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In occasione della riunione odierna del Federal Open Market Committee (FOMC), la Federal Reserve (Fed) ha lasciato i tassi invariati. È stata la terza riunione consecutiva a concludersi con lo stesso risultato. Il presidente della Fed Jerome Powell ha affermato che in caso di necessità la Fed potrebbe tornare ad alzare i tassi, tuttavia le sue affermazioni al riguardo sono state molto meno categoriche rispetto a riunioni precedenti. Il presidente Powell sembra essere d’accordo con il mercato nel ritenere che il rialzo del luglio scorso sia stato l’ultimo di questo ciclo.

Comprensibilmente, la discussione si è quindi concentrata sulle prospettive di tagli dei tassi, e soprattutto sui possibili tempi di tagli nel 2024. Il presidente Powell ha indicato che non vi sono tagli dei tassi all’orizzonte immediato, tuttavia vi sono molti scenari nei quali potrebbero diventare appropriati in un futuro non troppo lontano. Riteniamo utile inquadrare i tagli tenendo conto della necessità che i tassi siano così elevati. Per anticipare la nostra conclusione: se l’inflazione dovesse avvicinarsi all’obiettivo e la crescita a quella tendenziale, i tassi d’interesse dovrebbero essere vicini a neutrali, piuttosto che restare al livello elevato indicato nelle previsioni della Fed.

Il contesto economico

L'inflazione è diminuita notevolmente rispetto al picco dell’anno passato. Negli ultimi tre mesi, l’indice dei prezzi del Personal Consumption Expenditure (PCE) core, è aumentato a un tasso annualizzato del 2,3%. Poco più di un anno fa, il tasso di rialzo annualizzato era del 5,5%. Il drastico calo dell’inflazione realizzata rispecchia un’ampia fascia di miglioramenti. I prezzi delle merci sono scesi, considerando che le catene di fornitura hanno ripreso a funzionare regolarmente e la domanda di beni si è normalizzata rispetto a quella di servizi. Il mercato del lavoro si è allentato, con un conseguente rallentamento della crescita dei salari. Ciò ha contribuito a una moderazione del ritmo di inflazione del settore dei servizi. Con un rallentamento della crescita dei redditi e un aumento nell’offerta di abitazioni multi-family, gli aumenti degli affitti mensili avvicinandosi a un azzeramento. Inoltre vi sono motivi per attendersi che persista la moderazione dell’inflazione, soprattutto nel settore dei servizi, considerando che con il tempo un mercato del lavoro sempre più accomodante farà svanire una delle preoccupazioni principali ereditate dall’era del Covid.

A differenza del calo costante dell’inflazione negli ultimi 18 mesi, la crescita del PIL ha avuto un andamento notevolmente più volatile. Verso la metà del 2022 la crescita aveva toccato il minimo, quando sembrava che la riapertura post-pandemia avesse completato il suo corso. Successivamente, nella primavera del 2023 vi è stato uno spavento legato alle banche regionali e l’irrigidimento delle condizioni di finanziamento. Ciò ha lasciato poi il passo a qualche mese di una crescita sorprendentemente rapida nell’estate 2023, trainata da un aumento dei consumi e alimentata da una crescita dei posti di lavoro più veloce del previsto. Negli ultimi tempi sembra essere sopravvenuto un nuovo rallentamento della crescita, e gli ultimi dati sono coerenti con un ritmo di crescita tendenziale fino alla fine del 2023.

Quale sarà l’avvenire della crescita economica? I forecaster pessimisti puntano allo spavento delle banche regionali nella primavera scorsa come antecedente a un irrigidimento più drastico delle condizioni finanziarie. Quelli ottimisti citano il rapido aumento della crescita nell’estate come una prova che gli impatti di tassi d’interesse elevati potrebbero non essere così deleteri come previsto da molti. Molto probabilmente, la verità è più o meno nel mezzo. Tassi d’interesse elevati e rigide condizioni per i finanziamenti sono un ostacolo, soprattutto per settori che contano su investimenti di lungo termine (ad es. abitazioni e manifattura). I prezzi persistentemente elevati predispongono anche a un rallentamento dei consumi, considerando che in generale la crescita del reddito non ha tenuto il passo con l’inflazione. Allo stesso tempo, il rallentamento sarà attenuato dalla stabilità generale fondamentale alla base dell’economia statunitense. Le vulnerabilità che nel passato avevano portato a recessioni sono chiaramente assenti nel panorama odierno dell’economia. Ad esempio, il debito privato non è a livelli preoccupanti, né per le imprese né per le famiglie.

Come sono arrivati a questo punto i tassi d’interesse?

