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Uno sguardo al passato

Gli ultimi anni non sono stati particolarmente favorevoli alle azioni small-cap, quantomeno rispetto alle società più capitalizzate. Il vantaggio storico delle small-cap rispetto alle large-cap, spesso correlato a una maggiore volatilità, si è progressivamente eroso. In quella che, ai fini di questa lettera, chiameremo la “Vecchia normalità”, le società small-cap registravano generalmente rendimenti superiori nel lungo termine, pur affrontando una volatilità maggiore, mentre le società di maggiori dimensioni mostravano rendimenti inferiori ma con performance più costanti. Dall’introduzione degli Indici Russell il 31/12/78, un modello simile ha spesso caratterizzato gli investimenti value e growth: i primi hanno in genere beneficiato di performance migliori nel lungo periodo, mentre i secondi hanno mostrato una volatilità più elevata, ma spesso anche performance particolarmente interessanti nel breve periodo.

Certamente, vi sono state eccezioni a questi modelli, e la persistenza della leadership poteva protrarsi per diversi anni. Ad esempio, le small-cap, e in particolare le small-cap value, hanno dominato le performance dal picco della bolla di Internet nel marzo 2000 fino ai massimi di mercato nell’estate del 2007, che hanno preceduto la Grande crisi finanziaria del 2008-09. Guardando indietro, qualsiasi percorso di uscita da quella serie di eventi sismici e di ritorno alla normalità, o a qualcosa di simile, era destinato ad essere tortuoso e incerto. Inoltre, abbiamo dovuto affrontare ostacoli nuovi e inaspettati, il più grande dei quali è stata la pandemia di Covid-19, che ha spinto i governi a ridurre ulteriormente i tassi e a immettere flussi di liquidità costanti ed elevati nell’economia. L’attuale fase di predominio delle large-cap, caratterizzata dalla supremazia delle azioni mega-cap nel gruppo dei titoli ad alta capitalizzazione, risale al 2011, quando un brusco e intenso ciclo ribassista si protrasse da aprile a ottobre, alimentato dai timori di un’imminente recessione. Questo periodo di 14 anni ha inoltre favorito le small-cap growth rispetto alle value. I due grafici sottostanti mostrano gli spread per i rendimenti medi mobili mensili a 3 anni, prima per gli Indici Russell 2000 e Russell 1000 e poi per gli Indici Russell 2000 Value e Growth, dalle loro date di lancio condivise fino al 31/12/24.

Avvicendamento nella leadership tra small-cap e large-cap

Lo spread dei rendimenti totali annui calcolati come media mobile mensile a 3 anni per gli indici Russell 2000 e Russell 1000, 31/12/81-31/12/24

Fonte: Russell Investments. La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri.

Avvicendamento nella leadership tra small-cap value e growth

Lo spread dei rendimenti totali annui calcolati come media mobile mensile a 3 anni per gli indici Russell 2000 Value e Russell 2000 Growth, 31/12/81-31/12/24

Fonte: Russell Investments. La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri.

Il 2024 ha quindi segnato l’ottavo anno consecutivo di sottoperformance delle small-cap rispetto alle large-cap. Infatti, il Russell 2000 ha superato il Russell 1000 solo in quattro degli ultimi 20 anni solari, durante i quali il differenziale medio di sovraperformance delle large-cap è stato del 6,1%. Le small-cap hanno superato le large-cap per l’ultima volta nel 2016, facendo del periodo conclusosi il 31/12/24 il più esteso ciclo di sottoperformance misurato in anni solari dall’istituzione di ciascun indice. Pur essendo consapevoli di quanto a lungo abbiamo invocato un periodo prolungato di leadership delle small-cap, vediamo all’orizzonte diversi segnali promettenti per una fase di leadership prolungata dei titoli small-cap.

Le valutazioni favoriscono la leadership delle small-cap statunitensi?

