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Il Presidente della Federal Reserve degli Stati Uniti (Fed) Jerome Powell si è espresso con molta prudenza nella conferenza stampa che ha avuto luogo dopo la riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) del 27 luglio. I mercati finanziari hanno sentito solo quello che volevano sentire, e ignorato il resto. I mercati hanno scelto di sentire che il “Fed put” è vivo e vegeto, e ha dato il via a un rally delle azioni e dei rendimenti obbligazionari. Secondo me ciò non fa altro che predisporre la scena per una correzione e un aumento della volatilità in futuro.

Powell ha affermato che i tassi d’interesse di riferimento attualmente sono nella fascia neutrale (non sono d’accordo, ma ne parlerò più avanti), l’economia ha iniziato a indebolirsi e che ancora non si è risentito in pieno l’impatto dei rialzi dei tassi effettuati finora. Ciò rafforza la convinzione dei mercati secondo cui ci stiamo avvicinando al picco del ciclo di irrigidimento, e che nel primo trimestre (T1) dell’anno prossimo la Fed invertirà la rotta e inizierà a tagliare i tassi. In effetti i mercati attualmente si attendono tagli dei tassi di 50 pb nell’anno prossimo.

I mercati del mercato tengono già conto di tagli dei tassi nel T1 2023

Figura 1: Tasso di riferimento implicito del mercato e numero di rialzi/tagli dei tassi di interesse scontati nei prezzi
Al 27 luglio 2022

Fonte: Bloomberg.

Powell tuttavia ha detto anche che le opinioni del FOMC a giugno sul possibile andamento dei tassi sono ancora valide, e che queste suggeriscono che la Fed continuerebbe ad alzare i tassi anche dopo l’inizio del 2023, fino a toccare un massimo intorno al 3,8%. Powell ha ricordato che non è da escludere un altro rialzo dei tassi “insolitamente ampio” a settembre. Ha sottolineato la forza persistente del mercato del lavoro e affermato che riportare l’inflazione all’obiettivo previsto richiederà un rallentamento della crescita e un aumento della disoccupazione. Fino ad ora i mercati non sembrano avere prestato molta attenzione a questa parte del discorso.

Commentando la conferenza stampa di giugno, avevo notato che la Fed de facto aveva abbandonato la forward guidance; oggi, quasi tutti i commentatori sono stati d’accordo sul fatto che la forward guidance è ormai acqua passata, considerando che Powell ha ribadito ancora più enfaticamente che l’incertezza è elevata, la visibilità di cui dispone la Fed è molto scarsa e la banca sceglierà le mosse di volta in volta nelle prossime riunioni, in base ai dati più recenti.

Secondo me Powell avrebbe potuto essere più deciso nell’indicare che, con l’inflazione ai livelli più alti degli ultimi 40 anni e la disoccupazione a quelli più bassi degli ultimi 50 anni, la Fed deve fare ancora una lunga strada per riportare a un equilibrio tra domanda e offerta e ripristinare la stabilità dei prezzi. Tuttavia, come ha ammesso lui stesso, le previsioni precedenti della Fed sulla rapidità con cui l’inflazione sarebbe svanita si sono dimostrate completamente sbagliate, per cui non possiamo criticarlo per avere adottato un’impostazione più umile e dipendente dai dati.

Ciò tuttavia rende più complicato il lavoro della Fed, nella misura in cui il rally delle azioni e il calo dei rendimenti obbligazionari trainano un notevole allentamento delle condizioni finanziarie, vanificando parzialmente il lavoro della Fed. Inoltre, continuo a non essere d’accordo con la Fed riguardo al tasso di interesse neutrale: La fascia neutrale secondo me non è bassa al 2,0%-2,5% in termini nominali, e peraltro parliamo del tasso che non sarebbe né restrittivo né espansionistico con l’inflazione negli Stati Uniti al 2%, e non al 9% attuale. Il mercato del lavoro intanto continua ad essere surriscaldato e l’attività piuttosto resiliente, a causa tra l’altro dei robusti bilanci delle famiglie.

Nel complesso, anche se i prossimi dati potrebbero essere più favorevoli, con un certo aiuto derivante dai cali dei prezzi del gas, secondo me l’inflazione sottostante resterà ostinatamente elevata per tutto il resto dell’anno. E quello che è importante, è che sarà più elevate di quanto non ritengano i mercati e spera la Fed. Ciò dovrebbe a sua volta obbligare la Fed a continuare ad alzare i tassi anche nel prossimo anno. Il tasso terminale secondo me sarà molto più vicino a iniziare con un “4”: ma anche se la Fed dovesse fermarsi sotto tale livello, sono convinta che dovrà mantenere i tassi al livello scelto per gran parte dell’anno prossimo, se vuole frenare l’inflazione in modo convincente. L’idea che un ripido ciclo di allentamento potrebbe iniziare già nel T1 2023 secondo me appare improbabile.



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