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Concetti chiave

  • Il recente emergere di dinamiche inconsuete ha un po’ ridotto il potere previsionale delle passate recessioni, ma molti settori dell’economia stanno mostrando segni di maggiore sofferenza, a suggerire che il ciclo economico potrebbe essersi prolungato anziché concluso.
  • Oltre ai vari segnali macroeconomici negativi cogliamo anche diversi spunti positivi come, per esempio, le probabilità sempre maggiori di un atterraggio morbido: la Federal Reserve (Fed) assume un approccio più flessibile data l’attenuazione dell’inflazione e nell’ultimo trimestre il ClearBridge Recession Risk Dashboard evidenzia tre variazioni positive.
  • Pur ritenendo opportuna la cautela nel breve termine, il momentum economico positivo, l’ampliamento della leadership di mercato e i titoli che sfiorano nuovi massimi storici rappresentano tutti segnali storicamente favorevoli per gli investitori di lungo periodo.

Il consenso verrà nuovamente smentito?

L’ingresso nel nuovo anno offre uno spunto di riflessione sull’anno appena terminato, per cercare di immaginare cosa potrebbe mutare rispetto a prima. Gli ultimi anni si sono chiusi tutti con un quadro fortemente divergente rispetto alle aspettative consensuali. Ad esempio, l’indice S&P 500 scambiato a 21,3 x l’EPS per i 12 mesi successivi (NTM) poteva far ritenere euforici gli investitori all’ingresso nel 2022, ma tale valutazione si è poi rivelata eccessivamente ottimistica in quanto l’inflazione storicamente elevata e la stretta aggressiva della Fed hanno comportato una perdita di valore infrannuale pari al -25%. Per contro, le aspettative molto più pessimistiche sul 2023, all’insegna della “recessione più attesa di sempre”, hanno poi lasciato il posto a una robusta crescita economica e ai guadagni dei mercati azionari. Con una visione consensuale estremamente certa dell’atterraggio morbido che ci attende nel 2024, ci chiediamo se ancora una volta la realtà capovolgerà le previsioni.

A dividere i rialzisti dai ribassisti è un punto centrale. Il dubbio che “questa volta andrà diversamente” rappresenta forse la peggior minaccia per Wall Street. Diverse dinamiche sono infatti cambiate, tra cui la natura unica della recessione causata dalla pandemia e lo stimolo fiscale senza precedenti che ha alimentato una ripresa a forma di “segno di spunta”. Il consumatore americano ha dimostrato grande tenacia, fondamentale per la salute di un’economia nella quale due terzi del prodotto interno lordo (PIL) sono rappresentati dai consumi. A differenza della domanda di beni che arretra, la domanda di servizi ha retto molto bene, sconvolgendo gli indicatori economici tradizionali in genere spie affidabili delle recessioni come l’Indice dei responsabili degli acquisti del settore manifatturiero (PMI) dell’Institute for Supply Management (ISM), che si concentra sul piccolo ma volatile settore manifatturiero.

Figura 1: I servizi reggono bene

Dati al 30 settembre 2023, ultimi disponibili al 31 dicembre 2023. Fonti: BEA, FactSet.

Un’altra differenza fondamentale deriva dalla sensibilità molto minore dei consumatori (come pure delle imprese) alle variazioni dei tassi di interesse. All’indomani del più aggressivo ciclo di rialzi della Fed degli ultimi 40 anni, dal recente minimo del 3,3% il tasso effettivo sui mutui in essere negli Stati Uniti ha raggiunto il 3,7%. Ciò perché i proprietari di casa hanno approfittato del contesto di tassi bassi all’inizio della pandemia per estinguere il debito e bloccare i mutui a tasso fisso a 15 e 30 anni. La particolare struttura del mercato dei mutui statunitensi ha salvato molte persone dall’aumento dei tassi di interesse, che determinano la loro maggior voce di spesa mensile. Uno scenario analogo si è profilato nel mondo imprenditoriale statunitense, dove molte società si sono assicurate il fabbisogno di finanziamenti a tassi bassi per molti anni.

Figura 2: I consumatori sono vincolati

Dati sul tasso fisso a 30 anni al 29 dicembre 2023, tasso di interesse effettivo sul debito ipotecario in essere al 30 settembre 2023, ultimo dato disponibile al 31 dicembre 2023. Fonti: FactSet, BEA, Mortgage Bankers Association.