Si è scritto e parlato molto, con preoccupazione, delle valutazioni molto alte del mercato azionario statunitense negli ultimi 12-18 mesi. Vogliamo offrire un’alternativa a quello che ci sembra un punto di vista limitato sui prezzi delle azioni. La maggior parte di queste osservazioni ha usato l’S&P 500 per rappresentare l’intero mercato, a volte includendo il Nasdaq Composite o il Nasdaq 100. Non contestiamo l’idea che le valutazioni delle large-cap siano insostenibilmente elevate. Tuttavia, le valutazioni delle small-cap sono ancora attraenti rispetto a quelle delle large-cap, e alla fine del 2024 erano ancora vicine ai loro minimi relativi rispetto alle large-cap degli ultimi 25 anni, usando la metrica di valutazione dell’indice che adottiamo maggiormente: il rapporto tra il valore d’impresa degli ultimi 12 mesi e gli utili prima degli interessi e delle imposte, ovvero LTM EV/EBIT. Il grafico sotto mostra chiaramente questa situazione, rivelando anche che questo ampio spread di valutazione persiste da più di cinque anni.

Le valutazioni relative delle small-cap rispetto alle large-cap sono prossime ai minimi degli ultimi 25 anni

LTM EV/EBIT* mediani, Russell 2000 vs. Russell 1000 (società con EBIT negativi escluse), dal 31/12/1999 al 31/12/2024.

Fonte: FactSet *Valore d’impresa/Utili al lordo di interessi e imposte.

Poiché la sottoperformance delle small-cap rispetto alle large-cap ha raggiunto un punto estremo, non deve sorprendere che anche la ponderazione delle small-cap nell’indice Russell 3000 fosse vicina al minimo storico alla fine del 2024. Ugualmente, se non più importante, è la valutazione più attraente delle small-cap che è stata riscontrata in tutti gli 11 settori. Queste disparità nelle valutazioni settoriali tra small-cap e large-cap sono notevoli, soprattutto in aree ampie e diversificate come la tecnologia dell’informazione, l’industria, la finanza e i beni di consumo voluttuari. Questi dati avvalorano ulteriormente l’idea che, a differenza dei colossi ad altissima capitalizzazione come Nvidia o Apple che sono forse prezzati a livelli estremamente elevati, l’universo small-cap può nascondere occasioni interessanti (infatti, la capitalizzazione di mercato di Apple alla fine del 2024 era pari al 122% dell’intero Russell 2000).

Estesa sottovalutazione in tutta l’asset class dei titoli small-cap

EV/EBIT* mediani, Russell 2000 e Russell 1000 (EBIT negativi escl.) per settore, al 31/12/2024.

Fonte: FactSet *Valore d’impresa/Utili al lordo di interessi e imposte.

Tuttavia, dal nostro punto di vista di specialisti small-cap, l’aspetto più rilevante riguarda le valutazioni di molte società dell’asset class che continuano a essere negoziate a prezzi interessanti su base assoluta in diversi settori, tra cui: macchinari, semiconduttori e apparecchiature per semiconduttori, mercati dei capitali, apparecchiature elettroniche, strumenti e componenti, banche, costruzioni e ingegneria, assistenza sanitaria ed energia.

Guadagnarsi la leadership di mercato

Per quanto interessanti, le valutazioni assolute e relative delle società small-cap bastano raramente a far salire le quotazioni dei loro titoli. Siamo soliti dire che la psicologia guida il mercato nel breve termine, ma gli utili lo guidano nel lungo termine. Nei mercati azionari statunitensi, si prevede che gli utili saranno piuttosto solidi nel 2025: il consenso attuale indica una crescita degli utili per azione (EPS) del 15% per il Russell 1000, insieme ai risultati da positivi a consistenti anticipati per il quarto trimestre 2024, che sono in fase di pubblicazione e acquisteranno slancio sempre maggiore per le small-cap con l’avanzare del mese di febbraio. Le stime di consenso per l’EPS del Russell 2000, tuttavia, sono considerevolmente più alte rispetto a quelle delle large-cap nel 2025, e segnano un ragguardevole 89,3% contro il 30,9% del Russell 1000.

