CONTRIBUTORI

Jeffrey Schulze, CFA
Head of Economic and Market Strategy

Josh Jamner, CFA
Investment Strategy Analyst
Punti principali
- Con il pricing del mercato e le dichiarazioni della Fed che alludono chiaramente a una conclusione del ciclo di rialzo dei tassi, l’attenzione si sta spostando su quando inizieranno i tagli dei tassi. I prezzi dei futures tengono conto di un primo taglio a maggio 2024, dopo una pausa di 10 mesi che sarebbe coerente con il messaggio “più alti più a lungo” della Fed.
- A parte tagli modesti dei tassi per prevenire un irrigidimento di fatto con il raffreddamento dell’inflazione, siamo convinti che il catalizzatore di tagli più rilevanti per portare la politica monetaria in territorio accomodante sarebbero le perdite di posti di lavoro, abitualmente associate al consolidamento di una recessione.
- Indipendentemente da quando avverrà il primo taglio, la pausa della Fed è abitualmente un periodo favorevole per le azioni, con guadagni medi del 5,1% dell’indice S&P 500 che suggeriscono una prosecuzione del rally di Santa Claus.
Le tendenze disinflazionistiche tornano a consolidarsi
Dopo due mesi di accenni a una possibile riaccelerazione, i dati più recenti relativi all’inflazione mostrano chiaramente un ritorno a un movimento al ribasso. Di conseguenza, la Federal Reserve ha praticamente assicurato che nella riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) della settimana prossima resterà in attesa, come hanno confermato i recenti commenti di una serie di membri votanti, tra cui lo stesso Chairman Powell. La possibilità di altri rialzi dei tassi era venuta in discussione dopo l’andamento esplosivo del prodotto interno lordo (PIL) nel terzo trimestre (riviste al rialzo fino al 5,2% la settimana scorsa) insieme al rischio che l’inflazione non stesse scendendo con la rapidità prevista precedentemente.
Sei mesi fa, l’Indice dei prezzi della spesa al consumo personale core (PCE), il parametro dell’inflazione preferito dalla Fed, si stava chiaramente indebolendo, e ci si chiedeva fino a che punto sarebbe sceso. Un modo per valutarlo prevede l’analisi e l’annualizzazione dei trend dell’inflazione negli ultimi mesi precedenti, per farsi un’idea di dove si sarebbe fermata l’inflazione qualora il ritmo recente fosse stato sostenuto. Ad aprile, il tasso di cambiamento su tre mesi annualizzato era del 4,1%, mentre quello su sei mesi era ancora più forte, al 4,5%, entrambi decisamente superiori all’obiettivo del 2% della Fed ma notevolmente inferiori ai picchi nella fascia del ~6%. In estate queste cifre hanno continuato a scendere, per poi riprendere a salire all’inizio dell’autunno.
I dati dell’inflazione del mese scorso sono stati tuttavia più deboli, con i tassi a tre e sei mesi del PCE core rispettivamente al 2,5% e 2,6%. Pur essendo ancora prematuro perché la Fed canti vittoria, l’inflazione procede regolarmente per arrivare l’anno prossimo nell’ambito del suo obiettivo, mettendo prevedibilmente fuori discussione altri rialzi.
Con il ciclo dei rialzi ormai alle spalle, l’attenzione degli investitori si è spostata su quando inizieranno i tagli dei tassi. La storia offre un punto di partenza ragionevole per questa discussione, con il primo taglio che in media dovrebbe arrivare appena cinque mesi dopo il rialzo finale dei tassi. La durata di questo periodo, noto come la pausa, ha variato da un solo mese negli anni Ottanta fino ad addirittura 15 mesi dalla metà/la fine degli anni 2000, fino alla Crisi finanziaria globale (Figura 1).
Se il rialzo dei tassi di luglio è stato quello finale per questo ciclo, e la settimana prossima la Fed resta in pausa, saranno già passati cinque mesi. I prezzi dei futures dei Fed Funds non tengono conto del primo taglio fino alla riunione di aprile/maggio 2024, rappresentando una pausa di 10 mesi che sarebbe la più lunga della fascia storica e sarebbe coerente con il messaggio “più alti più a lungo” della Fed.