Tuttavia, non tutte le società hanno prolungato la durata del debito, assicurandosi tassi fissi, e non tutti gli americani sono proprietari di una casa. Infatti, secondo le stime del Census Bureau per il 2019, il 36% delle famiglie è in affitto e la componente dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) relativa agli affitti è aumentata del 25% dal 2019, il che secondo rent.com equivale a un aumento di quasi 500 dollari al mese per l’affitto mensile mediano nazionale. I consumatori mostrano sempre più spesso segni di sofferenza economica, con nuove morosità su carte di credito e prestiti auto a livelli superiori rispetto al periodo pre-pandemico. Il picco delle morosità è particolarmente elevato per le famiglie a basso reddito che risentono dell’aumento degli affitti e dei tassi delle carte di credito (+6% dal 2019), essendo la coorte meno propensa a possedere una casa di proprietà e più abituata a rateizzare il rimborso delle spese su carta di credito.

Figura 3: Tassi d’insolvenza in rialzo

HELOC è l’acronimo di Home Equity Line of Credit (linea di credito sul patrimonio residenziale). Dati al 30 settembre 2023, ultimi disponibili al 31 dicembre 2023. Fonti: NY Fed, Equifax, NBER.

È importante osservare che continuano ad emergere altri segnali di recessione allarmanti, a suggerire che il ciclo economico potrebbe essersi prolungato anziché concluso. Tra questi, l’inversione della curva dei rendimenti, la contrazione dell’offerta di moneta, la stretta quantitativa in corso, la debolezza dei principali indicatori economici e un mercato del lavoro in lento ma costante indebolimento. Il ritmo complessivo della creazione di posti di lavoro rimane soddisfacente, tuttavia sotto le apparenze l’occupazione mostra segni di deterioramento.

Una spia di allarme per il mercato del lavoro giunge dalle revisioni al ribasso nei rapporti sull’occupazione. Storicamente, una rettifica al ribasso del dato occupazionale riferito all’anno precedente indica un’imminente recessione economica. Negli ultimi 12 mesi, il numero di posti di lavoro ha registrato una variazione netta aggregata di -329.000 unità, entrando a pieno titolo in una zona di pericolo. Indipendentemente dal tipo di atterraggio duro o morbido che ci attende, possiamo già tirare le somme su questo periodo e accorgerci della scarsissima creazione di posti di lavoro rispetto alle attese iniziali, fatti tutti gli aggiustamenti del caso, ben sapendo che tale processo richiede alcuni anni per emergere nella sua pienezza.

Figura 4: Le revisioni sul mercato del lavoro allarmano

Dati al 30 novembre 2023, ultimi disponibili al 31 dicembre 2023. Fonti: BLS, NBER, Federal Reserve Bank di St. Louis.

A nostro avviso, i dati economici per lo più incoraggianti del quarto trimestre non escludono una recessione. Storicamente, quando è in atto un rallentamento l’economia tende a contrarsi in modo non lineare. Lo si può osservare in prossimità dei picchi del ciclo del mercato del lavoro, con una rapida transizione dell’economia da un quadro di forte crescita a uno di evidente contrazione dei posti di lavoro. Dal 1948, nei tre mesi precedenti il picco del ciclo il mercato occupazionale ha creato una media di 180.000 posti di lavoro (dato rettificato per tener conto delle dimensioni attuali della forza lavoro), mentre nei tre mesi successivi ne ha distrutti una media di 213.000 al mese. Nell’ultimo trimestre, sono stati creati in media 203.667 posti di lavoro, in linea con quanto osservato alla vigilia delle passate recessioni. In altri termini, la forza del mercato del lavoro - un indicatore risaputamente ritardato - non esclude definitivamente possibili rischi.

Figura 5: Il mercato del lavoro può cambiare rapidamente

*Variazione media mensile dell’occupazione non agricola (NFP) basata sulla variazione media storica trimestrale (relativa ai picchi del ciclo definiti dal NBER) come percentuale dei posti di lavoro non agricoli (NFP) totali corretti per tener conto dell’attuale dimensione della forza lavoro. Dati al 30 novembre 2023, ultimi disponibili al 31 dicembre 2023. Fonti: BLS, NBER e Bloomberg. Nota: 1948-oggi; la ripresa del 2020 è esclusa a causa delle distorsioni dovute alla pandemia.

