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INTRODUZIONE

Il dibattito sull’inflazione - e sulla direzione che i decisori politici dovrebbero intraprendere - si è intensificato negli ultimi mesi. In questo numero di Macro Perspectives, i nostri economisti discutono sui fattori che stanno alimentando l’inflazione e sulla reazione dei responsabili economici evitando di indebolire la crescita. Ci offrono punti di vista diversi sull’andamento - rialzista o ribassista - dell’inflazione nel corso dell’anno. Esploriamo inoltre i potenziali impatti di alcuni elementi: la svolta della Federal Reserve statunitense (Fed) in tema di tassi di interesse, l’incertezza alimentata da Omicron, la strategia macroeconomica della Cina e le aspettative salariali e occupazionali.

Di seguito riportiamo i punti salienti della nostra conversazione.

  • Penso che nei mercati prevalga un certo ottimismo sugli sviluppi della seconda metà del 2022 e si preveda una brusca discesa dell’inflazione. Lo ritengo un giudizio ottimistico perché molti dei fattori che guidano l’inflazione persisteranno nel tempo. La Fed è già indietro rispetto all’evoluzione della curva.
    Sonal Desai, Ph.D. Chief Investment Officer, Franklin Templeton Fixed Income
  • Siamo del parere che l’inflazione frenerà nel giro dei prossimi sei o dodici mesi. In un contesto nel quale si prevede un aumento dell’inflazione e magari la Fed esprime posizioni o attua politiche poco responsabili, tendono a crearsi profezie che si auto-avverano, ossia le persone si aspettano un aumento dei prezzi che le imprese trasformano in realtà.
    John Bellows, Ph.D., Portfolio Manager, Western Asset
  • Un tratto distintivo dell’economia statunitense riguarda l’offerta di lavoro, che non si è risollevata a dispetto di quanto avvenuto in altri Paesi sviluppati; a nostro avviso la carenza di posti di lavoro indurrà un aumento dei salari reali.
    Gene Podkaminer, CFA, Head of Research, Franklin Templeton Investment Solutions
  • La maggior parte dei Paesi tende a seguire la Fed, ma in questo ciclo abbiamo osservato aumenti dei tassi nettamente superiori a quelli della Fed, specie in America Latina. In Asia, diversi paesi sono riusciti a mantenere tassi più elevati durante l’intero ciclo della pandemia, riuscendo così ad attenuare gli effetti della stretta Fed. In queste regioni spiccano alcune valutazioni particolarmente interessanti in moneta locale.
    Michael Hasenstab, Ph.D., Chief Investment Officer, Templeton Global Macro
  • Sulla base delle valutazioni, alcune valute dei mercati emergenti ci sembrano interessanti. Molti mercati emergenti hanno innalzato i tassi d’interesse al punto che ora potrebbero iniziare a ridurli. Vediamo sorgere opportunità idiosincratiche in tutto il segmento dei mercati emergenti.
    Francis Scotland, Director of Global Macro Research, Brandywine Global

Spero che gli approfondimenti delle Prospettive macro vi aiutino nelle scelte di investimento.

Stephen Dover, CFA
Chief Market Strategist,
Franklin Templeton Investment Institute

In sintesi

Vi sono diversi elementi importanti da sottolineare.

Dalla pubblicazione delle Prospettive macro di novembre, molte cose sono cambiate. La diffusione della variante altamente infettiva Omicron di COVID-19 ha alimentato nuove incertezze sulla crescita economica. L’inflazione USA, che avanza speditamente, ha portato il presidente della Fed Jerome Powell a prospettare una stretta quantitativa (QT) e forse anche diversi aumenti dei tassi di interesse nel 2022. Nel frattempo, per la prima volta da due anni la banca centrale cinese ha operato un taglio al tasso di interesse ufficiale, nell’intento di stimolare la crescita. La futura evoluzione dell’inflazione e la conseguente reazione delle banche centrali e dei tassi d’interesse sono per i nostri economisti le principali questioni aperte. Di seguito, ho riassunto diversi punti chiave che hanno attirato la mia attenzione - questioni sulle quali torneremo certamente più avanti nel corso del 2022.

Gestire le aspettative

Quando ancora la Fed e i mercati finanziari sminuivano l’ascesa dei prezzi, definendo l’inflazione transitoria, Sonal ha capito che molte famiglie e imprese temevano gli effetti dei rialzi sul loro futuro potere di spesa e la deriva delle aspettative inflazionistiche sull’evoluzione dei salari e dei prezzi. Aveva concluso che le pressioni sui prezzi avessero solide fondamenta e non derivassero unicamente dall’aumento dei costi dei carburanti e degli alimenti. Da ciò, oltre che per i tempi abbastanza lunghi di normalizzazione delle catene di fornitura, la politica monetaria ancora eccezionalmente accomodante e la massiccia espansione fiscale, sarebbe conseguita un’accelerazione dell’inflazione nel 2021.