Crescita media degli utili prevista per il 2025-2026

Crescita aggregata stimata dell’EPS biennale per indice

Fonte: FactSet. L’utile per azione (EPS) è la quota di utile di una società attribuita a ciascuna azione ordinaria in circolazione. Le stime di crescita dell’EPS indicano il tasso medio di crescita biennale dell’EPS, pre-calcolato dagli analisti delle società di intermediazione. Sono la media delle stime fornite dagli analisti di società di intermediazione che forniscono una copertura della ricerca su ogni singolo titolo riportato da FactSet. Sono esclusi tutti i titoli non azionari, le società d’investimento e le società senza copertura degli analisti di brokerage.

L’analisi dei dati sugli utili deve considerare il contesto attuale: il Russell 2000 ha terminato il 2024 dopo due anni di recessione degli utili, rendendo plausibile un rimbalzo significativo. Inoltre, è importante ricordare che oltre il 40% delle società nel Russell 2000 non registra utili al momento. È altrettanto rilevante ricordare che i nostri portafogli generalmente includono società con una storia di utili consolidata o con un catalizzatore per la ripresa degli utili, individuato dai nostri team di investimento.

Cosa succede dopo periodi di bassi rendimenti per le small-cap USA?

Al 31/12/2024, il rendimento totale annuo medio a 3 anni del Russell 2000 era dell’1,2%, ben al di sotto del 10,5% raggiunto dal rendimento medio mobile mensile a 3 anni dell’indice small-cap dal suo lancio. Questo numero, estremamente insoddisfacente, riesce forse a spiegare al meglio le frustrazioni degli investitori in small-cap. Tuttavia, potrebbe anche suggerire che risultati positivi siano in arrivo. Infatti, come mostra il grafico sotto, dopo passati periodi di bassi rendimenti le small-cap hanno ottenuto ottimi risultati nei 3 anni successivi.

Nel 99% deli casi, a periodi di bassi rendimenti sono seguiti rendimenti triennali positivi

Performance successiva media annualizzata su 3 anni per il Russell 2000 dopo intervalli di rendimenti annualizzati su 3 anni inferiori al 3%, dal 31/12/1981 al 31/12/2024.

Fonte: Russell Investments. La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri.

Naturalmente, questa dinamica ha una sua logica. La natura ciclica dei prezzi azionari avvalorerebbe la tesi che i periodi caratterizzati da bassi rendimenti sono generalmente seguiti da fasi di rendimenti superiori. A rendere i dati precedenti particolarmente significativi, secondo la nostra prospettiva, non è solamente il fatto che le small-cap si siano solitamente riprese da periodi di rendimenti bassi, stagnanti o negativi con risultati migliori, ma anche che queste performance successive abbiano mediamente conseguito un rendimento del 60% più elevato rispetto alla media mobile mensile storica triennale.

Ci aspetta una crescente volatilità?

A poche settimane dall’insediamento della nuova amministrazione, il mercato azionario ha già vissuto giornate caratterizzate da forte volatilità. Febbraio si è aperto con un forte calo dei mercati, causato dall’annuncio del Presidente Trump di dazi sulle importazioni da Cina, Canada e Messico. I mercati hanno subito un forte sconvolgimento, fino a quando è tornata una certa calma a seguito della diffusione di notizie riguardanti una sospensione dei dazi sulle merci - inizialmente quelle messicane e, successivamente, quelle canadesi - grazie a negoziazioni costruttive. Le prime indicazioni suggerivano che i dazi relativi a Canada e Messico sarebbero stati introdotti come parte di uno sforzo per risolvere questioni non economiche, quali il commercio transfrontaliero di stupefacenti e l’immigrazione, quindi si spera che resteranno sospesi qualora si raggiungano gli obiettivi dichiarati. Al momento in cui scriviamo, prevediamo che le aree di maggior impatto potenziale, se questi dazi dovessero essere mantenuti, sarebbero i settori immobiliare, automobilistico e agricolo dell’economia statunitense.

Riteniamo che la maggior parte dei dazi proposti, se non tutti, abbiano una funzione tattica e, sebbene destabilizzanti, influenzeranno il sentiment di mercato, la volatilità e l’assunzione di rischio più che i fondamentali aziendali di lungo periodo. Indipendentemente dalla loro durata e portata finale, tuttavia, si prevede che i dazi accelereranno le tendenze ormai consolidate di deglobalizzazione, rilocalizzazione delle attività negli Stati Uniti e migliore gestione della catena di approvvigionamento nella produzione statunitense. Tutto ciò sostiene il nostro scenario ben documentato secondo il quale le azioni delle small-cap statunitensi dovrebbero riconquistare la leadership nel mercato, trainate da un significativo aumento degli utili e sostenute da valutazioni molto più allettanti rispetto ad altri segmenti di capitalizzazione o di stile.