Ciò non significa escludere la possibilità o l’eventualità di un atterraggio morbido. A nostro avviso, infatti, il miglioramento dei dati economici, l’accelerazione della disinflazione e il possibile allentamento della politica Fed hanno avvicinato la prospettiva di un atterraggio morbido nell’ultimo trimestre. Negli ultimi sei mesi l’inflazione core PCE - il parametro preferito dalla Fed - si è attestata all’1,9% su base annua, indicando che la Fed è ben avviata verso l’obiettivo di contenimento dell’inflazione al 2% nel 2024. Ciò concede alla Fed molto più margine di manovra per concentrarsi ancora una volta sul suo duplice mandato di stabilizzazione dei prezzi e massima occupazione sostenibile. Dopo i rapidi progressi dello scorso anno sul fronte dell’inflazione, la Fed è ora in grado di ridurre i tassi dal livello attualmente restrittivo e ciò dovrebbe contribuire a sostenere l’economia. Con l’inflazione vicina all’obiettivo, la Fed dispone di ulteriore flessibilità per tagliare ulteriormente i tassi in caso di perdita di posti di lavoro (Figura 6).

Tuttavia, per scongiurare una recessione non basta un mercato del lavoro forte e non bastano nemmeno i tagli dei tassi. La Fed ha abbassato i tassi di riferimento di 100 punti base (pb) prima che l’economia entrasse in recessione nel 2007 e di 150 pb prima del picco del ciclo nel 1990. Il mercato ha accolto con favore il recente ammorbidimento della posizione della Fed perché aumenta le possibilità di un atterraggio morbido, ma a nostro avviso l’economia non è ancora del tutto al riparo dal rischio di recessione.

Figura 6: L’inflazione non riveste più un’importanza prioritaria

Dati al 31 dicembre 2023. Fonti: FactSet, BLS, BEA, FOMC, Bloomberg.

Il cielo si sta schiarendo... leggermente

Il nostro ottimismo improntato alla cautela deriva dalla convinzione che la parte più impegnativa di questo ciclo debba ancora arrivare e che l’economia risentirà ancora degli effetti ritardati della stretta e del venir meno del precedente sostegno della politica fiscale. Pur avendo aggiornato la nostra valutazione delle prospettive economiche, continuiamo a ritenere più probabile una recessione che un atterraggio morbido, anche se di poco. Nel corso dei prossimi sei mesi, ci aspettiamo che si definirà meglio il quadro della crescita tendenziale.

Il ClearBridge Recession Risk Dashboard continua a registrare progressi sia dei parametri meno visibili che di quelli più riconoscibili, e a dicembre ha archiviato due aggiornamenti positivi degli indicatori ovvero la promozione da rosso a giallo del segnale su Spread di credito e Materie prime. Con queste modifiche, il dashboard chiude il quarto trimestre con tre distinti upgrade degli indicatori e un avvicinamento del segnale complessivo in zona gialla. È ancora presto per parlare di scampato pericolo ma, se il momentum attuale dovesse persistere, un cambio di segnale complessivo da rosso a giallo sarebbe giustificato. Seguiamo con attenzione il continuo miglioramento di altri indicatori sottostanti, per esempio i Nuovi ordinativi ISM e le Concessioni edilizie. Tuttavia, si prevede un rallentamento della crescita economica nel 2024, che potrebbe interrompersi o addirittura cedere i recenti progressi. Continueremo a monitorare attentamente queste tendenze.

Grafico 7: ClearBridge Recession Risk Dashboard

Dati al 31 dicembre 2023. Fonte: BLS, Federal Reserve, Census Bureau, ISM, BEA, American Chemistry Council, American Trucking Association, Conference Board, e Bloomberg. Il ClearBridge Recession Risk Dashboard è stato creato nel gennaio 2016. I riferimenti ai segnali che avrebbe generato negli anni precedenti al gennaio 2016 si basano sul modo all’epoca utilizzato per riportare i dati sottostanti negli indicatori dei componenti.