Figura 1: Tassi d’inflazione correnti rispetto al tasso target della banca centrale

Al 31 dicembre 2021

Fonti: Fed, Bank of Canada, Banca Centrale Europea, Bank of England, Bank of Japan, Reserve Bank of Australia, China National Development and Reform Commission, Statistics Canada, Japanese Statistics Bureau, Ministro degli affari interni e delle comunicazioni (Giappone), Banca dei regolamenti internazionali, Bloomberg, Macrobond. Vedere la nota 3. Comunicazioni e condizioni importanti del fornitore dei dati sono disponibili sul sito web www.franklintempletondatasources.com.

Come sottolineato da Gene e John, le aspettative inflazionistiche possono innescare nelle famiglie cambiamenti comportamentali che portano paradossalmente ad accentuare l’inflazione - creando un circolo vizioso. Come esempio di contenimento delle aspettative inflazionistiche Gene ricorda Paul Volker, presidente della Fed nei primi anni ’80, che con le parole e i fatti ha saputo convincere sulla seria volontà della Fed di contenere l’inflazione.

Tornando al 2022, Sonal sottolinea che diversi membri della Fed stanno contemplando la possibilità di una stretta quantitativa, vale a dire di una riduzione del bilancio Fed di poco inferiore a 9.000 miliardi di dollari. A suo dire un approccio Fed di stampo aggressivo e interventista, anziché improntato a passi graduali, potrebbe essere giustificato dalla volontà di evitare l’inflazione di lungo periodo. Sonial ritiene che l’approccio della Fed sia in chiaro ritardo rispetto all’evoluzione della curva e che la lotta all’inflazione dovrebbe assumere toni più decisi. Pensa anche che le ripercussioni politiche dell’inflazione rendano più probabile l’assunzione di una posizione aggressiva.

Secondo John la Fed dovrebbe valutare attentamente un approccio troppo aggressivo, frenando possibilmente la crescita economica, e ritiene più probabili una stretta graduale e rialzi incrementali dei tassi. A suo dire, benché i livelli dei risparmi siano elevati negli Stati Uniti, quest’anno i consumatori non spenderanno che una piccola parte dei risparmi accumulati durante il COVID-19. Analizzando le dinamiche comportamentali dell’ipotesi del reddito permanente,1 John pensa che i trasferimenti dello scorso anno legati agli stimoli fiscali contro il COVID-19 spingeranno probabilmente i consumatori statunitensi a trattenere nel 2022 una quota più elevata dei loro risparmi, invece di continuare a spendere. Una volta che avvierà la stretta monetaria, osserva John, la Fed si troverà in cassa tutti i Treasury USA acquistati nel 2020, ossia 80 miliardi di USD al giorno.2 È probabile che la proposta di ridurre il colossale bilancio della Fed di appena 100 miliardi di dollari al mese non inciderà granché sui rendimenti delle obbligazioni a lungo termine.

Le interruzioni delle catene di approvvigionamento e il mercato del lavoro

Secondo Michael, quest’anno possiamo prevedere un’attenuazione delle interruzioni della catena di approvvigionamento che fanno impennare i prezzi delle materie prime per beni come il carburante e gli alimentari. Molti Paesi stanno infatti adottando politiche di “convivenza con il COVID” al fine di evitare i danni dei lockdown. Per l’Europa, dove i prezzi dell’energia sono stati la causa principale dell’inflazione, si tratta di una buona notizia. Molto più complicato, tuttavia, è il problema della crescita dei salari e della carenza di manodopera negli Stati Uniti. Storicamente, proprio il mercato del lavoro genera di solito l’inflazione più vischiosa. Michael pensa che gli Stati Uniti stiano registrando una crescita salariale molto maggiore rispetto a regioni come l’Europa, in gran parte a causa di tre fattori specifici degli Stati Uniti.

Figura 2: Percentuale di piccole imprese statunitensi che hanno aumentato o aumenteranno i salari

Al 31 dicembre 2021

Fonti: National Federation of Independent Business, Macrobond. I dati sono tratti dal Sondaggio sulle piccole imprese condotto negli Stati Uniti dalla National Federation of Independent Business. Comunicazioni e condizioni importanti del fornitore dei dati sono disponibili sul sito web www.franklintempletondatasources.com.

