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Quest’articolo a cura di Yu (Ben) Meng, Ph.D., Executive Vice President, Franklin Templeton e Anne Simpson, Franklin Templeton’s Global Head of Sustainability, è stato pubblicato per la prima volta nel Project Syndicate il 13 aprile 2022.

La ricerca della neutralità del carbonio è iniziata seriamente. Più di 70 paesi1, tra i quali i maggiori responsabili dell’inquinamento mondiale, hanno stabilito obiettivi di azzeramento netto per le emissioni di diossido di carbonio, con centinaia di città, società e investitori che si sono impegnati per l’adozione di strategie complementari. Tuttavia, il successo di una transizione all’azzeramento netto richiederà una trasformazione fondamentale dell’economia reale. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che ha sconvolto i mercati globali dell’energia, ha risvegliato preoccupazioni per l’indipendenza energetica. È arrivato il momento di imporre un prezzo al carbonio, essendo essenziale per trainare il passaggio dalla nostra eccessiva dipendenza attuale da combustibili fossili.

I mercati finanziari modellano l’economia decidendo l’allocazione dei risparmi della società. Le scelte degli investitori dipendono da due fattori: informazioni e incentivi. Solo quando gli investitori dispongono di entrambi, i mercati finanziari possono fare ciò in cui riescono meglio: assegnare il capitale all’uso migliore e più intenso.

Per comprendere questa dinamica, è opportuno considerare l’evoluzione della comprensione del rischio da parte degli investitori, un concetto che era rimasto ambiguo fino al 1952, quando Harry Markowitz lo definì come volatilità, che ha proprietà matematiche ed è pertanto quantificabile. Nel 1964, William F. Sharpe ha sviluppato questo contributo per creare il suo modello di asset pricing per il capitale, che descrive la relazione tra rischio sistematico e rendimenti attesi, assegnando così un prezzo al rischio di mercato. Insieme, Markowitz e Sharpe hanno rivoluzionato il modo in cui gli investitori analizzano i rischi e le opportunità degli investimenti, e quindi il modo in cui i mercati finanziari assegnano il capitale.

Oggi è necessaria una rivoluzione analoga affinché gli investitori comprendano il rischio climatico.

Per consentire lo sviluppo di istrumenti analitici utili, sono essenziali dati di ottima qualità relativi al rischio climatico, raccolti tramite informative obbligatorie. Fortunatamente, la Securities and Exchange Commission (SEC) statunitense e l’International Financial Reporting Standards Board stanno iniziando a riconoscere quest’imperativo e hanno proposto2 nuovi requisiti3 per le informative relative al clima.

Queste informative sono necessarie, ma non bastano. Gli incentivi sono importanti, e attualmente sono orientati nella direzione sbagliata.

Il primo problema è che il settore dei combustibili fossili è praticamente viziato da sussidi massicci. Il Glasgow Climate Pact4, accettato l’anno passato in occasione della Conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, fa notare che questi “sussidi inefficienti” equivalgono attualmente a metà dell’investimento totale in combustibili fossili.

Il secondo fattore di distorsione per i mercati finanziari, e che impedisce un’allocazione efficiente del capitale, è la gratuità delle emissioni di CO2. Come è possibile che il principio secondo cui “chi inquina paga” non sia stato ancora applicato? Dopo tutto, queste emissioni che proseguono incessanti sono la causa del riscaldamento globale che costituisce una minaccia esistenziale per l’umanità.

È qui che entra in gioco un prezzo del carbonio. La transizione all’azzeramento netto richiede il rapido sviluppo in scala di nuove tecnologie, infrastrutture per l’efficienza energetica e la cattura e stoccaggio del carbonio. Un prezzo del carbonio, insieme all’eliminazione di sussidi per combustibili fossili, darebbe agli investitori potenti incentivi per il finanziamento della necessaria transizione energetica.

Prima della Climate Change Conference delle Nazioni Unite che si è tenuta nel 2015 a Parigi, più di 340 investitori, che rappresentavano più di 20 trilioni di dollari di massa gestita, avevano rilasciato una dichiarazione5 con cui si chiedevano programmi per l’eliminazione dei sussidi per i combustibili fossili e l’introduzione di prezzi per il carbonio. Per la maggior parte, la loro richiesta è stata educatamente ignorata. Tuttavia, quando l’International Energy Agency ha iniziato a mappare i costi della transizione, è diventato chiaro che i governi da soli non potevano pagare i costi; è necessario mobilizzare i trilioni di dollari nei mercati finanziari.

L’accordo sul clima di Parigi ha riconosciuto il ruolo essenziale dei mercati privati nello smistamento delle finanze necessarie per mantenere il riscaldamento globale “ben al disotto” di 2° Celsius rispetto ai livelli pre-industriali, e fornisce una guidance per stabilire i programmi di trading transfrontaliero delle emissioni. Fino ad ora 40 giurisdizioni nazionali e 25 subnazionali hanno imposto un prezzo6 sul carbonio, coprendo circa il 15% delle emissioni globali di gas serra.

Aggiungiamo per le altre 46 iniziative in corso di realizzazione per il pricing del carbonio, tra l’altro in economie importanti quali Cina e Brasile, e il 25% circa delle emissioni globali sono destinate ad essere soggette a un prezzo per il carbonio. È un passo nella direzione giusta, ma non è affatto sufficiente.

Intanto la SEC ha modestamente suggerito che le società debbano dichiarare il prezzo del carbonio che stanno ipotizzando nella loro programmazione finanziaria. Ciò riflette le raccomandazioni della Commodity Futures Trading Commission, il cui comitato di autorità sul rischio climatico, del quale fanno parte gestori patrimoniali, banche e società nel settore delle materie prime, ha sottoscritto l’ovvia dichiarazione: Se non mettiamo un prezzo sul carbonio7, non possiamo gestire in modo efficiente la transizione energetica.

Cercare una soluzione per il cambiamento climatico richiede un cambiamento comportamentale, e le persone cambiano comportamento se ci sono gli incentivi opportuni. Assegnare esplicitamente un prezzo all’esternalità negativa del cambiamento climatico spingerà le società a ridurre le emissioni, e i consumatori ad adottare i cambiamenti necessari nello stile di vita. Un prezzo per il carbonio sarebbe anche fonte di ricavi che possono essere assegnati allo sviluppo di tecnologie green o distribuiti al pubblico in modo da sostenere una giusta transizione. In breve, il pricing del carbonio può realizzare contemporaneamente obiettivi economici, climatici e sociali.

Nella commedia di Oscar Wilde Il ventaglio di Lady Windermere, Lord Darlington afferma con ironia che un cinico è “una persona che conosce il prezzo di tutto e il valore di niente”. Al momento, gli investitori sono esattamente nella posizione opposta: Conosciamo il valore della lotta al cambiamento climatico, ma non ne abbiamo stabilito il prezzo. Il cambiamento climatico pone un rischio sistemico al quale gli investitori non possono semplicemente sottrarsi con la diversificazione. Se il prezzo di tale rischio non è stabilito accuratamente, i costi saranno incalcolabili.



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