Il recente progresso rilevato dal dashboard ha coinciso con una forte corsa del mercato azionario, che ora ha pienamente scontato un atterraggio morbido. L’indice S&P 500 è attualmente scambiato a 19,5 x gli utili per azione (EPS) per i dodici mesi successivi e le aspettative di EPS implicano una crescita a due cifre nel 2024. Con previsioni che si concedono pochi margini di errore, il mercato potrebbe aver bisogno di un periodo di assestamento indipendentemente dal risultato economico. Un segnale positivo è venuto dalla maggior vivacità dei mercati azionari dopo i minimi del 27 ottobre; gli indici Russell 2000 e Russell Midcap hanno superato i Magnifici Sette che hanno dominato la performance del mercato per buona parte del 2023. È incoraggiante osservare che tutti gli altri titoli (l’S&P 493) come pure il Russell 1000 Value non hanno ceduto posizioni importanti durante il recente periodo di miglioramento dell’ampiezza del mercato.

Figura 8: Le Magnifiche 7 e tutti gli altri

*I dati delle Magnifiche 7 sono ponderati per la capitalizzazione e si riferiscono al seguente insieme di titoli: Microsoft (MSFT), Amazon (AMZN), Meta (META), Apple (AAPL), Google Alphabet (GOOGL), Nvidia (NVDA) e Tesla (TSLA). Dati al 31 dicembre 2023. Fonti: FactSet, Russell, S&P. Gli investitori non possono investire direttamente in un indice e i rendimenti degli indici non gestiti non riflettono commissioni, spese od oneri di vendita. Le performance passate non sono indicazione o garanzia di performance future.

Una leadership più ampia rappresenta di norma un segnale positivo per la salute di un mercato rialzista e, se si dovesse concretizzare un atterraggio morbido, prevediamo un ulteriore spostamento verso titoli a minore capitalizzazione e nomi più ciclici. Riteniamo che i gestori attivi siano ben posizionati per beneficiare di rotazioni come queste grazie all’estrema concentrazione dell’S&P 500, dove i primi cinque titoli rappresentano quasi un quarto del benchmark. La concentrazione degli indici potrebbe aumentare ma, guardando al passato, il risultato più probabile è un ritorno alla media con una sovraperformance relativa del titolo medio nei prossimi anni.

Figura 9: I problemi si accentuano?

Dati al 31 dicembre 2023. Fonti: S&P, FactSet e Bloomberg.

Dopo il forte rally natalizio, nel nuovo anno i mercati potrebbero facilmente attraversare un periodo di assestamento. A ciò potrebbe aggiungersi a nostro avviso una fase di debolezza economica, che rischia di vanificare la crescita o addirittura segnalare l’inizio di una recessione. Considerando lo scarso slancio dell’economia e una Fed non più azzoppata dall’inflazione, riteniamo che un’eventuale flessione e la conseguente correzione del mercato potrebbero essere di lieve entità, in quanto i mercati sono “proiettati oltre” un potenziale periodo di debolezza per concentrarsi su uno scenario economico più propizio in una fase successiva del 2024.

Pertanto, riteniamo che gli investitori di lungo termine debbano approfittare di ogni debolezza significativa che i mercati azionari potrebbero attraversare. Benché nel breve periodo sia opportuna una maggiore cautela, l’S&P 500 si appresta a superare i massimi storici per la prima volta da oltre un anno. Nei 14 casi precedenti in cui l’S&P 500 ha stabilito un nuovo massimo storico per la prima volta dopo oltre un anno, il rally è proseguito nei 12 mesi successivi nel 93% dei casi, con un rendimento medio del 13,9%. Come tutte le previsioni, anche questa non è immune da errori - e un esempio si è verificato prima della crisi finanziaria globale a metà 2007. In passato, tuttavia, la storia ha dato ragione agli investitori di lungo termine in frangenti simili a quello attuale.

Figura 10: La forza si autoalimenta

Dati al 31 dicembre 2023. Fonti: FactSet, S&P. Gli investitori non possono investire direttamente in un indice e i rendimenti degli indici non gestiti non riflettono commissioni, spese od oneri di vendita. Le performance passate non sono indicazione o garanzia di performance future.



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