CONTRIBUTORI

Jeffrey Schulze, CFA
Head of Economic and Market Strategy

Josh Jamner, CFA
Investment Strategy Analyst
Punti principali
- La decelerazione della crescita delle buste paga ha contribuito a migliorare l’indicatore di crescita salariale del ClearBridge Recession Risk Dashboard, ora in zona gialla, attenuando i timori di una spirale salari-prezzi che potrebbe innescare un’ulteriore stretta monetaria.
- La moderazione degli aumenti salariali favorisce uno scenario ottimale (“Goldilocks”) per un atterraggio morbido dell’economia: le buste paga crescono meno e a un livello sempre più compatibile con l’obiettivo di inflazione al 2% della Federal Reserve (Fed), pur mantenendosi a livelli abbastanza elevati per sostenere una robusta spesa per i consumi.
- Sebbene le recenti preoccupazioni per l’aumento del livello generale dei prezzi possa richiedere del tempo per attenuarsi, riteniamo che il miglioramento delle prospettive, unito alla recente correzione dei mercati azionari statunitensi, rappresenti un’opportunità per gli investitori di lungo termine.
La crescita salariale non causa più inflazione
Ad aprile le rinnovate preoccupazioni per un’inflazione persistente hanno spinto i rendimenti dei Treasury decennali a salire di quasi 50 punti base e l’indice S&P 500 a perdere il 4,2%. Nel 2024, tuttavia, la crescita delle buste paga evidenzia un rallentamento e, ad aprile, la remunerazione media oraria è scesa al 3,9%, ossia il livello più basso dalla metà del 2021 e in netta flessione rispetto al picco del 5,9% di inizio 2022. Il dato più basso di aprile ha portato anche il tasso di variazione annualizzato trimestrale della retribuzione oraria media a scendere al 2,8% appena, suggerendo un’ulteriore moderazione degli aumenti salariali nei prossimi mesi. Con il rallentamento dei salari a livelli coerenti con un prossimo ritorno dell’inflazione al target del 2% della Fed, i responsabili politici non sembrano avere fretta di invertire la rotta e di aumentare i tassi di interesse, nonostante le recenti preoccupazioni per un ritorno dell’inflazione.
Della frenata delle buste paga ha beneficiato l’indicatore di crescita salariale del ClearBridge Recession Risk Dashboard, che questo mese è passato dal precedente segnale di recessione/rosso a un segnale di cautela/giallo. Questo mese non vi sono state ulteriori variazioni nel dashboard e il segnale complessivo rimane giallo (Figura 1).
Storicamente, una volta diventato rosso, l’indicatore di crescita salariale è rimasto tale fino alla recessione successiva. Tuttavia, una serie di dati suggerisce che l’attuale ciclo economico sia uno dei più singolari della storia moderna. Fondamentalmente, gli aumenti salariali sono scesi a ritmi più sostenibili, ampiamente in linea con l’obiettivo di inflazione al 2% della Fed, pur mantenendosi a livelli abbastanza elevati per sostenere una robusta spesa per i consumi. Raggiungere una “zona Goldilocks” per la crescita salariale è fondamentale per sostenere la spesa (e quindi la continuità dell’espansione economica) senza innescare una spirale prezzi-salari che stimolerebbe il ritorno a una politica monetaria più restrittiva, perché il reddito da lavoro è la fonte primaria di spesa per la maggior parte degli americani.
Figura 1: ClearBridge Recession Risk Dashboard

Fonte: ClearBridge Investments.
La robusta crescita delle buste paga nel 2021 è tra i motivi che hanno spinto la Fed ad aumentare in modo aggressivo il tasso sui Fed fund. Tuttavia, il mercato del lavoro di oggi assomiglia poco a quello di allora. A quel tempo, reperire manodopera rappresentava una delle sfide più ardue per le imprese con l’uscita dall’emergenza pandemica. All’inizio del 2021, la forza lavoro - coloro che lavoravano o cercavano lavoro - contava circa 4,5 milioni di persone in meno rispetto al periodo pre-pandemia, nonostante il forte aumento delle offerte di lavoro. Con una domanda di lavoro (posti vacanti) superiore all’offerta di lavoro, i salari sono aumentati per ripristinare l’equilibrio. I redditi più alti hanno spinto i lavoratori a reintegrarsi nel mercato del lavoro nel corso dei successivi tre anni, e oggi la forza lavoro è superiore di oltre 3 milioni di unità rispetto alla fine del 2019.
Figura 2: La forza lavoro si è risollevata... e non poco

