Paul Mielczarski, Head of Global Macro Strategy, e Katie Klingensmith, Investment Specialist, analizzano il quadro generale dell'inflazione statunitense e gli aspetti su cui è concentrata attualmente l’attenzione della Federal Reserve. Esaminano le implicazioni per la curva dei Treasury, le valute e le economie globali.
Soltanto un anno fa i mercati erano concentrati sui rischi di recessione. Ora, l'opinione del consensus depone a favore di un atterraggio morbido dell'economia statunitense. Tuttavia, la Federal Reserve (Fed) statunitense resta in attesa e potrebbe mantenere i tassi più alti ancora a lungo. Un'analisi più approfondita del quadro dell'inflazione può gettar luce su ciò che ci attende in termini di prospettive macroeconomiche, curva dei rendimenti dei Treasury, valute ed economie globali.
L’inflazione in primo piano
Nonostante alcune sorprese al rialzo nel primo trimestre, sono già stati compiuti progressi significativi nei confronti dell'inflazione statunitense. Inoltre, i dati di aprile hanno evidenziato una certa moderazione, che ci aspettiamo continui nei prossimi mesi. Gli aumenti del primo trimestre si sono concentrati nei prezzi del settore dei servizi, come gli affitti e le assicurazioni auto, dove i tempi di reazione sono particolarmente lunghi e non riflettono necessariamente le condizioni economiche attuali. Nel frattempo, l'inflazione dei prezzi dei beni è già bassa e c'è spazio per ulteriori diminuzioni in futuro.
Posti di lavoro contro crescita
Si cominciano a intravedere dei progressi nella normalizzazione del mercato del lavoro. Al tempo stesso, una solida crescita economica è stata sostenuta da una forte crescita della popolazione e della produttività. Nonostante questa crescita interessante del prodotto interno lordo (PIL), il tasso di disoccupazione è aumentato leggermente. Questa tendenza suggerisce che può esistere una crescita forte senza esercitare pressioni al rialzo sulla capacità produttiva e senza infiammare corrispondenti pressioni inflazionistiche.
In futuro, ci aspettiamo una certa moderazione della crescita statunitense accompagnata da un riequilibrio di alcuni propulsori, come i consumi. Sebbene negli ultimi due anni abbiamo assistito a una certa debolezza dell'attività manifatturiera e dell'edilizia abitativa, è probabile che questi settori agiscano meno da freno sulla crescita. Allo stesso tempo, i consumi di servizi privati e la spesa pubblica hanno apportato un contributo straordinario alla crescita che prevediamo rallenterà in futuro.
Atterraggio morbido o un po’ più duro?
A nostro avviso, la politica monetaria è restrittiva e costituisce un ostacolo alla crescita economica. I segnali di queste condizioni restrittive sono visibili nella crescita debole del credito al settore privato, nelle tensioni del mercato immobiliare commerciale, nelle morosità delle carte di credito e nelle rilevazioni poco incoraggianti dei sondaggi sulla fiducia delle piccole imprese. Nel frattempo, il consensus sta virando verso una view di atterraggio morbido, che costituisce presumibilmente lo scenario più probabile, soprattutto se la Fed riuscirà a tagliare i tassi verso la fine di quest'anno. Ma, al tempo stesso, è importante riconoscere che questo è stato un ciclo economico incredibilmente insolito, senza confronti storici evidenti. Rimaniamo aperti alla possibilità di una recessione. In ultima analisi, stiamo tenendo i dati economici sotto stretto controllo. Se dovessimo intravedere un rallentamento più consistente dei consumi o della spesa per i servizi, magari in concomitanza con una maggiore pressione fiscale, potremmo assistere a una flessione più marcata della domanda di lavoro e a un aumento più significativo del tasso di disoccupazione, portando potenzialmente l'economia su un sentiero più recessivo.
La funzione di reazione della Fed
Anche se ci aspettiamo che l'inflazione continui a calare, non è detto che torni ai livelli visti prima della pandemia. Nel decennio precedente la pandemia, la Fed ha costantemente mancato il target di inflazione, con valori che sono scesi eccessivamente. In futuro, potrebbe essere più realistico aspettarsi un'inflazione più in linea con l'obiettivo del 2%, se non addirittura leggermente superiore. Probabilmente la Fed non aspetterà che l'inflazione scenda al di sotto del target, ma attuerà un allentamento quando sarà certa che il suo valore sarà sulla strada giusta.
Se la nostra view sull'inflazione fosse corretta, ci aspettiamo almeno due tagli di 25 punti base quest'anno, anche se l'economia si mantiene resiliente. I tassi sono restrittivi e ancora a livelli elevati. Se l'inflazione progredisce verso il target, l'economia non ha bisogno dell'attuale grado di restrizione. Inoltre, la Fed prevede che il tasso di disoccupazione sarà al 4% entro la fine dell'anno. Non ci vorrà molto per finire l'anno al di sopra di questo obiettivo. Se dovessimo assistere a un aumento anche solo moderato del tasso di disoccupazione, potremmo dover registrare anche un allentamento più aggressivo delle politiche.
