CONTRIBUTORI

Sam Peters, CFA
Portfolio Manager
ClearBridge Investments
Punti salienti
- Il valore delle esposizioni value rispetto alle omologhe growth è ritornato sui massimi storici, spinto dall’estrema concentrazione dei primi sette titoli dell’Indice S&P 500.
- La continua espansione dei multipli azionari, abbinata ai rialzi dei tassi d’interesse nel 2023, ha fatto passare in secondo piano i rischi crescenti e creato un contesto che ricorda il “lunedì nero” del 1987.
- L’investimento value assicura agli investitori importanti vantaggi a fronte di queste condizioni sempre più estreme, offrendo una possibile protezione dai ribassi del mercato nonché un interessante potenziale di rendimento relativo nel caso la concentrazione di mercato diminuisca.
Uno degli obiettivi del nostro processo consiste nell’identificare gli estremi insostenibili da sfruttare a nostro vantaggio, in particolare quando, di riflesso al comportamento degli investitori, le valutazioni azionarie scontano un grado eccessivo di ottimismo o di pessimismo. Attualmente il mercato continua a puntare con fiducia su un atterraggio morbido dell’economia e sul persistente dominio delle mega cap statunitensi con il loro profilo growth. Siamo del parere che questo zelante ottimismo abbia messo in ombra i rischi sempre maggiori posti dalla pericolosa combinazione creata dall’espansione dei multipli azionari e dall’aumento dei tassi di interesse.
Oggi il mercato presenta valutazioni tutt’altro che uniformi: sugli indici statunitensi ha un assetto ribassista, offrendo al contempo un’eccellente opportunità per cercare titoli erroneamente prezzati ma con fondamentali solidi al di fuori del gruppo concentrato di pesi massimi all’interno di questi indici. Il valore delle esposizioni value rispetto alle omologhe growth è ritornato sui massimi storici, spinto dall’estrema concentrazione dei primi sette titoli dell’Indice S&P 500 (Figura 1). Mai prima d’ora un numero tanto ridotto di titoli ha richiamato tanta liquidità, e il rischio potrebbe rivelarsi un buco nero e pesare sui rendimenti a causa dell’accresciuta volatilità creata dall’aumento delle correlazioni.
Figura 1: Concentrazione e spread ai massimi storici: value spread e concentrazione delle “Big Seven”

Al 31 agosto 2023. Fonte: FactSet Research, ClearBridge Investments. Gli indici non sono gestiti e non è possibile investire direttamente in essi. La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri.
La correlazione tra i primi sette titoli è parimenti elevata (Figura 2), soprattutto se confrontata con il resto del mercato che presenta correlazioni a coppie relativamente basse. Si rileva inoltre una correlazione estremamente ridotta tra gli stili value e growth, il che fornisce un ottimo motivo per diversificare con posizioni value eventuali esposizioni agli indici statunitensi ponderati per la capitalizzazione di mercato (Figura 3).
Figura 2: Le “Big Seven” sono altamente correlate: correlazione media delle prime sette mega cap statunitensi

Al 31 agosto 2023. Fonte: Bloomberg, ClearBridge Investments. Gli indici non sono gestiti e non è possibile investire direttamente in essi. La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri.
Figura 3: Gli stili value e growth rimangono scarsamente correlati: correlazione tra i fattori su base mobile

Al 31 agosto 2023. Fonte: FactSet. Gli indici non sono gestiti e non è possibile investire direttamente in essi. La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri.
L’osservazione fondamentale è che gli indici riflettono un’incertezza estremamente bassa, scontando un atterraggio morbido e un balzo della crescita favorito dall’intelligenza artificiale (IA). Tuttavia, constatiamo che la concentrazione del mercato è dovuta quasi esclusivamente a un’impennata dei multipli di valutazione, nonostante il continuo aumento dei tassi reali e del costo del capitale. Questa situazione non è sostenibile, a meno che i tassi di interesse non diminuiscano gradualmente come farebbero in uno scenario di “soft landing” o la crescita non registri una decisa accelerazione.
Questa combinazione di espansione dei multipli azionari e aumento significativo dei tassi d’interesse ha inoltre creato una terza palese anomalia: un potenziale di rischio estremo che ricorda il crollo del “lunedì nero” del 1987. Tra il gennaio e l’agosto di quell’anno i multipli azionari aumentarono del 25% circa. Per contro, nello stesso periodo, i multipli di interesse effettivi (basati sulla differenza tra il rendimento iniziale e quello corrente, e usati per descrivere l’attrattiva di un’obbligazione priva di rischio) sono scesi del 30% circa. Dall’inizio del 2023 i multipli di valutazione azionari sono cresciuti del 39% circa, mentre quelli relativi ai rendimenti reali effettivi sono calati di quasi il 29%, una realtà che viene trascurata a favore delle attese ottimistiche di un atterraggio morbido. Anche se non intravediamo di certo un evento di questo genere all’orizzonte, le analogie sono troppo evidenti per essere ignorate.
Le azioni value continuano a offrire agli investitori importanti vantaggi a fronte di queste condizioni sempre più estreme, e riteniamo che questo sia il momento ideale per proteggersi dai rischi onerosi associati all’elevata concentrazione degli indici statunitensi. I titoli value rimangono vicini ai livelli più convenienti che abbiano mai raggiunto rispetto alle azioni growth con duration lunga, e probabilmente non hanno mai rappresentato un’assicurazione migliore contro il ribasso degli indici. Di conseguenza, gli investitori value dispongono degli strumenti che servono non solo per proteggere il capitale nell’eventualità di una flessone del mercato, ma anche per realizzare rendimenti relativi potenzialmente interessanti a fronte di una diminuzione degli attuali livelli estremi di concentrazione del mercato.
Crediamo di essere ben posizionati per affrontare una nuova sorpresa sul fronte delle aspettative di consensus, che dovrebbe contribuire a smussare alcuni degli estremi del mercato azionario. Nel frattempo, aspettiamo serenamente questo cambio di rotta, in quanto le basse correlazioni tra titoli value e growth possono rendere il percorso più fluido.
Definizioni
L’Indice S&P 500 è un indice non gestito di 500 titoli che rappresentano in generale la performance delle società più grandi degli Stati Uniti.
Il 19 ottobre 1987, passato alla storia come il “Lunedì nero”, fu per Wall Street un giorno di infamia in cui una serie di ribassi pronunciati e inattesi devastarono i mercati globali.
QUALI SONO I RISCHI?
La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri. Va ricordato che non è possibile investire direttamente in un indice. I rendimenti degli indici non gestiti non tengono conto di commissioni, spese od oneri di vendita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e possibile perdita del capitale. I titoli obbligazionari comportano rischi legati a tassi d’interesse, di credito, di inflazione e rischi di reinvestimento, oltre alla possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende. Gli investimenti internazionali comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, incertezze sociali ed economiche e incertezze politiche che possono far aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti. Materie prime e valute sono più rischiose, comportando rischi che includono le condizioni di mercato, politiche, regolamentari e naturali, e possono non essere idonee per tutti gli investitori.
I Treasury USA (UST) sono obbligazioni di debito dirette emesse e garantite dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui Treasury USA quando i titoli sono detenuti fino alla scadenza. A differenza dei Treasury USA, i titoli di debito emessi dalle agenzie federali e da enti paragovernativi e gli investimenti associati possono essere garantiti, ma non obbligatoriamente, dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Anche quando il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui titoli, tale garanzia non si applica a perdite risultanti da cali del loro valore di mercato.
