CONTRIBUTORI

Jeffrey Schulze, CFA
Head of Economic and Market Strategy

Josh Jamner, CFA
Investment Strategy Analyst
Elementi chiave da ricordare
- Con le preoccupazioni per un rallentamento dell’economia, due indicatori di recessione concentrati sul mercato, Materie prime e Spread creditizi, sono peggiorati passando dal verde al giallo, ma il Recession Risk Dashboard complessivo resta verde.
- L’impennata dei prezzi del petrolio ha scatenato timori di recessione che riflettono l’esperienza dell’embargo sul petrolio imposto dai paesi arabi nel 1973. Un riesame del dashboard in quel periodo è un utile case study di che cosa potrebbe trasformare la contrazione del primo trimestre in una recessione vera e propria.
- Vi sono delle analogie tra certi elementi del periodo 1973-75 e il contesto attuale: aumento della spesa fiscale, politica monetaria più accomodante e fattori demografici positivi, ma vi sono anche differenze sostanziali. Le dimensioni dello shock attuale per l’energia impallidiscono a confronto con il 1973 e oggi l’economia parte da una base molto più forte.
L’andamento negativo del PIL è più un’anomalia che un segnale di allarme
Negli Stati Uniti, l’economia ha subito una contrazione dell’1,4% nel primo trimestre1, scendendo per la prima volta dopo il crollo provocato dalla pandemia nel secondo trimestre 2020. La storia tuttavia è più complessa, considerando un contributo del -2,5% dovuto a importazioni (più robuste) con la risoluzione di problemi che avevano bloccato le catene di approvvigionamento. Questo paradosso: un’evoluzione positiva (miglioramento delle catene di approvvigionamento) che ha portato a un risultato headline negativo (affondando il prodotto interno lordo, o PIL) potrebbe spiegare perché i mercati finanziari abbiano trattato il PIL realizzato come una “buona notizia”, con un rialzo del 2,5% delle azioni in quella giornata. Componenti core più stabili del PIL, ad esempio consumi e investimenti, hanno avuto un’accelerazione negli ultimi due trimestri che depone a favore di un rimbalzo della crescita nel trimestre attuale. Un PIL negativo tranne che durante una recessione non è senza precedenti; dal 1950 in poi si sono verificate più del 20% delle contrazioni di questo tipo, di cui le ultime nel 2014 e 2011.2
Le prospettive economiche hanno poco in comune con le prime fasi della pandemia; consumi e attività economica rallenteranno probabilmente rispetto ai livelli elevati, restando tuttavia positivi. Gli utili continuano a crescere a un ritmo robusto. Fino ad ora il 75% circa delle società comprese nell’indice S&P 500 ha diffuso le dichiarazioni, ma gli utili in generale sono stati robusti e la guidance migliore della media.
Figura 1: ClearBridge Recession Risk Dashboard

Fonte: ClearBridge Investments.
Ciò nonostante, gli Spread creditizi si sono ampliati, considerando che le percezioni di un rallentamento dell’economia e di un aumento dei rischi politici hanno indotto gli investitori a chiedere un compenso maggiore per investire in obbligazioni di qualità inferiore. Le Materie prime sono peggiorate passando al giallo a causa dei lockdown imposti in Cina che hanno frenato la domanda di materie prime per usi industriali, quali rame e acciaio, mentre la guerra in corso in Ucraina ha contribuito a sostenere rialzi dei prezzi del petrolio. Alla fine tuttavia la maggior parte degli indicatori resta sul verde, con la forza di indicatori quali le Richieste di sussidi di disoccupazione, che il mese passato erano scese al valore più basso degli ultimi 53 anni3, che suggerisce un mercato dell’occupazione robusto, a sostegno dei consumi e dell’attività economica.
