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In primo piano: Donald Trump torna alla Casa Bianca

Donald Trump è il presidente eletto degli Stati Uniti. Con la maggioranza rossa al Senato, e probabilmente anche alla Camera dei Rappresentanti, è plausibile che i Repubblicani dominino entrambe le Camere del Congresso. Se si confermerà questo scenario, il presidente eletto non incontrerà ostacoli nell’implementazione delle sue politiche, che potranno concentrarsi su tagli delle imposte, aumento dei dazi, deregolamentazione e controlli più rigidi sull’immigrazione.

Secondo i gestori di portafoglio del Templeton Global Equity Group (TGEG), i tagli delle imposte saranno vantaggiosi per le imprese statunitensi in termini di margini e crescita degli utili. L’imposizione di dazi più elevati potrebbe tradursi in un rimpatrio dell’attività manifatturiera, ma potrebbero sorgere problemi per le aziende che dipendono da catene di approvvigionamento globali, anche nei settori dell’industria, dei consumi e della tecnologia. Ci aspettiamo anche un focus sullo sviluppo delle infrastrutture, con il settore del petrolio e gas tra i possibili beneficiari, mentre gli sforzi di deregolamentazione potrebbero favorire il settore bancario e quello delle grandi aziende tecnologiche.

Imposte più basse e il rally di Trump

L’agevolazione dei tassi fiscali è stata uno degli elementi centrali della politica proposta nel primo mandato del presidente eletto (gennaio 2017-gennaio 2021), quando, tra i vari cambiamenti, il Tax Cuts and Jobs Act (TCIA) aveva ridotto l’imposta federale sulle imprese dal 35% a una flat tax del 21%. Una serie di voci del TCJA scadrà alla fine del 2025, ma è probabile che il presidente eletto cerchi di estendere o potenziare alcuni benefici fiscali. Questi tentativi comprenderebbero una riduzione selettiva dell’imposta sulle imprese al 15%, a vantaggio delle aziende statunitensi che producono e assumono a livello nazionale.

In generale, imposte più basse dovrebbero incrementare i margini delle imprese statunitensi, in un momento di inflazione persistente e accelerazione della crescita salariale che premono sugli utili societari. Uno sgravio fiscale potrebbe incoraggiare la crescita degli utili e fornire alle imprese la flessibilità per aumentare i rendimenti dei propri azionisti.

Gli sgravi fiscali fanno inoltre parte dei presupposti del cosiddetto “effetto Trump”, che nel 2017 aveva innescato un rally del 19% per l’Indice S&P 500 durato tutto l’anno. Da una prospettiva temporalmente più estesa, il mercato statunitense ha da sempre accolto con favore la netta vittoria del Partito Repubblicano alla Casa Bianca e al Congresso, come illustrato nella Figura 1.

Figura 1: I mercati azionari statunitensi sono stati storicamente favoriti dalla vittoria del partito Repubblicano sia alla Casa Bianca sia al Congresso

Mediana su 12 mesi del rendimento storico delle azioni statunitensi dopo una vittoria elettorale del Partito Repubblicano
dal 1990

Fonte: BCA Research. A ottobre 2024. L’indice S&P 500 è utilizzato per rappresentare gli Stati Uniti. Gli indici non sono gestiti e non è possibile investire direttamente in essi. Non tengono conto di commissioni, spese e oneri di vendita. La performance del passato non costituisce un’indicazione di risultati futuri. Per maggiori informazioni sui fornitori di dati si rimanda al sito web www.franklintempletondatasources.com.

Ciò nonostante, non crediamo sia un dato di fatto che le azioni statunitensi assisteranno d’ora in avanti a un altro prolungato mercato rialzista, poiché gli attuali tassi d’interesse e valutazioni azionarie sono notevolmente più elevati rispetto al 2017. Nel frattempo, è opportuno prestare attenzione alle preoccupazioni riguardanti l’aumento dei deficit fiscali degli Stati Uniti, dovuto a un calo dei ricavi fiscali, che potrebbe incrementare i rendimenti dei Treasury e generare volatilità per i prezzi degli asset.

Possibili effetti dell’aumento dei dazi su determinate industrie statunitensi ed economie asiatiche

Un altro elemento fondamentale della linea politica proposta del presidente eletto, ”America First”, riguarda l’aumento dei dazi sulle importazioni per rendere gli scambi commerciali più equi per gli Stati Uniti. In questa fase, è ancora incerto se il presidente eletto intenda procedere con l’incremento dei dazi fino al 60% – rischiando eventualmente di risvegliare l’inflazione negli Stati Uniti – o se intenda utilizzare queste proposte come tattica negoziale con i principali partner commerciali, specialmente la Cina.