I responsabili della politica monetaria aspirano ad essere predittivi e stabilire politiche al livello più appropriato per il contesto futuro. Le loro previsioni tuttavia assegnano inevitabilmente un peso sproporzionato al punto di partenza, e sono pertanto di natura alquanto retrospettiva. Ciò appare particolarmente chiaro oggi, considerando che secondo le previsioni della Fed i tassi d’interesse resteranno al livello attuale mentre il comitato “procede con cautela” riguardo a qualsiasi mossa futura. Una domanda utile nel valutare questa previsione è: come sono arrivati i tassi d’interesse al livello attuale compreso tra il 5,25% e il 5,5%? Ovviamente, tassi d’interesse elevati erano una risposta al grave episodio inflazionistico del 2021-2022, ma perché si è raggiunto questo livello specifico?

In occasione della riunione del FOMC a giugno 2022, quando l’episodio inflazionistico era già piuttosto avanzato e il ritmo dei rialzi della Fed aveva accelerato a 75 pb in ciascuna riunione, il presidente Powell aveva affermato che un rialzo dei tassi dei Fed Fund nella fascia tra il 3,5% e il 4,0% sarebbe stato sufficientemente restrittivo. Questa guidance è stata superata per più dell’1% dal tasso attuale. Potenzialmente, la differenza potrebbe essere dovuta a stime aggiornate dei tassi neutrali. Le stime di tassi neutrali avevano perso tuttavia qualsiasi validità per il presidente Powell come parametro di riferimento utile per la politica e la proiezione del tasso politico medio in un periodo più lungo è ancora inferiore al 3%. Una spiegazione più probabile è che l’episodio inflazionistico sia durato qualche mese più del previsto, obbligando la Fed a continuare ad alzare i tassi ancora per qualche altra riunione, rispetto al previsto.

Una dinamica analoga sembra essere stata all’ordine del giorno in quest’ultima estate. In occasione della riunione del FOMC a marzo di quest’anno, la Fed prevedeva tassi d’interesse al 3% per la fine del 2025. Successivamente vi è stata una correzione al rialzo, e la previsione odierna è stata del 3,5%-3,75%. Come già in passato, il motivo della revisione al rialzo è più probabilmente l’andamento dei dati recenti dell’economia: in questo caso, l’aumento della crescita nel terzo trimestre, piuttosto che variazioni nelle stime della politica appropriata per i prossimi due anni.

Le implicazioni sono significative. L’inflazione è diminuita. I pochi mesi in più di inflazione elevata erano meno un sintomo di forze inflazionistiche più profonde, e più una questione di tempi. Analogamente, il ritmo della crescita non è stato sostenuto da quest’ultima estate in poi. L’esuberanza della crescita di appena qualche mese fa attualmente sembra essere stata malriposta, o perlomeno eccessiva. Pertanto due dei motivi per cui i tassi d’interesse sono saliti al livello attuale potrebbero non essere più rilevanti. Ciò solleva qualche dubbio sulle previsioni di tassi d’interesse che dovrebbero restare ai livelli attuali per qualsiasi periodo di tempo.

Perché è necessario che i tassi d’interesse siano elevati?

Se il punto di partenza della Fed fosse una nuova prospettiva, potrebbe arrivare a una previsione alquanto diversa. Secondo noi il contesto più probabile per i prossimi due anni è che l’inflazione si avvicinerà all’obiettivo del 2% della Fed e la crescita dell’economia sarebbe più o meno tendenziale. In effetti è quello che suggeriscono le previsioni della Fed: nel Summary of Economic Projections pubblicato oggi l’inflazione core è al 2,2% e la crescita del PIL all’1,8% nel 2025. In tale contesto economico, è strano che la Fed preveda anche un tasso politico appropriato vicino al 4% alla fine del 2025. Appena qualche trimestre fa, il presidente Powell aveva affermato che il livello dei tassi sarebbe stato considerato restrittivo. Un’inflazione vicina all’obiettivo e una crescita vicina a quella tendenziale comporterebbero normalmente una politica vicina a neutrale, piuttosto che restrittiva.

Qualcuno potrebbe obiettare che il tasso d’inflazione previsto del 2,3% non è uguale al 2%, e quindi una politica restrittiva continuerebbe ad essere giustificata. Questa prospettiva secondo noi è erronea, dal momento che ignora una delle lezioni chiave apprese dall’era pre-Covid. Prima del Covid, la Fed (e altre banche centrali) era preoccupata quando il tasso dell’inflazione si scostava dall’obiettivo per poche decine di un punto percentuale. Questo senso di falsa precisione ha portato a una serie di decisioni politiche che, con il senno del poi, comprendevano un chiaro caso di eccessiva ingegnerizzazione. Sarebbe stato più saggio tollerare modeste deviazioni dall’obiettivo di inflazione e risparmiare sugli strumenti politici disponibili per reagire agli shock che si verificano inevitabilmente. Ciò risale al contesto di disinflazione opportunistico affrontato dal presidente Greenspan negli anni Novanta.

Attualmente l’economia statunitense sembra essersi avviata verso un periodo di inflazione vicina all’obiettivo della Fed e di crescita vicina a quella tendenziale. Sarebbe opportuno chiedere alla Fed se in questo contesto sia necessario che i tassi continuino ad essere elevati. Dal nostro punto di vista, non è necessario.



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