Con l’aumento dei prezzi del petrolio è ricomparso lo spettro di una stagflazione di stile Anni Settanta. Secondo noi tuttavia l’economia è in posizione migliore per superare la tempesta provocata dai rincari dell’energia, grazie ai redditi più alti e agli aumenti di efficienza, una dinamica che avevamo già sottolineato nel blog ‘Resilienza in tempo di guerra’. Inoltre la storia insegna che non tutti gli shock dei prezzi del petrolio sono uguali all’origine, e il punto di partenza dell’economia è determinante per l’eventuale seguito di una recessione, come avevamo già detto nel blog ‘L’ottica di lungo termine: Quando le colombe piangono’. È importante ricordare che la situazione dell’economia statunitense era più forte quando vi è stata l’impennata dei prezzi del petrolio nel primo trimestre, rispetto all’inizio dell’embargo del petrolio imposto dai paesi arabi nel 1973, con dieci segnali verdi all’epoca sul dashboard della recessione rispetto ad appena tre su 11 nel 1973. Questo punto di partenza più forte non significa che non vi saranno delle incrinature, per cui in prospettiva è utile riesaminare l’evoluzione del dashboard nella recessione del 1973-75.
I semi dell’inflazione e della recessione degli Anni Settanta sono aumentati nel tempo
Mentre l’embargo del petrolio era iniziato nell’ottobre 1973 dopo la guerra dello Yom Kippur tra Israele e una coalizione di Stati arabi guidati da Egitto e Siria, le origini della recessione e il periodo di inflazione elevata risalgono a molto tempo prima. L’inflazione aveva iniziato ad accelerare verso la metà degli Anni Sessanta, durante l’amministrazione Johnson, che perseguiva un’agenda di spesa fiscale maggiore per finanziare la guerra del Vietnam e un ampliamento dei programmi per il welfare sociale conosciuto come la Grande Società. In coincidenza vi sono state variazioni demografiche positive, con i baby boomer che si sono affacciati nel mondo del lavoro e hanno dato impulso al rialzo della domanda (e dei prezzi) quando hanno raggiunto l’età dei massimi guadagni e della massima capacità di spesa. La Federal Reserve (Fed) intanto aveva mantenuto una politica monetaria molto accomodante per contribuire al finanziamento di questi deficit maggiori, portando gli investitori stranieri a chiedersi per quanto tempo gli Stati Uniti sarebbero riusciti a mantenere il gold standard. La conseguente debolezza e la corsa al dollaro statunitense ha portato alla fine l’amministrazione Nixon a eliminare il gold standard nel 1971, seguendo poi con controlli sui prezzi e i salari.
Vi sono delle analogie con il contesto attuale: spesa fiscale più elevata, politica monetaria più accomodante e fattori demografici positivi, ma vi sono anche differenze sostanziali. Lasciando da parte il “cigno nero” di una pandemia globale, la durata di una spesa fiscale elevata è stata molto più breve, accompagnata da forti deficit statali e procedendo puntualmente per tornare quest’anno a livelli pre-pandemia. Anche il sostegno della Fed a confronto è stato di breve durata; il primo rialzo dei tassi del ciclo attuale è stato già applicato e ne sono attesi molti altri, per cercare di normalizzare “rapidamente” la politica. Inoltre il processo di irrigidimento quantitativo che dovrebbe iniziare a breve offre alla Fed un’altra leva per rallentare l’inflazione.
Va ricordato che gli Stati Uniti non seguono il gold standard, per cui le dinamiche sono completamente diverse, considerando che il dollaro si è rafforzato a seguito di una maggiore aggressività della Fed. Anche lo scenario demografico è diverso; l’impulso positivo dei millennial in arrivo negli anni di massimi guadagni e spesa è parzialmente cancellato dall’andata in pensione dei boomer. Infine, e forse più importante: le dimensioni dello shock attuale dell’energia impallidiscono a confronto con l’impennata del 1973, quando i prezzi del petrolio erano balzati da 3,07 a 11,65 dollari al barile nel giro di cinque mesi.4 Nonostante l’impennata dei prezzi del petrolio del 58% dall’inizio di quest’anno5, l’aumento è molto più modesto e meno dannoso di quello del 279% all’inizio della recessione del 1973.
Nel dashboard vi sono differenze cruciali anche per il periodo che ha portato alla recessione, con l’inversione della Curva del rendimento a giugno 1973, cinque mesi prima dell’impennata del prezzo del petrolio e sette mesi prima dell’inizio della recessione. Prima di tale impennata, la Curva del rendimento, i Nuovi ordinativi ISM e le Concessioni edilizie lampeggiavano tutti sul rosso, mentre ora sono tutti verdi. Margini di utili e Vendite al dettaglio erano entrambi gialli all’inizio dell’impennata del 1973, mentre ora sono entrambi verdi. Vi sono tuttavia certe analogie, con la Crescita dei salari sul rosso sia allora che adesso, e l’Offerta di moneta, gialla in entrambi i casi.