Riteniamo altresì fondamentale prestare attenzione alla volatilità, poiché crediamo di essere all’inizio di un periodo di maggiore incertezza trainato dalla natura dirompente sia della retorica che delle proposte politiche della nuova amministrazione Trump. Abbiamo spesso discusso di come accogliamo con favore la volatilità a breve termine come elemento fondante per costruire rendimenti a lungo termine che battono il mercato. Investiamo in small-cap da più di cinquant’anni, e un vantaggio critico dell’esperienza maturata in quest’arco di tempo è come abbia generato un apprezzamento ben radicato per la natura ciclica dei mercati e il beneficio a lungo termine del pensiero contrarian.

Mercati rialzisti, mercati ribassisti e/o lunghi periodi di sovraperformance per uno stile o un’asset class: sono tutti soggetti a dinamiche cicliche, e nessuno dura per sempre. Riteniamo che comprendere ciò che determina i punti di inflessione, unitamente a un approccio critico che trascende le convenzioni di mercato, rappresentino i presupposti per conseguire rendimenti superiori nel lungo periodo.

Sebbene siamo ancora all’inizio, numerosi segnali indicano la probabilità che i mercati azionari sperimenteranno livelli di volatilità più elevati man mano che ci addentriamo nel 2025 e, se la storia ci insegna, questo potrebbe essere un ulteriore segnale positivo per i rendimenti assoluti e relativi delle small-cap. Esaminando i successivi rendimenti medi annualizzati del Russell 2000 e del Russell 1000 large-cap dopo periodi nei quali l’Indice CBOE S&P 500 Volatility (noto anche come VIX o “indice della paura”) era elevato, le azioni delle small-cap si sono dimostrate vantaggiose. La nostra ricerca ha rivelato che la percentuale di periodi in cui il Russell 2000 ha registrato rendimenti medi annualizzati a 3 anni migliori rispetto al Russell 1000 ha raggiunto il massimo dopo periodi di elevata volatilità.

Regimi VIX mensili del Russell 2000 vs. Russell 1000

Periodi successivi di rendimenti medi a 1 anno dopo che la media mensile a 1 mese del VIX era del ≥ 28% dal 31/12/89 al 31/12/24

Fonte: Bloomberg. Il VIX è stato del ≥28% in 44/408 periodi. La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri. Il grafico sopra riportato misura i rendimenti medi e lo spread dei tre anni precedenti nei mesi in cui il livello medio mensile su tre anni del VIX rientra nella fascia specificata.

Curiosamente, l’attuale incertezza—e la convinzione ormai diffusa che le politiche della nuova amministrazione genereranno significative (auspicabilmente brevi) fluttuazioni di mercato—non si è ancora tradotta in un VIX superiore alla media, che è stato inferiore alla media dal giorno delle elezioni fino al 7 febbraio. Ciò che è aumentato, secondo un articolo del numero del 10 febbraio di Barron’s,1 è il VVIX—che misura la volatilità del VIX e può essere considerato come un indice della “paura della paura”. Il VVIX ha superato la sua media storica di 92,86, attestandosi a 99,04 nel medesimo periodo post-elettorale. Non è affatto il peggior sviluppo per investitori altamente attivi nel segmento small-cap con un orizzonte d’investimento a lungo termine come il nostro. Consideriamo positivo un ambiente di mercato che, almeno nel breve periodo, distoglie l’attenzione degli investitori dai fondamentali aziendali di lungo termine e dal valore economico, come succede spesso in periodi di elevata volatilità. Tali distrazioni tendono a rendere meno evidenti le differenze tra aziende con caratteristiche di elevata qualità e quelle con qualità inferiore. Con l’avanzare del 2025, manteniamo una visione fortemente positiva sul segmento delle small-cap e sulla nostra strategia di gestione attiva e differenziata dei portafogli.



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