In primo luogo, il costo elevato delle abitazioni ha spinto molte persone fuori dai mercati del lavoro regionali degli Stati Uniti - poiché semplicemente non possono permettersi di vivere dove molte aziende stanno assumendo. In secondo luogo, una drastica flessione dell’immigrazione legale e illegale negli Stati Uniti sta provocando carenze di manodopera. In terzo luogo, una coorte di lavoratori più anziani sta optando per un pensionamento anticipato, spesso spostandosi in regioni a basso costo per accrescere il valore dei risparmi accumulati. Sia per Michael che per Francis, la crescita dei salari negli Stati Uniti rappresenta una grande incognita per l’inflazione e merita di essere seguita con attenzione perché è legata alla produttività e alla crescita economica. Se le imprese statunitensi riusciranno a trasferire gli aumenti salariali sui prezzi al consumo, l’inflazione potrebbe crescere. A sua volta, questa escalation potrebbe spingere la Fed ad attuare politiche più robuste di quelle previste attualmente, rendendo così più probabile una frenata della crescita USA.

La strategia macroeconomica della Cina

A livello di economia globale, Francis ritiene eccessivi i timori di una brusca frenata economica in Cina. In passato, i mercati emergenti hanno spesso seguito le orme della Fed in tema di rialzi dei tassi. Nel corso di tutta la pandemia, tuttavia, la Cina ha gestito in autonomia il COVID-19 e la sua economia. Con il recente taglio dei tassi della Cina, Francis intravede l’inizio di un ciclo graduale di reflazione, diverso da quello in atto negli Stati Uniti, che aiuterà a stimolare il potente motore di crescita della Cina. A breve, la Cina dovrebbe chiudere gli stabilimenti produttivi per garantire un cielo terso durante le Olimpiadi invernali di Pechino. In seguito, però, è probabile che il governo cinese farà ricorso al suo ampio set di strumenti politici per assecondare la crescita economica, al contempo evitando di innescare l’inflazione.

Figura 3: Crescita del PIL reale della Cina

Al 31 dicembre 2021

Fonti: China National Bureau of Statistics, Macrobond. Comunicazioni e condizioni importanti del fornitore dei dati sono disponibili sul sito web www.franklintempletondatasources.com.

Gene, tuttavia, è più cauto sulla crescita economica della Cina. Con la politica nazionale di tolleranza zero verso il COVID-19, che comporta lockdown totali e si associa a vaccini locali di minore efficacia, Gene mette in discussione le ipotesi che prefigurano il mantenimento in Cina di una traiettoria di crescita stabile. Nel complesso, il team di Gene è meno ottimista sulla Cina e su alcune economie emergenti che adottano rigorose politiche di azzeramento dei contagi da COVID-19 poiché strozzano la crescita economica. La preferenza va ad economie più aperte come il Canada, il Giappone, gli Stati Uniti e l’Eurozona.

Vaccinati e sereni

Abbiamo chiuso la nostra discussione su una nota di rinnovata positività. Nonostante la diffusione della variante Omicron, altamente trasmissibile, Michael percepisce un palpabile ottimismo tra i decisori politici mondiali; Omicron causa infatti una mortalità ridotta rispetto alle varianti precedenti. Le nazioni con tassi di vaccinazione più elevati e/o un’estesa immunità di gregge possono sperare di gestire il COVID-19 come un virus endemico con cui è possibile convivere.

Come ci ha ricordato Gene, tutti i problemi macroeconomici che affrontiamo con regolarità (inflazione, shock dell’offerta, crescita dei salari, politiche monetarie e rallentamento della crescita economica) sono legati ad un catalizzatore: il COVID-19. Riuscendo a convivere con il COVID-19 in modo sicuro, potremmo recuperare i livelli tendenziali di crescita economica antecedenti la pandemia. Per i consumatori statunitensi significa ripristinare il trend consolidato caratterizzato da maggiori servizi, come le cene al ristorante, l’intrattenimento e i viaggi, anziché acquistare quasi esclusivamente beni. Questa evoluzione favorirebbe anche una più rapida normalizzazione delle catene di approvvigionamento globale, poiché si attenuerebbero i rischi di ritardi nelle spedizioni e di carenze di manodopera a causa del COVID-19.

Come comportarsi

Date le prospettive incerte, specialmente per l’inflazione, secondo i nostri gestori un approccio bottom-up più marcato riuscirebbe più efficacemente a generare rendimenti e gestire il rischio. Per esempio, l’utilizzo di prodotti a spread e la diversificazione globale possono ridurre la necessità di riservare tanta attenzione al livello più o meno alto dell’inflazione futura.



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