L’effettivo aumento dei dazi impatterebbe in particolar modo le imprese statunitensi che si riforniscono di merci e materiali da fonti globali, come per esempio le aziende dei settori industriale – tra cui i produttori di strumenti e macchinari – informatico – tra cui le aziende produttrici di hardware e dispositivi – e quello dei consumi – tra cui i produttori di abbigliamento. Oggi molte di queste società si affidano interamente a catene di approvvigionamento estere. Dazi più elevati metteranno in discussione il proprio potere di determinazione dei prezzi e la capacità di trasferire sui clienti costi maggiori senza perdere quote di mercato. Potrebbe anche essere loro imposto di trasferire gli stabilimenti, riorganizzare le filiere e investire nel potenziamento della produttività, interventi costosi che richiedono lunghi tempi di realizzazione.

All’estero, l’obiettivo degli aumenti dei dazi statunitensi dovrebbe essere rivolto alle imprese che hanno sede in Asia, data la notevole eccedenza commerciale dei paesi della regione rispetto agli Stati Uniti. Sette delle 10 economie più importanti con la maggiore eccedenza commerciale rispetto agli Stati Uniti si trovano in Asia.1 La Cina potrebbe essere maggiormente colpita dall’incremento dei dazi, rischiando un calo delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Il paese si sta già confrontando con una serie di dazi implementata dal presidente in carica Joe Biden, tra cui un’imposta del 100% sulle vetture elettriche cinesi. Con tutta probabilità il presidente eletto insisterà sull’utilizzo di dazi come strumento politico.

Infrastrutture energetiche e deregolamentazione

Lo sviluppo delle infrastrutture dovrebbe continuare a costituire una priorità nazionale, replicando iniziative analoghe a quelle del primo mandato del presidente eletto. Su questo fronte, il tema dell’energia sarà uno dei punti cardine. Gli Stati Uniti hanno l’impellente necessità di migliorare la resilienza della propria rete elettrica e aumentare la produzione di energia per soddisfare le esigenze delle attività industriali e della digitalizzazione. In particolare, la crescita dell’intelligenza artificiale (IA) generativa e i data center richiederanno un notevole fabbisogno di energia, con i data center che si stima potrebbero consumare entro il 2030 fino al 9% dell’energia totale generata annualmente negli Stati Uniti, vale a dire il doppio del fabbisogno attuale.2

Riteniamo che le politiche in materia di investimenti energetici promuoveranno fonti di energia più tradizionali, come gli impianti di produzione a gas e nucleare. Anche il settore delle utility può trarre vantaggio da queste politiche, considerando gli investimenti degli Stati Uniti volti alla crescita e alla stabilizzazione delle risorse elettriche. Tuttavia, le prospettive delle utility dipendono fortemente da normative locali, equilibrio tra offerta e domanda regionale, costo dei finanziamenti e tipologia di alimentazione per generare energia. In futuro, la performance del settore sarà piuttosto eterogenea. Ci aspettiamo nuovi ostacoli per le industrie legate al tema della transizione energetica. La soppressione dei sussidi per i veicoli elettrici (EV) rappresenta un rischio potenziale, ma, a nostro avviso, negli Stati Uniti persisterà il trend verso la transizione alla mobilità EV.

Un altro aspetto noto dell’agenda politica del presidente eletto è l’alleggerimento delle normative relative alle imprese. Nel suo primo mandato, per esempio, aveva deciso di smantellare molte politiche e controlli legati al clima e all’ambiente. Tuttavia i tentativi volti alla deregolamentazione potrebbero avere una portata più ampia, con potenziali vantaggi per le banche e le grandi aziende tecnologiche. Ad esempio, si prevede che la nuova amministrazione alleggerirà la pressione normativa su Wall Street, riducendo il controllo sulle banche, la protezione dei piccoli investitori e le attività del mercato dei capitali in generale. Molti si aspettano anche una Federal Trade Commission meno rigida, che riteniamo potrebbe risultare in un’impostazione più rilassata nei confronti delle big tech e delle loro questioni anti-concorrenziali. Un percorso più agevole per le approvazioni di fusioni e acquisizioni, rigidamente controllate durante la presidenza di Biden, è tendenzialmente positivo per le big tech e i loro investitori. Questo permetterà loro di consolidare più efficacemente la propria quota di mercato e di realizzare un aumento dell’utile complessivo per il settore.

