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ANTEPRIMA

Nel 2020, un anno all’insegna della volatilità per l’universo obbligazionario, la Cina ha rappresentato un’oasi felice. Grazie a una robusta crescita economica e ad ampi rendimenti, la Cina ha registrato afflussi esteri record diretti verso i suoi titoli di Stato onshore e, a ruota, verso le obbligazioni delle banche pubbliche, che consideriamo titoli quasi sovrani e di alta qualità.1 In misura più contenuta, riteniamo che anche le obbligazioni delle maggiori banche commerciali cinesi meritino attenzione, soprattutto nel segmento offshore cinese. Il governo centrale cinese limita i volumi di titoli di Stato in valuta forte, mentre le grandi banche nazionali offrono un’ampia emissione di obbligazioni in dollari USA, che integriamo nei nostri portafogli obbligazionari globali.

Crediamo importante osservare che, storicamente, la titolarità estera di obbligazioni cinesi in valuta locale è bassa, sotto il 5%, principalmente a causa dei controlli sui capitali da tempo imposti dal governo. Negli ultimi 15 anni la Cina ha gradualmente allentato i regolamenti dei suoi mercati dei capitali e ha reso la proprietà estera sempre più accessibile.

Concettualmente, consideriamo le sei maggiori banche cinesi come un investimento a leva sulle emissioni sovrane cinesi e sulla futura crescita economica. Come spieghiamo in questo capitolo, l’imponente sistema bancario cinese (il più grande del mondo) gioca un ruolo diretto nell’attuazione delle strategie macroeconomiche dei decisori politici cinesi. Nelle pagine seguenti, non ci proponiamo di esaminare in dettaglio le singole obbligazioni bancarie. Intendiamo piuttosto aiutare gli investitori a comprendere l’ampia architettura del sistema bancario cinese e il ruolo che le sue banche giocano nel rimodellare la crescita futura del Paese.

Per la Cina diventare entro il 2025 un Paese quasi a prevalenza di classe media rappresenta un traguardo storico. Per riuscirci è necessario che i decisori politici cinesi emanino “linee guida” finalizzate a destinare i prestiti bancari a specifici settori e specifiche società. I decisori politici hanno ben chiarito alle banche che fare impresa “alla vecchia maniera” non rientra fra le opzioni contemplabili. Le SOE improduttive non possono più limitarsi a prendere in prestito maggiori risorse per cavarsi d’impiccio dalle difficoltà. È preferibile reindirizzare i prestiti verso aziende private le cui innovazioni organiche (non finanziate dal debito) possono generare una crescita. In linea generale questa nuova politica di finanziamento rappresenta un passo positivo. D’altra parte, però, introduce anche nuovi rischi, soprattutto tra le piccole e medie imprese (PMI) con tassi di insolvenza più elevati. Per le sei maggiori banche cinesi, sono rischi gestibili data la loro ampia esposizione alle SOE di rilevanza sistemica.

Per capire meglio come i responsabili politici stanno reincanalando i prestiti bancari, è utile partire dall’analisi del recente passato della Cina. Sulla scia della crisi finanziaria globale, le banche hanno pompato enormi quantità di credito nell’economia cinese. Si è scoperto che troppi prestiti sono andati sprecati. In un’ottica futura, il prestito bancario non mira a incrementare il volume dei prestiti per raggiungere nuovi traguardi in termini di prodotto interno lordo (PIL). Lavorando per il futuro della Cina, piuttosto che per inondare il Paese di credito, la PBOC sta impiegando quelli che percepisce come strumenti più efficaci di erogazione di finanziamenti, incanalando i prestiti verso settori e aziende di valenza strategica. E le società pubbliche non sono affatto finite fuori dai giochi; le SOE mantengono ruoli chiave nei settori strategici e nelle catene di approvvigionamento che alimentano la produzione a valore aggiunto della Cina. Sempre più spesso, tuttavia, si chiede alle banche di mettere le SOE su un piano di parità con le imprese private cinesi.

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