A favore dell’obbligazionario
Consideriamo interessanti i rendimenti nominali dei Treasury a 10 anni intorno al 4,5%, dato che è improbabile che la Fed debba aumentare ancora i tassi. Riteniamo invece plausibili diversi scenari in cui i tassi vengono tagliati in misura maggiore rispetto alle attuali aspettative del mercato che prevedono tagli dei tassi di circa 150 punti base nei prossimi tre anni. Le obbligazioni possono offrire pertanto un’asimmetria interessante agli investitori. Entrando in un ciclo programmatico, gli investitori potrebbero voler avvicinarsi maggiormente al tratto a breve della curva dei rendimenti. Tuttavia, in una prospettiva di più lungo termine, rendimenti reali a 10 anni compresi tra il 2% e il 2,25%, sono piuttosto allettanti e generalmente coerenti con il sottostante tasso di crescita tendenziale dell'economia. Al contempo, le azioni statunitensi sono costose in base a un'ampia gamma di misure di valutazione e il premio per il rischio azionario si attesta sui livelli più bassi degli ultimi 20 anni. In una prospettiva di medio termine, se si considera una stima plausibile del rendimento reale delle azioni statunitensi nei prossimi 10 anni, riteniamo che lo spread favorisca di fatto l’obbligazionario. Per gli investitori con un orizzonte di medio o più lungo termine, riteniamo che questo sia un buon momento per spostare parte del rischio dall’azionario all’obbligazionario.
Guardando oltre gli Stati Uniti
Rispetto agli Stati Uniti, generalmente le altre economie sviluppate hanno registrato una crescita economica più debole negli ultimi due anni. In alcuni paesi, come il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda, il passaggio dalla stretta monetaria all'aumento dei costi dei mutui ha causato un impatto negativo maggiore e più rapido sulla crescita. In Europa, parte della sottoperformance della crescita è stata causata da un forte shock delle ragioni di scambio in seguito all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Anche le differenze nelle risposte di politica fiscale alla pandemia rappresentano considerazioni importanti. Poiché la loro risposta fiscale alla pandemia è stata molto più aggressiva e duratura rispetto ad altre economie di mercato sviluppate, gli Stati Uniti potrebbero affrontare un payback maggiore.
Iniziano ad emergere segnali di miglioramento della crescita anche al di fuori degli Stati Uniti. Il calo dell'inflazione sta facendo aumentare i redditi reali, sostenendo un aumento dei consumi. Le indagini sulla fiducia delle imprese mostrano un graduale miglioramento. Diverse banche centrali al di fuori degli Stati Uniti, come la Banca Nazionale Svizzera, la Banca Centrale Svedese, la Banca Centrale Europea, la Bank of England e la Bank of Canada, stanno già tagliando i tassi di interesse o sono pronte a farlo a breve, il che dovrebbe favorire la crescita economica futura di questi paesi.
Implicazioni per gli investimenti
In una prospettiva di medio termine, riteniamo che il dollaro sia costoso rispetto alle valute dei mercati sviluppati ed emergenti. Al contempo, il tasso esente da rischio degli Stati Uniti è ancora molto elevato, soprattutto rispetto ad altre economie del G10, il che significa che il dollaro potrebbe rimanere caro ancora per un po'. Tuttavia, i segnali che farebbero apparire giustificato un ciclo di allentamento più aggressivo della Fed indicherebbero anche l'opportunità di essere corti sul dollaro su una base più ampia. Mentre l'attenzione è rivolta attualmente alla traiettoria dell'inflazione statunitense e alla tempistica del primo taglio dei tassi della Fed, il focus si sposterà sulle elezioni entro agosto o settembre. L'esito delle elezioni di novembre potrebbe portare a cambiamenti significativi nelle politiche commerciali, fiscali e di altro tipo degli Stati Uniti, che potrebbero innescare forti oscillazioni sui mercati valutari.
La nostra attenzione si è concentrata sulle valute dell'America Latina, che in genere offrono un mix interessante di valutazioni favorevoli, tassi reali elevati e fondamentali economici discreti. Anche gli attivi obbligazionari di questi mercati sono interessanti, con paesi come il Messico e il Brasile che offrono rendimenti reali del 5-6% su titoli di Stato in valuta locale. In generale, vediamo un contesto favorevole per l’obbligazionario statunitense, compresi i Treasury e i titoli ipotecari garantiti da agenzie. Riteniamo che il ciclo di allentamento della politica della Fed fornisca un contesto favorevole a questi asset.
Definizioni:
Un punto base (pb) è un centesimo di un punto percentuale (1/100% o 0,01%).
Il Gruppo dei Dieci (G-10 o G10) si riferisce al gruppo di paesi che avevano concordato di partecipare ai General Arrangements to Borrow (GAB), un accordo per fornire al Fondo Monetario Internazionale (FMI) fondi aggiuntivi destinati a irrobustire la sua capacità di accordare finanziamenti.
La curva dei rendimenti mostra la relazione tra rendimenti e date di scadenza per una classe analoga di obbligazioni.
QUALI SONO I RISCHI?
La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri. Va ricordato che non è possibile investire direttamente in un indice. I rendimenti dell'indice non gestito non riflettono commissioni, spese od oneri di vendita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e possibile perdita del capitale. I titoli obbligazionari comportano rischi legati a tassi d’interesse, di credito, di inflazione e rischi di reinvestimento, oltre alla possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende. Gli investimenti internazionali comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, incertezze sociali ed economiche e incertezze politiche che possono far aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti.
I Treasury USA sono obbligazioni dirette emesse e garantite dalla “piena fiducia e dal credito” del governo degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui Treasury USA quando i titoli sono detenuti fino alla scadenza. A differenza dei Treasury USA, i titoli di debito emessi dalle agenzie federali e da enti paragovernativi e gli investimenti associati possono essere garantiti, ma non obbligatoriamente, dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Anche quando il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui titoli, tale garanzia non si applica a perdite risultanti da cali del loro valore di mercato.