Figura 1: Più alti più a lungo (di quanto)
Dati al 30 novembre 2023. Fonte: Federal Reserve, Census Bureau, Bloomberg
Tuttavia ogni ciclo è un caso a sé e la durata della pausa dipende dalle condizioni in atto. Quando era in corso il ciclo dei rialzi più recenti, il traguardo per una pausa era una moderazione dell’inflazione fino ad avvicinarsi credibilmente al 2%. I criteri per tagli dei tassi secondo noi sono completamente diversi.
Ci sono due tipi di tagli: quelli che aiutano ad avvicinare la politica monetaria a neutrale (piccole correzioni successive) e quelli che la portano in territorio accomodante (tagli dei tassi recessionari). La politica monetaria si valuta in termini reali: tasso dei Fed Funds meno inflazione. Ciò significa che con il raffreddamento dell’inflazione la Fed potrebbe dover tagliare i tassi per non causare inavvertitamente un irrigidimento della politica monetaria. È impossibile sapere fino a che punto dovrebbero arrivare i tagli, ma teoricamente vi è un punto di equilibrio dove il tasso reale dei Fed Funds non sostiene ma neanche limita la crescita economica, noto come il tasso neutrale. Per una discussione più dettagliata di questo argomento e delle meccaniche in gioco, si rimanda al nostro blog dell’agosto 2023.
A parte tagli modesti dei tassi per prevenire un irrigidimento di fatto con il raffreddamento dell’inflazione, siamo convinti che il catalizzatore di tagli più rilevanti sarebbero le perdite di posti di lavoro. Il mercato del lavoro sta mostrando qualche incrinatura, ma la creazione di posti di lavoro continua ad essere robusta, facendo pensare che non vi sono ancora tagli dei tassi all’orizzonte. Un primo taglio nel secondo trimestre 2024 non appare irragionevole, ma gli altri quasi quattro e mezzo scontati nei prezzi dei futures di Fed Funds nei ~10 mesi successivi appaiono aggressivi. Tuttavia se una recessione dovesse materializzarsi è probabile che il FOMC taglierebbe i tassi più di quanto considerato attualmente nei prezzi.
Indipendentemente da quando vi sarà il primo taglio, la pausa della Fed è abitualmente un periodo favorevole per le azioni. Storicamente, l’indice S&P 500 è salito in media del 5,1% durante la pausa della Fed, suggerendo che potrebbe esserci un potenziale di rialzo, dal momento che dall’ultimo rialzo dei tassi della Fed a luglio l’indice è sostanzialmente piatto. Tra il picco di luglio e i minimi di ottobre tuttavia l’S&P 500 è sceso del 10,3%: un periodo che ha coinciso con aumenti dei timori per altri rialzi dei tassi e dei rendimenti dei Treasury a 10 anni, considerando che i dati relativi all’economia e l’inflazione sono stati più bollenti del previsto. Le azioni si sono riprese quasi completamente a novembre, quando i trend disinflazionistici sono diventati più chiari, facendo ricordare il blog del mese scorso, dal momento che i dati del mercato e l’economia raramente si muovono su una linea dritta. Senza ovvi rischi all’orizzonte e con una stagione degli utili per il terzo trimestre che si sta dimostrando solida, il rally di Santa Claus potrebbe proseguire.
Figura 2: L’ultimo hurrah
Fonte: FactSet, Federal Reserve, S&P.
Siamo ancora convinti che il mercato e l’economia stanno arrivando all’intersezione (la parte più difficile del percorso di questo ciclo) nei prossimi due o tre trimestri, con il consolidamento degli effetti ritardati dell’irrigidimento della Fed e i mercati finora sani dei consumi e dell’occupazione che potrebbero scendere da essere sotto sforzo a un vero e ripiegamento. Pertanto non ci sentiamo sicuri che il rischio di una recessione attualmente sia completamente svanito. Ciò è coerente con il ClearBridge Recession Risk Dashboard, dove nel mese scorso non vi sono stati segni di variazione. Nonostante un miglioramento marginale di vari indicatori, il progresso non è stato sufficiente per portare a qualsiasi variazione o eliminare la possibilità di un downturn economico per il nostro caso di base nel 2024.