Prospettive di investimento

Nel mercato statunitense, attualmente vediamo il valore maggiore nei settori finanziari, dei servizi di comunicazione, della sanità e dei materiali. In particolare, crediamo che le banche statunitensi offrano un valore interessante, grazie all’accelerazione degli utili, alla minore incertezza sul fronte normativo e alla riduzione dei costi di finanziamento derivante dai tagli dei tassi d’interesse. In Asia, eventuali aumenti dei dazi statunitensi, se messi in atto, potrebbero avere un impatto determinante sui settori tecnologico e dei consumi. Alcune banche asiatiche potrebbero sovraperformare, e la nostra convinzione riguardo alle banche giapponesi rimane molto solida. In Europa, il presidente eletto potrebbe contribuire a un peggioramento delle già incerte prospettive macro; tuttavia, continuiamo a preferire le azioni di small e mid cap europee, che hanno dimostrato di poter garantire una crescita più forte nel lungo termine. Inoltre la dispersione delle loro valutazioni rispetto alle large cap è generalmente maggiore, favorendo una selezione più mirata dei titoli.

Nord America

A nostro avviso, una presidenza Trump avrà chiare implicazioni per le imprese statunitensi. Imposte più basse dovrebbero favorire le aziende statunitensi in generale, tuttavia l’aumento dei dazi eserciterà una pressione sui settori che dipendono da filiere estere; il contraccolpo maggiore potrebbe colpire i settori dell’informatica, dell’industria e dei consumi. Potrebbe delinearsi un contesto normativo più favorevole, potenzialmente vantaggioso per le big tech e le banche statunitensi. Tuttavia con un maggiore focus della nuova amministrazione sullo sviluppo delle infrastrutture per l’energia tradizionale, potrebbero aumentare i fattori negativi legati alle energie rinnovabili e alla transizione energetica.

Mentre valuteremo le nostre tesi d’investimento a mano a mano che le politiche del presidente eletto prenderanno forma, TGEG continua a operare nel mercato statunitense con la disciplina che contraddistingue Templeton e un approccio bottom-up ai fondamentali. Tenendo questo a mente, troviamo al momento il maggior valore nei settori finanziari, dei servizi di comunicazione, della sanità e dei materiali. In particolare, riteniamo che il valore più convincente sia offerto dalle banche statunitensi, grazie all’accelerazione degli utili, alla riduzione dell’incertezza normativa e al calo dei costi di finanziamento derivante dai tagli dei tassi d’interesse. Nel settore sanitario, continuiamo ad apprezzare la forte generazione di un cash flow libero, le valutazioni ragionevoli e la crescita degli utili a due cifre, guidata sia da catalizzatori vicini e visibili nel tempo, sia da fattori tradizionali come l’invecchiamento della popolazione. Nel settore dei materiali, continuiamo a privilegiare le aziende di materiali da costruzione che offrono forti vantaggi economici, così come le aziende di imballaggio e di metalli industriali che, secondo la nostra analisi, dispongono di bilanci solidi, buone posizioni di costo ed esposizione positiva ai driver di domanda strutturali, come l’elettrificazione e la transizione all’energia verde. Al contempo siamo più selettivi nei settori della tecnologia dell’informazione, dell’industria e dei beni di consumo discrezionali negli Stati Uniti, date le opportunità più convincenti che riscontriamo in altre regioni.

Asia

L’esito delle elezioni presidenziali statunitensi ha generalmente impatti negativi per l’Asia. Vediamo i settori tecnologico e dei consumi tra quelli che potrebbero essere influenzati da dazi più alti negli Stati Uniti, se implementati. L’Asia è la spina dorsale del settore globale della tecnologia dell’informazione, con numerosi fornitori chiave di semiconduttori e hardware. Dazi più elevati, uniti a una corsa alla diversificazione delle filiere al di là dei paesi colpiti dai suddetti dazi, potrebbero portare a un’inflazione dei prezzi. Nel frattempo, riteniamo sia opportuno monitorare la performance delle banche asiatiche, e tenere a mente la sovraperformance dei titoli delle banche di Singapore e dell’India durante il precedente mandato del presidente eletto. Le banche giapponesi dovrebbero continuare a beneficiare della normalizzazione della politica monetaria della Bank of Japan, una tendenza ben consolidata dall’andamento ascendente dei tassi a lungo termine statunitensi, indipendentemente dall’esito elettorale.

