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Elementi chiave da ricordare

  • A luglio il ClearBridge Recession Risk Dashboard ha indicato ulteriore debolezza: il segnale generale è diventato prudenzialmente giallo a causa dell’andamento negativo di vendite al dettaglio, materie prime e curva dei rendimenti.
  • La prospettiva di una recessione non è ancora scontata. Infatti, tre degli ultimi 12 segnali di cruscotto giallo sono stati seguiti da un segnale verde di ritorno della crescita, in genere grazie alla spinta derivante dal cambio di rotta della Fed.
  • La previsione di una politica monetaria meno incisiva ha spinto al rialzo le azioni, ma per un cambio di rotta ci vorranno prove chiare e convincenti di una frenata dell’inflazione e altri indicatori anticipatori a suggerire un ulteriore ribasso all’orizzonte.

L’economia si contrae per il secondo trimestre consecutivo

L’anticipazione del PIL del secondo trimestre, che ha mostrato una sconfortante contrazione dello 0,9%, ha aggiunto la scorsa settimana un nuovo segnale di rallentamento dell’economia. Dopo il -1,6% del primo trimestre, gonfiato da importazioni molto forti grazie al parziale superamento delle strozzature delle catene di approvvigionamento, molti investitori cercano di capire se l’economia statunitense sia già entrata in recessione. Notoriamente, due trimestri consecutivi negativi del prodotto interno lordo (PIL) segnalano una recessione. Tuttavia, l’arbitro ufficiale dei cicli economici - il National Bureau of Economic Research (NBER) - non utilizza tale definizione, come abbiamo recentemente evidenziato, preferendo parlare di:

…un calo significativo dell’attività economica in tutta l’economia, di durata superiore a qualche mese, normalmente visibile nei dati relativi a PIL reale, reddito reale, occupazione, produzione industriale e vendite al dettaglio e all’ingrosso. La recessione inizia subito dopo che l’economia ha raggiunto un picco di attività e termina quando l’economia raggiunge il suo punto più basso.

In realtà, due recessioni ampiamente riconosciute dell’era moderna non hanno raggiunto la soglia dei due trimestri negativi consecutivi; nella recessione del 2001, per esempio, si è registrato un trimestre negativo seguito da un trimestre positivo e poi da un altro trimestre negativo.

Prendendo a riferimento la definizione del NBER, l’avvio di una recessione nella prima metà del 2022 appare improbabile. A confermarlo è soprattutto la creazione - in quel semestre - di 2,74 milioni di posti di lavoro, ossia 2,5 volte circa la media registrata nel decennio successivo alla crisi finanziaria globale e prima della pandemia di COVID-19 (2010-2019). Tuttavia, l’economia sembra frenare bruscamente mentre la Federal Reserve (Fed) si muove per normalizzare rapidamente la politica monetaria e calmierare l’inflazione, una dinamica che abbiamo segnalato nel nostro aggiornamento speciale di metà giugno.

Figura 1: Riconosci le recessioni

Fonte: BEA, Bloomberg.

Visto l’ulteriore e durevole rallentamento dei dati delle sei settimane successive e il nuovo rialzo di 75 punti base dei tassi di interesse della scorsa settimana, il peggioramento di molteplici segnali del ClearBridge Recession Risk Dashboard non ci sorprende. Dopo le tre variazioni del mese scorso, questo mese gli indicatori hanno evidenziato quattro modifiche, tra cui il segnale generale che è diventato prudenzialmente giallo. I cambiamenti riguardano, tra l’altro, le vendite al dettaglio e le materie prime - ora entrambe in rosso - e la curva dei rendimenti deterioratasi da verde a gialla. Diversi indicatori hanno inoltre peggiorato la loro condizione generale: concessioni edilizie, clima occupazionale e richieste di sussidi per i disoccupati risultano tutti “meno verdi” rispetto ai mesi precedenti. Peraltro, l’offerta di moneta si sta avvicinando in zona rossa, mentre i nuovi ordinativi ISM sono a cavallo fra giallo e rosso.

Figura 2: ClearBridge Recession Risk Dashboard

Dati al 31 luglio 2022. Fonte: ClearBridge Investments.

Un segnale giallo complessivo suggerisce cautela, ma non significa che la recessione sia inevitabile. In passato il dashboard è diventato giallo per 12 volte: in otto casi entrando poi in recessione e in altri quattro riuscendo a evitarla. Nei quattro periodi non recessivi, in tre casi il dashboard è ritornato verde (1995, 1998 e 2015-16) e in un solo caso è peggiorato divendando rosso (metà degli anni ’60). Abbiamo esaminato più a fondo questi periodi in un blog l’ultima volta che il dashboard è diventato giallo, nel 2019, ma è importante evidenziare che i tre casi di miglioramento del dashboard si sono verificati in concomitanza con una svolta accomodante della Fed. La Fed ha tagliato i tassi di interesse di 75 punti base (pb) nel 1995-96 e nel 1998, e li ha aumentati una sola volta, nel 2015-16, a dispetto dei quattro aumenti attesi: di fatto un “allentamento” netto di 75 pb rispetto ai prezzi e alle aspettative del mercato.

Se nei prossimi mesi l’economia eviterà la recessione e il dashboard tornerà ad essere verde, un cambio di rotta della Fed giocherà probabilmente un ruolo fondamentale. I tempi del cambio di rotta della Fed alimentano in questo momento grandi discussioni sui mercati e probabilmente influiranno sulla possibilità di consentire un atterraggio morbido. Attualmente i futures sui Fed funds scontano un aumento iniziale dei tassi di 50 punti base a settembre e uno finale di 25 punti base a novembre, più un altro paio di tagli nella seconda metà del 2023. Le azioni sembrano consapevoli di questo cambio di rotta e nelle ultime sei settimane si sono apprezzate, scontando nel dicembre 2022 aspettative di rialzo dei tassi ridotte di quasi 50 pb.

Figura 3: I rialzi dei tassi influenzano i titoli azionari

Dati al 30 giugno 2022. Fonte: Bloomberg.

Resta da vedere se la Fed interverrà davvero di fronte a un’economia in frenata, soprattutto se l’inflazione rimarrà sostenuta. Il prossimo rilevamento dell’indice dei prezzi al consumo (IPC) dovrebbe risultare mitigato dall’attenuazione dei prezzi dei carburanti - scesi di oltre 70 centesimi rispetto al picco di metà giugno - ma negli ultimi tre o quattro mesi sia il CPI core che la spesa per consumi personali (PCE) core hanno costantemente riportato cifre eccessive per essere credibili. È importante osservare che la Fed potrebbe invertire la rotta anche se l’inflazione non tornasse al 2%. Una svolta accomodante richiede invece segnali chiari e convincenti di una frenata dell’inflazione e altri indicatori anticipatori a suggerire un ulteriore ribasso. Questa tendenza non si è ancora manifestata, anche se alcuni indicatori anticipatori suggeriscono che potrebbe arrivare entro la fine dell’estate. In definitiva, per cambiare l’attuale percorso dell’economia c’è tempo e tuttavia più attenderemo la svolta e maggiori saranno le probabilità di una recessione. Con il dovuto rispetto per il presidente della Fed Jay Powell, i tempi necessari a riportare l’inflazione verso l’obiettivo del 2% non sono l’unico fattore che gli investitori dovrebbero tenere d’occhio al momento.



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