Figura 3: ClearBridge Recession Risk Dashboard

Fonte: ClearBridge Investments.
Mentre siamo più ricettivi all’idea di un atterraggio morbido, tenendo conto della recente serie di dati, restiamo consapevoli che un ciclo di tagli consistente (non inferiore a 75 punti base) è stato storicamente strumentale nel modificare la traiettoria del momentum economico. Con la Fed bloccata da un’inflazione elevata generazionale e un mercato del lavoro ristretto, ci attendiamo una riluttanza da parte dei decisori politici a tagli sostanziosi (i tagli potrebbero creare un movimento al rialzo sostenuto dell’attività economica) a meno che non diventi ovvio che sta prendendo piede una recessione. Secondo noi una chiarezza sulla prossima mossa politica della Fed dovrebbe arrivare nella prima metà del 2024. Fino ad allora continuiamo a credere che un orientamento favorevole ad azioni di qualità superiore e più difensive sia prudente.
Figura 4: L’economia ha bisogno di una rianimazione della Fed

*Ciclo di tagli dei tassi di almeno 75 punti base che non si sono verificati entro cicli di rialzi più generali. Dati al 30 settembre 2023, ultimi disponibili al 30 novembre 2023. Fonte: BEA, Federal Reserve, FactSet, NBER.
Definizioni
Il ClearBridge Recession Risk Dashboard è un gruppo di 12 indicatori che esaminano lo stato di salute dell’economia statunitense e le probabilità di una recessione.
Il Federal Reserve Board ("Fed") è responsabile della formulazione di politiche statunitensi ideate per favorire la crescita economica, la piena occupazione, prezzi stabili e un modello sostenibile di scambi e pagamenti internazionali.
Il Federal Open Market Committee (FOMC) è un organismo politico del Federal Reserve System responsabile della formulazione di una politica concepita per promuovere la crescita economica, prezzi stabili e un modello sostenibile per il commercio e i pagamenti internazionali.
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) è un dato economico statistico che misura il valore di mercato di tutti i prodotti e servizi finiti realizzati in un paese in un determinato periodo di tempo.
L’Indice S&P 500 è un indice non gestito di 500 titoli che rappresentano in generale la performance delle società più grandi negli Stati Uniti.
L’Indice della spesa per consumi personali (PCE) misura i prezzi pagati dai consumatori per beni e servizi, e le variazioni di questi prezzi. È considerato una misura dell’inflazione nell’economia degli Stati Uniti.
QUALI SONO I RISCHI?
La performance passata non costituisce una garanzia di risultati futuri. Va ricordato che non è possibile investire direttamente in un indice. I rendimenti degli indici non gestiti non tengono conto di commissioni, spese od oneri di vendita.
I titoli azionari sono soggetti a fluttuazioni dei prezzi e possibile perdita del capitale. I titoli obbligazionari comportano rischi legati a tassi d’interesse, di credito, di inflazione e rischi di reinvestimento, oltre alla possibile perdita del capitale. Quando i tassi d’interesse salgono, il valore dei titoli obbligazionari scende. Gli investimenti internazionali comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, incertezze sociali ed economiche e incertezze politiche che possono far aumentare la volatilità. Tali rischi sono amplificati nei mercati emergenti. Materie prime e valute sono più rischiose, comportando rischi che includono le condizioni di mercato, politiche, regolamentari e naturali, e possono non essere idonee per tutti gli investitori.
I Treasury USA (UST) sono obbligazioni di debito dirette emesse e garantite dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui Treasury USA quando i titoli sono detenuti fino alla scadenza. A differenza dei Treasury USA, i titoli di debito emessi dalle agenzie federali e da enti paragovernativi e gli investimenti associati possono essere garantiti, ma non obbligatoriamente, dalla piena fiducia e dal credito del governo degli Stati Uniti. Anche quando il governo degli Stati Uniti garantisce il capitale e i pagamenti di interessi sui titoli, tale garanzia non si applica a perdite risultanti da cali del loro valore di mercato.
