CONTRIBUTORI

Stephen Dover, CFA
Head of Franklin Templeton Institute

Kate Lakin
Director of Research and Portfolio Manager–US Research Strategies
Putnam Investments

Mike Salm
Senior Vice President, Fixed Income
Franklin Templeton Fixed Income
Il mercato azionario ha fatto molta strada da aprile scorso, quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump annunciò un piano per incrementare i dazi sui paesi di tutto il mondo ai livelli più alti da un secolo a questa parte. I prezzi delle azioni statunitensi sono crollati nel corso di diversi giorni. Anche i Treasury, normalmente considerati un "bene rifugio", hanno perso valore. Da allora, alcuni dazi sono entrati in vigore mentre altri sono stati rinviati, le scadenze sono state ricalibrate e i negoziati con la maggior parte dei paesi continuano. Tuttavia, all'inizio di luglio, l'Indice S&P 500 si era ripreso raggiungendo un nuovo massimo storico, e i rendimenti nei mercati obbligazionari mostravano stabilità.
Per un aggiornamento sui mercati e sul sentiment degli investitori nei confronti dei dazi, ho affrontato un dibattito con due professionisti di Franklin Templeton: Michael Salm, un gestore di portafoglio del team obbligazionario di Franklin Templeton, e Kathryn Lakin, Direttore della Ricerca di Putnam Equity.
Ripresa del mercato azionario
I dazi hanno inizialmente rappresentato una seria preoccupazione per i mercati perché i livelli erano inaspettati. La percezione del mercato era che l’aliquota sarebbe stata del 10%, ma l’annuncio del 2 aprile ha riguardato cifre molto più elevate, con aliquote diverse assegnate ai vari partner commerciali. La media complessiva era di circa il 40% e il mercato è andato nel panico per alcuni giorni. I mercati si sono stabilizzati quando è diventato chiaro che i livelli annunciati facevano parte di una negoziazione e poi molti di essi sono stati sospesi per 90 giorni.
I mercati hanno impiegato del tempo per sviluppare un modello quantitativo migliore in grado di analizzare le diverse aliquote annunciate per i vari paesi e settori. Ora gli investitori possono recepire rapidamente ed efficacemente le informazioni in evoluzione e quantificare l’impatto di eventuali nuovi dazi. Ad esempio, il settore automobilistico ha affrontato una serie di impatti, inclusi i dazi su acciaio, alluminio e altri materiali, oltre ai dazi generali. Le stime sugli utili concordate dagli analisti sono state riviste al ribasso, e l’andamento delle azioni da allora ha riflesso il fatto che le stime riviste erano in gran parte accurate.
In questo momento, i mercati ritengono che l’impatto netto consista in un aumento dei livelli dei dazi, passando da una media di circa il 2% prima degli annunci a circa il 15% attualmente e per il futuro. Naturalmente, questo livello potrebbe cambiare poiché le negoziazioni con la maggior parte dei paesi sono ancora in corso. Sebbene permanga una certa incertezza, è improbabile che si verifichi una volatilità di mercato simile a quella di aprile, poiché gli investitori hanno ora maggiore fiducia nella loro capacità di analizzare gli sviluppi in evoluzione. Se i livelli finali dovessero essere molto superiori al 15%, ciò potrebbe avere un impatto negativo sulle azioni, ma il mercato è meglio preparato per un’aliquota del 15%. Un’aliquota finale più bassa potrebbe invece rappresentare una buona notizia per i titoli azionari.
Vale anche la pena notare che un’ampia gamma di titoli ha partecipato alla ripresa del mercato azionario da aprile in poi. Si tratta di un cambiamento di tendenza rispetto ai due anni precedenti, quando le Magnifiche Sette (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, NVIDIA e Tesla) guidavano con un ampio margine. L’ampiamento del rally è un tema che il Franklin Templeton Institute ha evidenziato nella sua ricerca.
Impatto economico limitato
Il peso dei dazi commerciali ricadrà probabilmente sui consumatori, anche se le aziende, compresi gli importatori statunitensi e gli esportatori stranieri, potrebbero assorbire parte dei costi. I nostri team considerano un’aliquota tariffaria effettiva di circa il 15% simile a un’imposta nazionale sulle vendite del 3% sui consumi.
I dazi stanno arrivando in una grande varietà di forme, dai dazi generali a quelli settoriali applicati a beni importanti come acciaio, alluminio, rame o a settori strategici come l’automotive e la farmaceutica. Le famiglie possono risentire in modo diverso degli effetti sul proprio bilancio, a seconda del reddito e dei beni importati che acquistano. A livello macroeconomico, tuttavia, sembra che la fiducia dei consumatori e la spesa stiano tenendo, nonostante i costi aggiuntivi.
Le grandi aziende affrontano la situazione in modo diverso. Gli analisti azionari osservano che stanno posticipando i progetti più importanti, ma senza annullarli, il che è un segnale positivo. Stanno semplicemente aspettando di poter valutare meglio dove sarà più vantaggioso investire dal punto di vista finanziario.