Figura 2: Evoluzione del dashboard 1973-75

Fonte: BLS, Federal Reserve, Census Bureau, ISM, BEA, American Chemistry Council, American Trucking Association, Conference Board e Bloomberg. Il ClearBridge Recession Risk Dashboard è stato creato nel gennaio 2016. I riferimenti ai segnali che avrebbe generato negli anni precedenti al gennaio 2016 si basano sul modo all’epoca utilizzato per riportare i dati sottostanti negli indicatori dei componenti.
Nel 1973, prima dell’impennata del prezzo del petrolio, il dashboard era meno sano, nonostante il segnale verde generale. Lo shock del petrolio, unito alle sfide summenzionate, ha portato a un rapido deterioramento di un segnale giallo generale e all’inizio della recessione, prima di crollare a rosso all’inizio del 1974. Sotto certi aspetti, vi sono delle analogie con la rapida esplosione del COVID_19 nel 2020, che ha provocato un rapido peggioramento del dashboard e l’inizio quasi istantaneo di una recessione, tuttavia il segnale generale era già giallo e lo era stato fin dalla metà del 2019.
Attualmente l’impennata del prezzo del petrolio persiste già da due mesi. Nonostante un certo indebolimento, il segnale generale del dashboard continua ad essere verde. Vi sono certe analogie con l’esperienza del 1973, ma le differenze sono ancora più numerose; tra queste, la più importante è la base di un’economia più forte in partenza. Nei prossimi mesi è prevedibile un ulteriore peggioramento del dashboard, ma i dati recenti suggeriscono che un segnale complessivo rosso non è all’orizzonte.
Note finali
- Fonte: Reuters.
- Fonte: Ibid.
- Fonte: Ibid.
- Fonte: Federal Reserve.
- Fonte: Reuters.
Definizioni
Il ClearBridge Recession Risk Dashboard è un gruppo di 12 indicatori che esaminano lo stato di salute dell’economia statunitense e le probabilità di una recessione.
L’Indice S&P 500 è un indice non gestito di 500 titoli che rappresentano in generale la performance delle società più grandi negli Stati Uniti.
L'Institute for Supply Management (ISM) è un'associazione di professionisti nell'area degli acquisti e dell'approvvigionamento che conduce indagini regolari tra i membri per determinare i trend di settore.
Il Bureau of Economic Analysis (BEA) è un’agenzia del Dipartimento del Commercio che elabora statistiche di conti economici che consentono al governo, agli organi decisionali degli affari, ai ricercatori e al pubblico americano di seguire e comprendere la performance dell’economia nazionale. Il BEA lo fa raccogliendo dati alla fonte, svolgendo ricerche e analisi, sviluppando e implementando metodologie di stime e diffondendo pubblicamente le statistiche.
Il Federal Reserve Board (“Fed”), è responsabile della formulazione di politiche statunitensi ideate per favorire la crescita economica, la piena occupazione, prezzi stabili e un modello sostenibile di scambi e pagamenti internazionali.
QUALI SONO I RISCHI?
Le performance passate non sono indicazione o garanzia di performance future. Va ricordato che non è possibile investire direttamente in un indice. I rendimenti degli indici non gestiti non riflettono alcuna commissione, spesa od onere di vendita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e possibile perdita del capitale. I titoli obbligazionari comportano rischi legati a tassi d’interesse, di credito, di inflazione e rischi di reinvestimento, oltre alla possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende. Gli investimenti internazionali comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, incertezze sociali ed economiche e incertezze politiche che possono far aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti. Le materie prime e le valute sono più rischiose, comportando rischi che includono le condizioni di mercato, politiche, regolamentari e naturali, e possono non essere idonee per tutti gli investitori.
Treasury USA (UST) sono obbligazioni di debito dirette emesse e garantite dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui Treasury USA quando i titoli sono detenuti fino alla scadenza. A differenza dei Treasury USA, i titoli di debito emessi dalle agenzie federali e da enti paragovernativi e gli investimenti associati possono essere garantiti, ma non obbligatoriamente, dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Anche quando il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui titoli, tale garanzia non si applica a perdite risultanti da cali del loro valore di mercato.
