tragico prezzo che stanno pagando le popolazioni convolte, segna prevedibilmente un punto di svolta per l’ordine economico globale e geopolitico. La globalizzazione degli scambi commerciali è già stata interrotta da barriere protezionistiche, accordi bilaterali e un aumento dell’aspirazione all’autosufficienza in termini di capacità manifatturiera. Potremmo assistere a una nuova battuta d’arresto della globalizzazione; questa volta, tuttavia, sarà sul fronte finanziario.

  • Le banche centrali non possono più sostenere i prezzi degli asset

Dopo oltre un decennio di politiche monetarie estremamente accomodanti, non è più possibile avvalersi dell'espansione fiscale e monetaria per contrastare gli shock negativi Nonostante la svolta aggressiva delle principali molto più persistente di quanto si attendessero all’origine i mercati, l’aggressività dell’irrigidimento politico potrebbe non essere ancora sufficiente per riprendere il controllo sui prezzi. I mercati a loro volta dovranno imparare nuovamente come adeguare il prezzo del rischio legato agli asset in assenza di una rete di sicurezza affidabile fornita dalla banca centrale.

Temi di portafoglio

  • Posizione a fronte di rialzi dei tassi

I mercati che attualmente scontano vari rialzi dei tassi negli Stati Uniti e nell’area euro, e la pressione dell’inflazione che impone azioni politiche decisive, creano un contesto difficile per gli investitori obbligazionari. Gli investitori dovrebbero cercare di limitare la propria esposizione alla duration e considerare classi di asset che possano continuare a fornire valore in periodi di rialzi dei tassi.

  • Prepararsi per una volatilità persistente

I mercati potrebbero ancora sottovalutare il periodo pluriennale, lungo e volatile di correzione e la dimensione dell’irrigidimento della politica monetaria che ci attende. I rischi tendono al rialzo, e ciò potrebbe condurre a un deciso aumento della volatilità nei mercati di asset, oltre a possibili drastiche correzioni del mercato. Gli investitori devono riesaminare i loro portafogli di investimenti per proteggersi dai drawdown e capitalizzare su opportunità generate da miglioramenti delle valutazioni.

  • Selettività e gestione attiva restano la strategia migliore

Siamo ancora convinti che un approccio alla gestione patrimoniale attivo basato sulla ricerca rappresenti tuttora il modo migliore per individuare e sfruttare le opportunità di investimento più vantaggiose. L’incertezza macroeconomica crescente e il repricing dei tassi reali porteranno a una maggiore volatilità in varie aree del mercato obbligazionario, e gli investitori devono adottare un approccio agile e attivo.



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