Fonte: Ufficio Statistico del Lavoro degli Stati Uniti (BLS), Macrobond: Ufficio Statistico del Lavoro degli Stati Uniti (BLS), Macrobond. Dati aggiornati l'ultima volta il 5/3/2024.
Negli ultimi anni, inoltre, l’offerta di lavoro ha beneficiato della ripresa dell’immigrazione. Al di là delle possibili strumentalizzazioni politiche, crediamo che questo tema abbia rilevanti implicazioni economiche. Il Congressional Budget Office (CBO) ha recentemente rivisto le sue stime sull’aumento dell’immigrazione netta di 3,3 milioni di individui negli ultimi due anni, che rappresentano un ampio bacino di potenziali lavoratori aggiuntivi.1 Inoltre, nei prossimi tre anni il CBO prevede l’ingresso di altri 4,4 milioni di lavoratori rispetto alle aspettative precedenti, che amplierebbero ulteriormente la disponibilità di potenziali lavoratori e continuerebbero a esercitare una pressione al ribasso sugli aumenti salariali.
Il mercato del lavoro è cambiato anche dal punto di vista della domanda, contribuendo a un maggiore equilibrio. Nel 2021, con la difficoltà di reperire lavoratori, le offerte di lavoro sono aumentate notevolmente, registrando un incremento di quasi 5,5 milioni rispetto ai livelli pre-pandemici. Sebbene una parte di questo aumento sia probabilmente dovuta a doppi annunci, ha coinciso con un periodo di forti assunzioni, con 7,2 milioni di posti di lavoro creati solo nel 2021. Nel 2022, tuttavia, il ritmo delle assunzioni ha iniziato a rallentare e le offerte di lavoro hanno iniziato a diminuire. Sebbene oggi le offerte di lavoro siano ancora superiori di 1,8 milioni rispetto alla fine del 2019, il loro numero è calato di 3,7 milioni rispetto al picco. È un chiaro segnale che la domanda di lavoro si sta attenuando, pur restando comunque sostenuta.
Figura 3: Domanda minore, miglior equilibrio

Dati sulle offerte di lavoro al 31 marzo 2024. Fonti: FactSet, BLS, St. Louis Fed, NBER.
Con il riequilibrio del mercato del lavoro e una crescita salariale contenuta, a un livello coerente con l’obiettivo di inflazione del 2% della Fed, riteniamo che la banca centrale possa permettersi di rimanere paziente, nonostante una serie di dati sull’inflazione finora sfavorevoli nel 2024. Sebbene storicamente rara al di fuori di una recessione, la normalizzazione del mercato del lavoro costituisce un’evoluzione positiva che, a nostro giudizio, rafforza ulteriormente le già elevate probabilità di un atterraggio morbido. Sebbene la recente recrudescenza dell’inflazione possa richiedere del tempo per attenuarsi - ad esempio, l’inflazione del settore abitativo dovrebbe diventare più favorevole nel corso dell’estate - il miglioramento delle prospettive, unito alla recente correzione dei mercati azionari statunitensi, rappresentano una potenziale opportunità per gli investitori di lungo termine. Poiché l’indice S&P 500 ha ceduto meno del 5% dai suoi massimi storici, comprendiamo che molti investitori vogliano rimanere pazienti e attendere ribassi più significativi. Tuttavia, un’evoluzione favorevole dell’inflazione potrebbe innescare un rally, ovvero spingere gli investitori a voler sfruttare la recente debolezza per aprire nuove posizioni.
Note a piè di pagina
- Al 15 novembre 2023. Non vi è alcuna garanzia che un’eventuale stima, proiezione o previsione si realizzi.
Definizioni
Il ClearBridge Recession Risk Dashboard è un gruppo di 12 indicatori che esaminano lo stato di salute dell’economia statunitense e le probabilità di una recessione.
Il Federal Reserve Board ("Fed") è responsabile della formulazione di politiche statunitensi ideate per favorire la crescita economica, la piena occupazione, prezzi stabili e un modello sostenibile di scambi e pagamenti internazionali.
Il Congressional Budget Office (CBO) è un’agenzia federale all’interno della funzione legislativa del governo degli Stati Uniti che fornisce informazioni economiche e di bilancio al Congresso.
L’Indice S&P 500 è un indice non gestito di 500 titoli che rappresentano in generale la performance delle società più grandi negli Stati Uniti.
QUALI SONO I RISCHI
Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita del capitale. La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri. Va ricordato che non è possibile investire direttamente in un indice. I rendimenti dell'indice non gestito non riflettono commissioni, spese od oneri di vendita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e possibile perdita del capitale. Le società ad alta capitalizzazione possono perdere il favore degli investitori a seconda delle condizioni economiche e di mercato. I titoli a bassa e media capitalizzazione comportano rischi e volatilità maggiori rispetto ai titoli ad alta capitalizzazione.
I titoli obbligazionari comportano rischi legati a tassi d’interesse, di credito, di inflazione e rischi di reinvestimento, oltre alla possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende.
Gli investimenti internazionali comportano rischi particolari, quali fluttuazioni dei cambi e incertezze sociali, economiche e politiche, che possono far aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti.
Materie prime e valute sono più rischiose, comportando rischi che includono le condizioni di mercato, politiche, regolamentari e naturali, e possono non essere idonee per tutti gli investitori.
I Treasury USA sono obbligazioni di debito dirette emesse e garantite “dalla piena fiducia e dal credito” del governo degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui Treasury USA quando i titoli sono detenuti fino alla scadenza. A differenza dei Treasury USA, i titoli di debito emessi dalle agenzie federali e da enti paragovernativi e gli investimenti associati possono essere garantiti, ma non obbligatoriamente, dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Anche quando il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui titoli, tale garanzia non si applica a perdite risultanti da cali del loro valore di mercato.
