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INTRODUZIONE

La Federal Reserve (Fed) ha finalmente preso atto del problema dell’inflazione. L’incertezza suscitata dalla guerra Russia-Ucraina non ha impedito all’istituto di alzare i tassi in occasione della riunione di marzo, anche se questo primo aumento è stato limitato a soli 25 punti base (pb). Il “dot plot” segnala un totale di sette rialzi dei tassi attesi quest’anno, e il presidente della Fed Jerome Powell ha indicato che il “quantitative tightening” (la riduzione del bilancio sovradimensionato della Fed) inizierà prima del previsto, probabilmente a maggio.

Tutto questo potrebbe sembrare piuttosto intransigente. In altri articoli ho sottolineato che l’inflazione è diventata un grande problema sociale e politico, e nella conferenza stampa di questo mese Powell ha cercato di evocare l’ex presidente della Fed Paul Volcker, segnalando che la banca centrale è aggressiva e determinata a riportare l’inflazione sotto controllo.

Tuttavia, rispetto all’entità delle spinte inflazionistiche, ritengo che la posizione della Fed non sia affatto intransigente come dovrebbe essere, anche se i toni sembrano molto restrittivi rispetto all’orientamento irrealisticamente accomodante del passato.

Nei precedenti cicli di inasprimento la Fed ha dovuto alzare il tasso di riferimento al di sopra dell’inflazione per riportare sotto controllo la dinamica dei prezzi. Oggi il tasso di riferimento è di poco superiore a zero, mentre l’inflazione complessiva del CPI (Consumer Price Index)

è vicina all’8% e quella misurata dal deflatore della Spesa per consumi personali (PCE) core, l’indicatore preferito dalla Fed, si attesta al 5,2%.1 Rimane dunque molta strada da percorrere, e altri sei ritocchi dei tassi – se questo comprende solo un aumento di 50 pb in una serie di prevedibili incrementi di 25 pb – lascerebbero il tasso di riferimento sotto il 2% [la proiezione mediana del Federal Open Market Committee (FOMC) è pari all’1,875%].

Nelle previsioni della Fed il tasso di riferimento dovrebbe raggiungere un picco del 2,75% nel 2023 (proiezione mediana del FOMC); solo allora, secondo l’istituto, supererebbe il PCE core, che a giudizio della Fed dovrebbe scendere al 2,6%.



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