In sintesi, i nostri esperti non ritengono che l’impatto dei dazi sarà abbastanza rilevante da compromettere la crescita economica. Ritengono che la crescita del PIL possa scendere fino a circa l’1% più avanti nel corso dell’anno, per poi risalire intorno al 2%.
Sebbene i costi più elevati generino naturalmente timori di inflazione, questo sembra rappresentare un rischio minore rispetto a quanto inizialmente temuto da alcuni investitori. Secondo l’analisi del team, imposte medie del 15% aumenterebbero l’inflazione complessiva di circa l’1,5%, ma non costituirebbero una fonte duratura di incertezza sui prezzi.
Il calo del valore del dollaro statunitense quest’anno non rappresenta una fonte di preoccupazione significativa per i nostri team. Dopotutto, il dollaro sta scendendo da livelli record, il che significa che è ancora relativamente forte rispetto agli standard storici. Inoltre, la causa del calo sembra essere legata in larga misura alle variazioni nei differenziali dei tassi d’interesse tra gli Stati Uniti e i principali partner commerciali. All’inizio, nel mezzo del caos legato ai dazi, alcuni esperti avevano ipotizzato che gli investitori stranieri si stessero allontanando dai mercati statunitensi, ma negli ultimi mesi ci sono pochi segnali di un’avversione globale verso gli asset americani.
Opportunità di investimento ampie e diversificate
La diversificazione è un tema che i nostri professionisti hanno enfatizzato. Ci sono opportunità attraenti nei mercati internazionali e in molti settori dei mercati azionari e obbligazionari. Le azioni internazionali, per esempio, hanno avuto buone performance quest'anno, con molti paesi che hanno addirittura superato gli Stati Uniti, beneficiando, in parte, dell'apprezzamento delle loro valute rispetto al dollaro statunitense. Inoltre, diversi mercati internazionali stanno attuando importanti cambiamenti economici, inclusi consistenti piani di stimolo, come Germania, Giappone e Canada. La Germania è uno degli esempi più significativi. Si distingue perché per lungo tempo ha mantenuto una disciplina fiscale con bassi livelli di indebitamento. Oggi, però, sta introducendo un piano per aumentare del 70% la spesa in infrastrutture e altri obiettivi nei prossimi cinque anni.
Nell'ambito obbligazionario, la diversificazione è utile anche come strumento di gestione del rischio, poiché gli spread sono generalmente contenuti: non c'è un'area o un settore che offra opportunità eccezionali. I titoli high-yield, ad esempio, secondo la nostra view, non sono diventati più rischiosi a causa dell'incertezza legata ai dazi, ma non c'è nemmeno motivo di privilegiarli. Un ampio posizionamento nei settori obbligazionario e nei mercati internazionali è attraente e consentirebbe flessibilità qualora si presentassero nuove opportunità.
Maggiore stabilità in attesa di ulteriori sviluppi
I nostri team indicano che, a tre mesi dall’adattamento al cambiamento storico nella politica dei dazi, i mercati si trovano in una condizione più stabile. La negoziazione degli accordi commerciali definitivi con i paesi di tutto il mondo richiederà tempo e i mercati continuano a osservare con attenzione, ma ora dispongono di strumenti migliori per comprendere i titoli e le decisioni in evoluzione.
QUALI SONO I RISCHI?
Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita del capitale.
Le società e/o i case study citati in questo numero sono utilizzati a scopo puramente illustrativo; al momento non sono necessariamente detenuti investimenti da alcun portafoglio cui Franklin Templeton fornisce consulenza. Le informazioni fornite non costituiscono una raccomandazione o una consulenza finanziaria individuale per alcun titolo, strategia o prodotto d’investimento specifici, e non costituiscono indicazione delle intenzioni di negoziazione di alcun portafoglio gestito da Franklin Templeton.
La diversificazione non garantisce utili, né protegge contro una perdita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e a possibili perdite del capitale investito.
I titoli obbligazionari comportano rischi legati ai tassi d’interesse, al credito, all’inflazione e al reinvestimento, nonché la possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende. Le variazioni del rating di un’obbligazione o della solidità finanziaria o del merito di credito di un emittente, assicuratore o garante di obbligazioni possono influire sul valore del titolo. Le obbligazioni high yield con un rating basso sono soggette a una maggiore volatilità dei prezzi, una liquidità scarsa e il rischio di insolvenza.
Gli investimenti internazionali sono soggetti a rischi speciali, tra cui fluttuazioni valutarie e incertezze sociali, economiche e politiche, che potrebbero aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti.
WF: 6198629