In generale, le elezioni statunitensi non hanno sostanzialmente modificato le nostre tesi sull’investimento e l’approccio in Asia. In Giappone, dove si sono svolte le elezioni generali alla fine del mese scorso, il trend positivo in termini di inflazione e tassi d’interesse normalizzati rimane invariato. Le azioni giapponesi continuano a offrire opportunità di incremento strutturale dei rendimenti, pur essendo ancora negoziate a un prezzo che consideriamo scontato rispetto alle azioni omologhe dei mercati sviluppati. In Cina, una recente serie di misure di stimolo ha entusiasmato gli investitori, ma a nostro avviso le aspettative politiche sono diventate eccessive. Questo ottimismo potrebbe rendere il mercato vulnerabile a delusioni e volatilità. Ci aspettiamo che le azioni cinesi e di Hong Kong continuino a oscillare nel breve termine, mentre gli investitori valutano l’impatto sui prezzi di una possibile lenta ripresa della crescita in Cina.

Europa

In generale, indicatori economici deboli e un sentiment pessimista continuano a gravare sulle prospettive di consenso per le azioni europee. Il presidente eletto degli Stati Uniti presenterà ulteriori sfide per le relazioni tra USA ed Europa, le prospettive di commercio globale e la sicurezza geopolitica nella regione. Le nostre principali opinioni sull’investimento locale rimangono, tuttavia, quasi del tutto invariate.

Continuiamo a nutrire prospettive positive riguardo alle opportunità offerte dai titoli di small e mid cap europee, un settore in cui vediamo ancora molte delle imprese di maggior valore in Europa. Storicamente, le società europee con una capitalizzazione minore hanno dimostrato trend di crescita più forti sul lungo termine. Un’altra caratteristica interessante delle small cap internazionali è la loro maggiore dispersione di valutazione rispetto alle large cap, che, secondo la nostra opinione, offre maggiori opportunità per una selezione accurata dei titoli migliori. Detto questo, il segmento delle SMID tende a essere più ciclico e i loro bilanci sono generalmente più deboli rispetto a quelli delle società di maggiori dimensioni. Recentemente, il contesto di crescita macroeconomica, caratterizzato da uno sviluppo economico debole e dall’aumento dei tassi d’interesse, è stato particolarmente difficile per questa asset class. Questo scenario ha reso anche la selezione dei titoli più complessa.

Dopo una forte domanda durante la pandemia di COVID-19, che ha causato interruzioni nelle filiere e sconvolto i livelli delle giacenze, la Cina presenta un ulteriore livello di complessità. In passato, la Cina è stata il mercato con la crescita più rapida per molte società europee, ma attualmente sta attraversando un contesto deflazionistico. D’altra parte, in Cina continuiamo a registrare opportunità entusiasmanti. Certi titoli di alta qualità, che storicamente sono stati scambiati con multipli molto elevati, sono recentemente entrati nel nostro radar dopo un declassamento del 20%-30% dovuto alla normalizzazione della domanda. Stiamo valutando queste opportunità e prevediamo che alcuni di essi entreranno a far parte del nostro portafoglio.

Continuiamo a raffinare e adeguare la nostra strategia di portafoglio, concentrandoci su attività robuste con una gestione efficace e caratteristiche strutturali favorevoli sul lungo termine. Nel breve termine, miriamo a capitalizzare sulle opportunità derivanti da una maggiore crescita economica e un potenziale calo dei tassi d’interesse, mantenendo al tempo stesso alcune esposizioni difensive.

Rassegna di mercato: Ottobre 2024

Le azioni globali, misurate dall’indice MSCI All Country World3 in dollari USA, hanno registrato un calo nel mese di ottobre 2024. Le azioni dei mercati sviluppati e di frontiera hanno sovraperformato l’indice globale, mentre quelle dei mercati emergenti hanno sottoperformato. In termini di stile d’investimento, i titoli growth globali hanno modestamente sovraperformato le azioni value globali.

Con le preoccupazioni degli investitori riguardo alla crescita economica e ai cicli di riduzione dei tassi d’interesse da parte delle principali banche centrali, uniti all’incertezza legata alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti di inizio di novembre, le azioni globali sono scese. Sul fronte economico, l’attività manifatturiera globale è rimasta generalmente debole a ottobre, mentre secondo le stime preliminari per lo stesso mese l’attività dei servizi continuava a espandersi in molte regioni.



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