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INTRODUCTION

Oggigiorno investire è difficile; tuttavia continuo a preferire il mio lavoro, senza invidiare affatto quello della Federal Reserve (Fed). La riunione di giugno sulla politica del Federal Open Market Committee (FOMC) non ha fatto altro che evidenziare la complessità del compito della banca centrale.1 La colpa è in parte del contesto economico, che è diventato più complesso, ma in parte anche della stessa Fed.

La riunione della Fed alla fine è risultata più aggressiva di quanto avessero previsto i mercati: la mediana prevista per i Fed fund (la linea tratteggiata) evidenzia ora due rialzi dei tassi d’interesse nel 2023 (mentre a marzo non si prevedeva alcun rialzo); le prospettive per la crescita e l’occupazione hanno avuto un’intonazione più ottimista; le previsioni dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) core per il 2021 e il 2022 sono salite rispettivamente al 3,0% e 2,1%.

Due elementi tuttavia hanno colpito particolarmente: 1) una maggiore umiltà nel prendere atto dell’incertezza in una prospettiva dominata da shock senza precedenti e variazioni della politica; ma 2) una forte riluttanza persistente a iniziare a rettificare l’impostazione politica.

È difficile valutare il rimbalzo dell’inflazione attuale. La Fed insiste nell’affermare che è temporaneo, dovuto prevalentemente ad effetti di base, ed entro il prossimo anno secondo le proiezioni l’inflazione dovrebbe scendere avvicinandosi all’obiettivo. Questa volta però la sua valutazione è stata alquanto più umile. Dopo tutto, se c’è un fattore che si può prevedere sono gli effetti di base; sappiamo che cosa è avvenuto in passato. E ciò nonostante, le cifre dell’inflazione negli Stati Uniti a maggio hanno sorpreso al rialzo.

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